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Basta con il numero chiuso a Medicina. Proteste nelle università

Si sono svolti lo scorso 3 settembre  in tutta Italia i test di ingresso alla facoltà di Medicina: 68.694 iscritti a contendersi  gli 11.568 posti disponibili. Sessanta quesiti a cui i candidati hanno dovuto dare risposta nei  cento minuti concessi.

In contemporanea da nord a sud dinnanzi gli atenei, sono stati migliaia gli studenti a radunarsi  per partecipare alle manifestazioni di protesta: Roma, Milano, Napoli, Torino, Palermo, Bologna sono solo  alcune delle sedi universitarie coinvolte. Il motivo principale alla base del malcontento è appunto “il numero chiuso”: la riforma del Miur, infatti, pur avendo aumentato il numero di posti disponibili, ha mantenuto l’accesso programmato per entrare a Medicina.

Diverse le sigle studentesche che hanno partecipato e promosso per l’occasione  cortei e volantinaggi: si va dal  Fronte della Gioventù Comunista a Link Coordinamento Universitario.

Per i manifestanti il numero esiguo di posti è propedeutica ad una politica di smantellamento della sanità pubblica e di subordinazione della stessa al profitto dei privati: in tale ottica, a determinare il successo nella selezione sarebbe non il merito ma la possibilità di frequentare costosissimi corsi di preparazione che vanno ad aggiungersi ad altri ostacoli economici, quali tasse sempre più alte, caro libri, i costi di trasporto per i pendolari e i costi per gli alloggi dei fuori sede, fattori che considerati nel loro insieme fungono da deterrente per molti giovani che finiscono per trovarsi costretti a rinunciare alla formazione universitaria.

Lisa Longo, studentessa di  Chimica e Tecnologie Farmaceutiche, una delle voci della protesta, in merito afferma: le migliaia di studenti che non possono permettersi di prepararsi con corsi privati dal costo di migliaia di euro vengono duramente penalizzati durante queste prove. La professione medica è molto ambita perché i giovani percepiscono un futuro di precarietà e, per usare un eufemismo, “difficoltà” nel mondo del lavoro, ma col depauperamento della sanità in atto, neanche la scommessa di provare a studiare Medicina migliora le prospettive. L’Italia – sottolinea Longo– soffre da anni una cronica mancanza di personale medico e sanitario. Il saldo negativo tra chi va in pensione ed i nuovi medici continua ad aggravarsi, col risultato che in 7 anni abbiamo perso 9mila medici e mancano 50mila infermieri. È ormai chiaro che nella situazione attuale i test di Medicina servano solo ad assecondare i tagli alla sanità pubblica, tutto a vantaggio del privato.

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