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Brexit! La “gabbia” comincia a rompersi

Ore 6.50 La notte e il conteggio materiale dei voti ha rovesciato il pressapochismo degli opinion poll, diffusi anche ad urne ancora aperte. La Gran Bretagna, di stretta maggioranza, ha deciso che bisogna dire basta all’Unione Europea, alle sue regole buone per la finanza e le multinazionali, disastrose per le classi popolari.

La musica è cambiata già quando sono arrivati i risultati di Newcaste dove il remain ha raggiunto solo il 50,7%, contro il 49,3% del Leave, molto lontano dalle attese per quel collegio (su 382 totali, in omaggio al sistema elettorale inglese).  Poi i numeri di Sunderland hanno fatto capire che le cose potevano andare molto peggio per l’establishment:  il Leave ha vinto con il 61,3% delle preferenze, contro il 38,7% dei Remain.

Col passare delle ore la volontà di rottura del popolo britannico trovava solo conferme, anche se con un margine sempre molto limitato. Il fronte pro-Ue si approriava solo dell’area di Londra e della Scozia (dove peraltro è fortissima la spinta all’indipendenza da Londra, per complicare le cose), mentre in tutto il resto del paese il Leave raggoingeva picchi imprevisti e alla lunga determinanti.

Ad oltre due terzi dello spoglio, dunque, il risultato – come annunciato dai giornali inglesi e scontato dalle borse asiatiche, crollate precipitosamente – sembra abbastanza certo.

Per il clima che si respirava ieri sera in tardissima serata, potete leggere qui sotto.

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Ore 24. Se i primi exit poll delle 23.00 danno un margine ristrettissimo di vittoria al “remain” cioè rimanere nell’Unione Europea (52% al No e 48% al si), i dati dell’affluenza al referendum sulla Brexit parlano di una partecipazione dell’83,7%, quasi trenta punti in più della partecipazione alle elezioni in una delle “patrie” bipolarismo perfetto (saltato però nel 2010). Un indicatore della voglia di esprimersi della società britannica che deve far riflettere tutti coloro che si ostinano a impedire che sui trattati europei si possa tenere un referendum anche nel nostro paese.

Anche se la Brexit venisse sconfitta, e potrebbe esserlo passando attraverso una netta spaccatura della società britannica, le lezioni da trarne hanno tutte un sapore amaro per le oligarchie che hanno costruito l’apparato dell’Unione Europea e dell’Eurozona.

La Gran Bretagna ha chiesto e ottenuto di negoziare molti aspetti e, pur rimanendo nell’Unione Europea, si sottrae a molte delle sue tagliole micidiali come il Fiscal Compact destinato invece a chi è ingabbiato nell’Eurozona. In secondo luogo, se si confermerà la netta spaccatura tra favorevoli e contrari alla Brexit, la cosiddetta Unione Europea a due velocità non può che diventare realtà: da una parte un nucleo centrale intorno all’Eurozona (e la Germania) dall’altra il resto dei paesi aderenti. infine c’è comunque il rischio contagio. Anche altri popoli – incluso il nostro – hanno acquisito adesso il diritto di potersi esprimere sui trattati europei. Le barriere istituzionali frapposte alla possibilità che si possa tenere un referendum ad esempio sul Fiscal Compact o sugli altri trattati, assumono ancora di più il carattere di una odiosa negazione di democrazia diretta. Le classi dominanti lo sanno bene. Ogni volta che si è potuto svolgere un referendum sui trattati europei … li hanno persi. Per questo motivo hanno dovuto blindare e ridurre le procedure democratiche in Europa a meri esercizi di conservazione delle “loro” regole di governance.

Per far vincere il No alla Brexit le classi dominanti hanno dovuto schierare tutta l’artiglieria pesante dell’establishment europeo e internazionale: dalle ingerenze di Obama ai trader finanziari, dai banchieri della City al presidente della Ryanair. Una mobilitazione di forze e strumenti di pressione impressionante e indicativa della loro preoccupazione.

Vedremo nel corso della notte i risultati del referendum sulla Brexit, ma vada come vada comunque nulla resterà come prima.

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1 Commento


  • Stroszek

    L’esito di questo referendum – molto meno scontato di quanto l’atteggiamento intimidatorio della grande stampa lasciasse presagire – secondo me lascia sul campo anche il “cadavere” di Jeremy Corbyn. Quest’ultimo è salito, giusto in tempo, sul carro dei perdenti lasciando che fosse la destra iper-liberista ad egemonizzare per larga parte il fronte del Brexit. Questo sta a dimostrare, per l’ennesima volta, che quando la sinistra sceglie lo status-quo e la propria autoconservazione, prende sonore sberle proprio da quella classe che intenderebbe rappresentare. Corbyn doveva esercitare una rottura all’interno del Labour e invece ne è stato inghiottito…

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