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“Ci siamo sbagliati, fateci rivotare”. La petizione truffa contro la Brexit

Fino a ieri pomeriggio il mantra su tutti i media mainstream e i commenti degli analisti politici erano incentrati sul fatto che a votare a favore della Brexit sarebbero stati i vecchi e i poveri (ovviamente ignoranti), basandosi sulle rilevazioni di quegli stessi istituti demoscopici che giovedì, a urne ancora aperte, davano il ‘remain’ in vantaggio di 2 o addirittura 3 punti sul ‘leave’. E sappiamo come è andata a finire.
Il messaggio è chiaro: il ‘popolo bue’ non è maturo, su certe cose importanti è meglio che decidano i saggi, i tecnocrati, i preparatissimi dirigenti politici. Peccato che lo stesso principio non sia stato invocato nel giugno del 1975, quando a due anni dall’ingresso della Gran Bretagna nell’allora Comunità Economica Europea fu celebrato un referendum popolare stravinto dai ‘si’. Allora il popolo era maturo, stavolta no…

Con il passare delle ore, a proposito della forzosa e artefatta divaricazione tra ‘giovani’ e ‘vecchi’ (do you remember Elsa Fornero?) qualche giornalista un po’ più serio ha iniziato a far notare che i commenti si riferivano ad un sondaggio realizzato alcuni giorni prima del voto e su un campione ristretto, e che comunque la maggior parte dei giovani tra i 18 e i 24 anni giovedì a votare non c’è andato proprio, non ritenendo di doversi scomodare oppure ritenendo l’Unione Europea non così meritoria di essere difesa.

Allora a partire dalle edizioni serali dei telegiornali la musica è cambiata: “molti (quanti? dove? boh…) hanno chiesto se era possibile cambiare il loro voto perché non si erano resi conto di cosa stavano votando”.
E giù tutti a elogiare, in coro, la democraticissima iniziativa di un libero privato cittadino che ha pensato bene di lanciare sul sito del parlamento britannico una petizione per chiedere che l’assemblea legislativa di Londra vari in fretta una legge che preveda che, nel caso in cui ad un referendum non partecipi almeno il 75% degli aventi diritto e a votare per il si o il no non sia almeno il 60% dei votanti, il referendum in questione possa essere celebrato di nuovo.
Dal “è meglio che il popolo non voti” si è passati al “se il popolo vota male lo facciamo rivotare finché non sceglie l’opzione che piace ai poteri forti”…

“Un milione di firme”… “La petizione ha raggiunto un milione e mezzo di firme”… “incredibile, la petizione ha superato i due milioni e mezzo di sottoscrizioni”… e così via, in un vero e proprio crescendo. Insomma i britannici si sono sbagliati e vogliono rivotare, vien da pensare a dar retta alla velina.
Peccato che la petizione possa essere firmata da chiunque, senza che si debba essere necessariamente residenti in Gran Bretagna o cittadini del Commonwealth. Noi stessi abbiamo firmato, e più volte, con un nome falso, facendo risultare la nostra residenza in Benin (!).
Non solo non c’è alcun filtro che permetta di accertare l’identità di chi firma e quindi di accettare solo firme di aventi diritto al voto, ma addirittura si può firmare tutte le volte che si vuole, basta avere a disposizione vari indirizzi di posta elettronica.
Davvero un “esemplare esercizio di democrazia e partecipazione”… in realtà una truffa bella e buona utile a sminuire la legittimità del voto dei popoli della Gran Bretagna.
Complimenti ai tanti ‘giornalisti’ che hanno abboccato alla becera iniziativa di propaganda del fronte sconfitto del ‘Remain’ senza verificare la natura dell’iniziativa.
Non è la prima volta che un popolo, dopo aver votato in maniera netta contro l’Unione Europea, i diktat della Troika e quant’altro si è visto negare il risultato dalle oligarchie e dalle elite che governano l’Europa Unita. L’ultima volta è successo la scorsa estate in Grecia, con il contributo dei mazzieri della Troika e dell’esecutivo ellenico ‘antiausterity’.
Ma almeno in quelle occasioni si è trattato di un mero esercizio di prepotenza e di imperio e non c’era stato bisogno di inventarsi una truffa di simili dimensioni…

 

Marco Santopadre

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1 Commento


  • Dario

    Le petizioni online sono sempre una sciocchezza. Quello che un giornalista (forse) dovrebbe registrare è che di quel milione e mezzo di firme, almeno l’80% (e mi sto tenendo stretto) dovrebbe essere di gente che ci crede realmente.
    Risultato: la petizione non vale i bit che l’hanno tenuta in vita sul web, ma il messaggio dietro mi pare chiaro.
    (Tutto questo In My Humble Opinion)

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