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Ticketlandia. Il patrimonio artistico svenduto sul mercato

Il ministro dei Beni Culturali Dario Franceschini, alcuni giorni fa, ha rilasciato una dichiarazione che ha suscitato, giustamente, polemiche e giudizi negativi:  introdurre un biglietto di ingresso al Pantheon. “Penso che entro la fine della legislatura per visitare il Pantheon si pagherà il biglietto, magari anche basso” (fonte Ansa.it), ha dichiarato il Ministro, aggiungendo che i proventi derivanti dalla vendita dei biglietti potranno servire per il mantenimento ed i restauri, ordinari e straordinari della struttura. Oppure potrebbero essere versati per il 20% nel fondo di solidarietà del Ministero stesso.  Contrari a questa ipotesi si sono già detti il vicesindaco Bergamo e il decano dei giornalisti della Capitale, Vittorio Emiliani (per anni direttore deIl Messaggero).

 Il Pantheon si calcola che venga visitato ogni anno da oltre 7 milioni di persone (sui 13 milioni di turisti che visitano annualmente Roma). Si ripropone nuovamente la contraddizione tra le possibilità offerte dai siti storici, artistici e archeologici di Roma – ma anche di altre città – e la destinazione/appropriazione dei proventi che ne derivano. Si, perché è da tempo che annusando l’aria e guardando i conti ci si è accorti che sui beni archeologici, museali e artistici ci si ingrassano i privati lasciando al pubblico (il Ministero Beni Culturali) spesso solo gli oneri.

Ogni anno i  420 istituti dello Stato registrano un incasso totale di biglietteria che nel 2014 si è aggirato sui 111 milioni.  Questa cifra (niente affatto straordinaria) è al netto dell'aggio concesso ai privati ai quali sono stati dati in concessione i servizi museali e dei beni archeologici. Infatti se lo Stato incassa 111 milioni ben 49 milioni, sempre nel 2014, sono stati incassati solo dai  servizi aggiuntivi (audioguide, bookshop, gadget, caffetterie, prenotazioni e prevendite, ristoranti e visite guidate) gestiti dai privati. Di questi proventi , solo 7 milioni sono finiti nelle casse statali.

E’ dal 1993 con la legge Ronchey è stata aperta la porta ai privati nella gestione del patrimonio artistico pubblico. Il risultato è stata spartizione della torta tra pochi eletti. I pincipali "privati del patrimonio", sono Civita Cultura, Electa, Coop.  Si tratta di società che in questi anni si sono sostituite allo Stato nella gestione di biglietterie, servizi di prenotazione,  ristoranti, audioguide, cataloghi, sicurezza e personale, con percentuali sugli incassi estremamente vantaggiose: oltre l'85% sui servizi aggiuntivi, il 30% sulla biglietteria, il 100% sulla prevendita.

Oggi infatti in molti siti archeologici e museali (dal Colosseo agli Uffizi) la biglietteria è affidata a concessionari privati che, secondo la legge hanno il loro “aggio” ma non possono trattenere oltre il 30% del costo del biglietto. In compenso possono incassare integralmente i diritti di prevendita che, per esempio, per gli Uffizi di Firenze arrivano fino a 4 euro. Agli Uffizi il servizio è stato finora gestito da Civita Cultura che ha ereditato un contratto di appalto, ormai scaduto, risalente agli anni ’90 e siglato con Firenze Musei. Facendo la stima che agli Uffizi ci sia una media di 5000 presenze giornaliere, per ben 3500 ci sono le prenotazioni, dunque la prevendita gestita dai privati.  In pratica 14mila euro ogni 24 ore.

Inoltre, in alcuni casi la Corte dei Conti ha denunciato che nemmeno la soglia del 30% spesso viene rispettata. Al Colosseo, infatti, sui 12 euro a biglietto, alla Soprintendenza invece che  il 70%, arriva solo il 30%. Il restante va alla società privata Electa in base ad accordi e concessioni  su cui ancora non si riesce a venire a capo e che risalgono, sempre tra proroghe e ricorsi, al 1997, quattro anni dopo l’entrata in vigore della Legge Ronchey e la bellezza di 20 anni fa.

Si calcola che nel 2014 i visitatori al Colosseo sino stati 6 milioni e 181mila, con un introito lordo totale di 41 milioni e 440mila euro.  Nel 2015, si è registrato un incremento di visitatori, saliti a 6milioni e 551mila e gli introiti lordi sono saliti a 44 milioni e 613mila. Ma Il deputato di Scelta Civica, Andrea Mazziotti, ha scoperto che allo Stato, dal 2001 a oggi (da quando i dati sono disponibili), non sarebbe andato il 30,2 per cento ma solo  l’11,9 per cento.” Perché lo Stato avrebbe incassato quasi il 19 per cento in meno rispetto a quanto previsto dall’unico accordo vigente? Su 74milioni di euro di incasso lordo maturato dalla gestione dei ‘servizi aggiuntivi’ denuncia Mazziotti in una interrogazione parlamentare.

Nel 2013 la Corte dei Conti aveva richiesto esplicitamente di istituire nuove gare per le concessioni e con criteri trasparenti. Negli anni precedenti c’erano stati dei tentativi delle precedenti amministrazioni , che erano però  falliti sotto una raffica di ricorsi al Tar impugnati dai "soliti" concessionari privati che vedevano minacciati i loro oligopoli, i quali molto spesso hanno il piede sia nel pubblico che nel privato. Un palese conflitto di interessi.

Il dott. Albino Ruberti, ad esempio, è amministratore delegato sia di Civita Cultura che di Zètema, società del Comune di Roma che nominalmente dovrebbe essere concorrente di Civita Cultura.  Ruberti, in una intervista a La Repubblica, ci tiene a sottolineare ch ad esempio e “I ricavi sono molti bassi e il modello in essere non offre possibilità di fare investimenti. Siamo solo dei concessionari che guadagnano sui biglietti e i servizi aggiuntivi, ma non possiamo decidere né il prezzo né una strategia di marketing”.

Eppure a guardare i dati, la società  Civita Cultura, che è presente in ben 82 musei ( fra i quali gli Uffizi di Firenze)  e nel 2014 ha fatturato circa 70 milioni di euro. Un'altra società privata come Coop Culture, che insieme alla Electa gestisce il Colosseo, è presente in 13 regioni italiane (tra cui la contestata Reggia di Venaria  e i Musei civici di Torino) e ha chiuso il 2014 con ricavi per 43 milioni di euro.  L’Electa, nel 2002 è stata acquisita dalla Mondadori.

La quota di ricavi provenienti dalla gestione dei beni pubblici che finisce nelle tasche di queste società private,  non è poca roba. Civita Cultura, il cui presidente è Luigi Abete (ex presidente Confindustria e poi Bnl Paribas),  ha chiuso il 2014 con 9,6 milioni di euro di ricavi, gestendo da sola 13 musei in Campania, 14 nel Lazio, 32 in Toscana, 11 in Veneto, 3 in Lombardia, 2 nelle Marche, 2 in Sicilia, 4 in Umbria, 1 in Piemonte. Ma a Firenze, il fiore all’occhiello di Civita Cultura è la prestigiosa Opera Laboratori Fiorentini, (un posto dove si restaurano i Leonardo da Vinci per intendersi) controllata all’80% dalla società romana e che vede anche qui il sott. Albino Ruberti, sedere  sulla poltrona di amministratore delegato. Opera Laboratori Fiorentini gestisce di fatto il Polo Museale di Firenze e ha chiuso il 2014 con ricavi per 53 milioni di euro.

“Il risultato è che i nostri musei non sono più centri di produzione e redistribuzione della conoscenza (come invece il Louvre, o il British Museum, o il Prado), ma fatiscenti “discount della bellezza”, proni ad un turismo mordi e fuggi” denuncia lo storico dell’arte Alberto Montanari, precisando che un dogma a cui non crede proprio quello secondo cui “il patrimonio culturale deve sottostare alle regole del mercato”. Scrive Montanari: “Personalmente sono in radicale disaccordo con questo dogma (perché il fine ultimo del patrimonio è il pieno sviluppo della persona umana, un valore che non deve stare sul mercato)”. Come dargli torto? Ed è proprio da qui che occorre ripartire per una visione emancipatrice dell’accesso e della gestione di un inestimabile patrimonio archeologico, artistico come quello di Roma e del nostro paese nel suo complesso.

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