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Levodopa dalle fave, contro il Parkinson

The International Parkinson and Movement Disorder Society ha tenuto a Vancouver il 4-8 giugno 2017 uno dei suoi più importanti congressi, dove è stao presentato un nuovo lavoro scientifico in cui si afferma che una nuova formulazione, inalatoria, di Levodopa può essere efficace nel trattamento terapeutico dei malati di Parkinson. Si tratta non di un nuovo farmaco, ma di nuova formulazione inalatoria della Levodopa “rapida e affidabile”, una nuova “forma farmaceutica” che, per essere definitivamente approvata, deve essere ulteriormente studiata e verificata; i primi risultati sembrano essere molto soddisfacenti.

E’ a Torquato Torquati, farmacologo di Sassari, che si deve la prima identificazione della Levodopa. Incuriosito dal colore nerastro che appare sulle fave diversi giorni dopo il loro raccolto, Torquato individuò quella sostanza che, in seguito, grazie ai fondi di denaro di una società farmaceutica svizzera chiamata Roche, fu studiata dal dottor Guggenheim e venne identificata come Levodopa contenuta nelle fave. Era il 1913.

La malattia di Parkinson è una malattia in netto aumento e colpisce più dell’1% della popolazione oltre i sessanta anni. Tra i farmaci utilizzati c’è anche la levodopa (L-dopa); è proprio la levodopa a destare interesse in Fitomedicina e, ovviamente, nel trattamento del Parkinson: malattia legata a una degenerazione del sistema nervoso, di particolari aree cerebrali quali i gangli della base e la sostanza nera: “strutture”, quest’ultime, essenziali in quel sistema di vie nervose denominato sistema piramidale. Sistema che controlla e rende “fluidi” i movimenti muscolari.

Il principale problema della malattia è la perdita, in alcune cellule nervose cerebrali, di un neurotrasmettitore chiamato dopamina. Quando la sua concentrazione è estremamente bassa compaiono rigidità (per un aumento del tono muscolare), ipocinesia (difficoltà a iniziare movimenti volontari) e tremore. È dunque evidente l’importanza di aumentare i livelli di dopamina che però non è possibile somministrare direttamente poiché non riesce a penetrare nel cervello.

A tale scopo si utilizza quindi la levodopa che, oltre ad avere la capacità di penetrarvi, viene trasformata – nel cervello – in dopamina. La ricerca sull’utilizzo di piante medicinali nella cura del Parkinson è cosa nota, e promettenti sono gli studi sperimentali (quindi nessun tentativo di automedicazione) su diverse piante tra cui la Mucuna pruriens e la Vicia faba, cioè la fava.

Nel 2013 scrissi (giugno, su Repubblica e successivamente su Contropiano) che il rischio di contrarre il Parkinson – la “Paralisi agitante” descritta nel 1817 da James Parkinson – è molto più elevato se ci si espone ai pesticidi. Il problema perciò riguarda soprattutto agricoltori e giardinieri; in Francia il Parkinson viene riconosciuto come malattia professionale.

In Italia, la metà della frutta commercializzata presenta residui di pesticidi, così come le verdure, la pasta, l’olio e altri prodotti alimentari.

Neurology, prestigiosa rivista scientifica, pubblicò uno studio di ricercatori della fondazione dell’ospedale San Matteo e del Centro per la malattia del Parkinson di Milano, dove si mostrava come l’esposizione a pesticidi e solventi dia un’alta possibilità di sviluppare il Parkinson. Chi mangia cibi ricchi di antociani (flavonoidi: frutti rossi e altri vegetali) ha invece un rischio minore di contrarre il Parkinson”.

Neurology, già nel 2000, aveva pubblicato uno studio scientifico che metteva in evidenza come l’esposizione prolungata agli Idrocarburi solventi, contenuti nel petrolio e nei derivati, possono avere un importante ruolo nel rischio di insorgenza della malattia di Parkinson¹. Questo studio successivamente è stato confermato da ben 140 altri studi.

Più recentemente un altro lavoro scientifico² conferma il ruolo degli idrocarburi nella malattia di Parkinson, ma si descrive anche del coinvolgimento, dovuto all’esposizione ambientale, di sostanze chimiche nel provocare malattie neurodegenerative, neuropatie, problemi cognitivi motori sensoriali, all’autismo, a disordini legati all’iperattività, Alzheimer, Sclerosi Laterale Amiotrofica. Dobbiamo anche pensare ai Ftalati ai pesticidi agli erbicidi. La possibilità di incorrere nel Parkinson, e altre malattie neurodegenerative, è del 60%.

La Mucunia pruriens, o Fagiolo di velluto, ha una distribuzione pan-tropicale e si ritiene nativa della Cina e dell’India subtropicale; è un legume molto proteico e digeribile e viene utilizzato come una coltura minore da popolazioni dell’India e Africa. La Mucunia, e le numerose specie che contengono L-DOPA, vede riconosciuta la sua efficacia terapeutica nella malattia di Parkinson; l’ingestione di grandi quantità delle parti della pianta, però, soprattutto dei semi (mangiabili se bolliti), è sconsigliata a lungo termine per la sua potenziale tossicità e per gli effetti collaterali dovuti al contenuto di L-DOPA.

L’ingestione di 500 grammi al giorno di Mucunia con contenuto di L-DOPA minore o eguale a 0,1 viene considerata sicura³. La Mucunia, studiata nelle varie preparazioni (secca, arrostita, bollita) per il contenuto di L-DOPA e in numerose parti del mondo Asia, Africa, America latina, ha dimostrato di rappresentare una valida, sicura ed economica alternativa terapeutica4.

Ricordate sempre di parlarne con il vostro medico di famiglia e con il medico specialista in Neurologia.

Prof Roberto Suozzi

Medico e Farmacologo Clinico

suozziroberto.altervista.org

1) Neurology. 2000 Sep 12;55(5):667-73.

Hydrocarbon exposure and Parkinson’s disease.

Pezzoli G1, Canesi M, Antonini A, Righini A, Perbellini L, Barichella M, Mariani CB, Tenconi F, Tesei Zecchinelli Aleenders KL

2 ) Exposure to lipophilic chemicals as a cause of neurological impairments, neurodevelopmental disorders and neurodegenerative diseases

Harold I. ZeligerAuthor (2013)

(ALS). The environmental chemicals shown to induce all these diseases include persistent organic pollutants (POPs), the plastic exudates bisphenol A and phthalates, low molecular weight hydrocarbons (LMWHCs) and polynuclear aromatic hydrocarbons (PAHs). It is reported here that though these chemicals differ widely in their chemical properties, reactivities and known points of attack in humans, a common link does exist between them. All are lipophilic species found in serum and they promote the sequential absorption of otherwise non-absorbed toxic hydrophilic species causing these diseases.

3) BMC Genomics. 2017; 18: 409.

Published online 2017 May 25. doi:  10.1186/s12864-017-3780-9

Transcriptomic resources for the medicinal legume Mucuna pruriens: de novo transcriptome assembly, annotation, identification and validation of EST-SSR markers

N. Sathyanarayana,1 Ranjith Kumar Pittala,1 Pankaj Kumar Tripathi,1 Ratan Chopra,2 Heikham Russiachand Singh,3 Vikas Belamkar,4 Pardeep Kumar Bhardwaj,5 Jeff J. Doyle,6 and Ashley N. Egan 7

4) J Neurol Sci. 2016 Jun 15;365:175-80. doi: 10.1016/j.jns.2016.04.001. Epub 2016 Apr 16.

Mucuna pruriens for Parkinson’s disease: Low-cost preparation method, laboratory measures and pharmacokinetics profile.

Cassani E1, Cilia R2, Laguna J3, Barichella M2, Contin M4, Cereda E5, Isaias IU6, Sparvoli F7, Akpalu A8, Budu KO9, Scarpa MT2, Pezzoli G2.

 

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