Menu

Accoglienza profughi. Report della visita al Cas di Pedivigliano (Cs)

DOVE IL SOLE DEL BUON DIO NON DA’ I SUOI RAGGI”

Delagazione costituita da: Emilia Corea (Ass. La Kasbah), Luca Mannarino (attivista), Eugenio Naccarato (Amnesty International), Yasmine Accardo (Garibaldi 101)

SETTEMBRE 2015 – Ci siamo recati presso il C.A.S. di Pedivigliano (CS), gestito dalla Cooperativa Sociale Calabria Assistenza Onlus di Angelo Barbiero. Il centro, attivo dal mese di giugno 2015 per affido diretto in seguito ad “emergenza” sbarchi da parte della Prefettura di Cosenza, ospita attualmente 25 persone richiedenti asilo di nazionalità nigeriana. […] Secondo quanto riferito dagli stessi, vengono accompagnati all’ospedale solo nei casi urgenti, non risultano essere stati iscritti al S.S.N. né è garantita loro l’assistenza medica di base o psicologica. […] Il responsabile dichiara che nel centro operano tre volontari appartenenti ad un’associazione locale. […] Non sono presenti mediatori culturali né operatori legali. […] Le persone intervistate lamentano la mancata distribuzione di vestiario, fatta eccezione per donazioni sporadiche da parte della chiesa o degli abitanti di Pedivigliano. […] Lamentano, inoltre, la mancanza di acqua calda e il guasto di alcuni servizi igienici. […] S. ci chiede di avvicinarci a lei ed in privato ci supplica di portarla via. Un mese fa ha dichiarato al gestore di avere 16 anni, così come lo stesso conferma. Risulta, inoltre, che la polizia è al corrente del fatto che la ragazza sia minorenne, secondo quanto riferito dal gestore e confermato in seguito dalla Garante per i Diritti dei Minori, Onorevole M. Intrieri, alla quale abbiamo tempestivamente comunicato la gravità della situazione. […]

OTTOBRE 2015 – […] Nulla è cambiato nel corso di questo mese. Tutti loro denunciano le pessime condizioni di vita all’interno del centro. I vestiti a loro disposizione sono quelli donati dalla gente del paese e dalla parrocchia, […]. I riscaldamenti non funzionano, […] non sempre il cibo a disposizione è sufficiente. […] Nessuno di loro è stato iscritto al Servizio Sanitario Nazionale, alcuni sono in possesso del solo codice STP per l’assistenza di tipo emergenziale. Un ragazzo, gravemente malato, mostra i referti dell’ospedale. Dimesso qualche giorno dopo la visita, a settembre avrebbe dovuto effettuare un importante controllo medico in ospedale a distanza di dieci giorni, controllo mai effettuato. […] nessun farmaco viene somministrato loro. Alla domanda “quanti sono gli operatori della struttura?”, rispondono “solo uno, un volontario”. Dunque, una sola persona, per l’assistenza sanitaria, l’orientamento legale, gli accompagnamenti, la spesa, il disbrigo delle pratiche burocratiche, etc.. […]

FEBBRAIO 2016 – Abbiamo voluto riportare due stralci significativi dei precedenti report fatti durante le nostre visite al CAS di Pedivigliano. Come si può ben notare sono praticamente identici (ad eccezione della presenza della minore che, intanto, è stata spostata in un istituto religioso di Cosenza): in entrambi, riportando quanto comunicato dalle persone “accolte” lì dentro, viene riferito il pessimo trattamento loro riservato, il totale disprezzo della dignità umana, e l’assoluta mancanza di rispetto dei più elementari diritti umani. In seguito alle due precedenti visite sono state inviate al Prefetto di Cosenza due conseguenti segnalazioni della situazione all’interno della struttura. Ci aspettavamo, dunque, di trovare qualcosa di diverso durante la nostra visita effettuata lo scorso 5 febbraio; speravamo in una “redenzione” dei gestori del centro, o in un cambio di gestione, o, meglio ancora, nella chiusura dell’ennesimo non luogo dell’accoglienza perché potesse lasciare il posto a reali forme di coabitazione e contaminazione culturale.

Ma, evidentemente, siamo degli utopisti, dei sognatori, che troppo in là si sono spinti con le loro fantasticherie. Come si può, infatti, minimamente pensare che la quantità di cibo si sia adeguata al normale consumo di 19 persone; come si può pretendere che nella struttura siano presenti mediatori culturali, psicologi, assistenti sociali (al nostro arrivo abbiamo trovato un unico “operatore” che ha subito allertato il titolare); attraverso quale fantasiosa ricostruzione si è potuto immaginare che gli ospiti della struttura avessero ricevuto assistenza medica (ancora nessuno risulta iscritto al S.S.N.).

Al nostro arrivo il titolare della struttura, sopraggiunto dopo la telefonata informativa della nostra presenza, si è “prodigato ad accoglierci” intimandoci di allontanarci perché sprovvisti di un mandato da parte del giudice (CSI docet). Spostatici immediatamente all’esterno della struttura i ragazzi, palesando tutti i timori relativi a probabili ritorsioni nei loro confronti da parte del gestore (così come successo dopo la nostra prima visita in seguito alla quale vennero lasciati senza cibo per giorni), ci spiegano l’immutata condizione in cui sono costretti a vivere. Molti sono stati denegati dalla commissione per il riconoscimento dello status di rifugiato: solo qualche giorno fa, dopo settimane di stallo, la struttura ha contattato un avvocato lametino perché i richiedenti potessero presentare i relativi ricorsi. Hanno palesato più volte la loro volontà di ottenere la residenza per trovare lavoro, o anche per trovare una sistemazione abitativa alternativa; ma anche questo diritto è stato loro negato. Insomma, nulla è cambiato nel corso di questi mesi; i migranti continuano ad essere parcheggiati all’interno di quel “non luogo” che risponde al nome di “Villa Barbiero”; persone che reclamano a più riprese un’assistenza sanitaria, ragazzi che chiedono costantemente di essere trasferiti altrove, uomini la cui memoria è attraversata da vicende di violenza politica, repressione, soprusi e povertà.

- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO

Ultima modifica: stampa

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *