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Cià, Tonì

In questo Agosto, funestato da lutti e tragedie, vengo raggiunto, con la violenza di un diretto allo stomaco, dall’ennesima notizia di morte. La morte di un amico. È deceduto, all’età di 58 anni, dopo quella malattia che divora il corpo, la carne e l’anima, in una perfetta metafora della spietatezza dei nostri tempi, Antonio Pennarella. Attore e uomo di teatro e di cinema.

Voglio ricordarlo qui, sulle pagine di Contropiano. Giornale comunista e ai margini delle strade padronali e principali del giornalismo mainstream. Perché Tonino stesso era uomo di strade periferiche, fuori dalle perverse logiche dello spettacolo. E allora, mi si consenta di tracciare un ricordo molto personale, impastato anche di quella nostra lingua napoletana che, quando ci si incontrava, usavamo invariabilmente, come un codice per riconoscerci.

Èramo crisciuti into ‘o stesso rione. Tu ‘e San Gennaro. Je ‘e Piazzetta Settembrini. Ci ‘ncruciavemo pe’ dinto ‘e vichi. Tu, figlio del popolo. Io, ahimè piiu borghese. Ma ttutte ‘e dduie cu l’orgoglio e ce sentere guaglioni ‘e mieza ‘a via. Ci siamo incontrati in teatro. Ci siamo riconosciuti, abbracciati e voluti bene. Esperienze comuni, anche drammatiche. Ce le siamo raccontate, con il sorriso e la strafottente guasconeria di chi l’aveva scampata. Guasconeria con cui, spesso, si affronta la vita. Vivendo con l’ironia amara di chi la tragedia dell’esistere se la porta dentro e può trasmetterla solo a chi può comprenderla: con un abbraccio o con un semplice sguardo.

Mi sono emozionato per la tua superba interpretazione in Giro di Luna tra terra e mare di Gaudino. E mi convinceva quel tuo disegnare personaggi ruvidi, intensi, marginali. Perché marginale ti piaceva essere, in un cinema che non poteva aderirti, con le sue disumane regole di mercato. Anche in questo riconoscevo l’orgoglio di quella strada che ci aveva svezzati, cresciuti e fatto diventare uomini. Uomini nel bene e nel male. Senza i moralismi d’accatto di un’Italia che si vende per poco. Simpatico a tanti, antipatico a molti.

Quei molti che oggi, forse, diranno anche di esserti stati amici. Ma tu, ormai ombra vagabonda per le vie di quel rione che ti ebbe figlio, ridi della loro pochezza! Ciao, Lazzaro felice. Figlio della strada e attore della vita. Un ultimo giro di lambada, con la luna tra la terra e il mare. Poi, il silenzio. Non prima, però, di aver pronunciato le parole di De Niro/Noodles in C’era una volta in America: «A me piace da matti la puzza della strada, mi fa sentire bene, mi si aprono i polmoni quando la sento. E mi tira anche di più».

Cia’ Tonì. Che la terra ti sia lieve.

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