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I sarcomi di Taranto. Intervista a Patrizia Gentilini

I Sarcomi sono tumori maligni, alquanto rari, del tessuto di sostegno del nostro organismo, cioè del tessuto connettivo; e quindi i muscoli, i nervi, i vasi sanguigni, il tessuto adiposo, i tessuti sinoviali e i tendini. Di questi tumori sono noti ben 50 sottotipi; tra i vari fattori di rischio che li possono provocare vi sono delle sostanze chimiche e tra queste il cloruro di vinile, la diossina e alcuni pesticidi. Nel 2014, secondo il rapporto del Registro Tumori Puglia, si riportava un aumento dei tumori infantili a Taranto e, in particolare, nella ASL di Taranto, sia i livelli di incidenza dei linfomi, sarcomi, tumori epiteliali erano più alti della regione.

La situazione dell’inquinamento ambientale a Taranto, delle malattie che provoca è drammatica, e non può certo sfuggirci l’aumento dei tumori e soprattutto dei sarcomi. Secondo uno studio effettuato dall’International Agency For Research On Cancer (IARC) dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, pubblicato nel 2019, di fronte ai tumori non siamo tutti uguali e le differenze sociali, le diseguaglianze hanno la loro importanza; sui fattori di rischio, sulla probabilità di sviluppare la malattia, sulle cure. Dunque, chi abita in ambienti inquinati ha notevoli possibilità di ammalarsi. Come a Taranto.

La dottoressa Patrizia Gentilini, medico oncologo ed ematologo e membro dell’ISDE (Associazione Medici per l’Ambiente sulle diossine), è molto chiara e in questa breve intervista lo esprime con precisione.

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Dottoressa, sappiamo che oggi con l’esposizione alle Diossine, presenti ovunque (acqua, aria, terreno, pesticidi, alimenti, latte materno), l’aumento del rischio di avere malattie non riguarda solamente le “ categorie professionali”, ma anche la popolazione, in particolare quella residenziale. Non pensa che le diossine presenti nell’aria e acqua, dovuti a grandi impianti industriali, siano in forte aumento e non sarebbe il caso (visti i dati contrastanti delle aziende e di varie associazioni) di aggiornarli?

Con il termine generico di “diossine” si indica un gruppo di 210 composti chimici aromatici policlorurati, ossia formati da carbonio, idrogeno, ossigeno e cloro, divisi in due famiglie: dibenzo-p-diossine (PCDD o propriamente “diossine”) e dibenzo-p-furani (PCDF o “furani”), indicate unitamente con la sigla PCDD/F; esistono in totale 75 specie di diossine e 135 di furani, che vanno sotto il nome di “congeneri”.

Le diossine non vengono prodotte intenzionalmente, ma sono sottoprodotti indesiderati che si formano sia durante processi chimici (ad esempio sintesi di pesticidi) che, soprattutto, in processi di combustione in presenza di cloro. La loro formazione è molto variabile, dipendendo sia dalla quantità che dalla tipologia del materiale combusto, sia dalla temperatura alla quale avviene il processo di incenerimento. Le diossine presenti nei fumi una volta ricadute a terra si legano nel suolo alla frazione organica presente e, una volta adsorbite vi rimangono anche per lunghissimo tempo.

Queste molecole sono infatti estremamente stabili, persistenti, bio-accumulabili, con tempi di dimezzamento anche di 100 anni nel sottosuolo. Grazie a queste caratteristiche e alla loro liposolubilità, le diossine passano nella catena alimentare e vengono assunte per oltre il 95% tramite carne, pesce, uova, latte, latticini e la loro presenza negli alimenti è regolata a livello europeo da specifiche normative.

Fra le diossine la più tristemente nota è la TCDD (tetra cloro-di benzodiossina) che, a 20 anni dal disastro di Seveso, è stata riconosciuta nel 1997 dalla Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC) a livello I, ossia cancerogeno certo per l’uomo, in grado di provocare tutti i tipi di tumore, ma soprattutto tumori del sangue (linfomi, leucemie), sarcomi, tumori epatici e tumori ormono-correlati, quali quelli a mammella e prostata. Queste sostanze agiscono inoltre come “interferenti endocrini” e sono in grado di alterare l’equilibrio ormonale con incremento del rischio di diabete, disfunzioni tiroidee, disfunzioni dell’apparato riproduttivo (endometriosi, infertilità, disordini alla pubertà) e del sistema immunitario.

La tossicità di queste molecole è elevatissima e si misura in pico-grammi (miliardesimi di milligrammo), ed insieme ad altri inquinanti organici persistenti rientrano nella Convenzione di Stoccolma, entrata in vigore il 17 maggio 2004, che prevede che gli Stati prendano misure per eliminare ove possibile, o quantomeno minimizzare, tutte le fonti che le producono. Purtroppo l’Italia è l’unico paese in Europa – ed uno dei pochissimi al mondo – che pur avendo sottoscritta la suddetta Convenzione, non l’ha ratificata; e quindi mancano adeguati strumenti giuridici e normativi. Basti dire che mentre per le diossine esistono limiti nei suoli diversi a seconda della destinazione d’uso (industriale o residenziale); non sono indicati limiti per i suoli agricoli, che sono ovviamente alla base delle produzioni alimentari.

Di fatto numerosissime sono le esperienze in Italia che attestano la presenza di questi contaminanti ben oltre i limiti di legge in uova, galline, bestiame allevati in prossimità di inceneritori, cementifici o altri impianti inquinanti. Ad esempio una indagine condotta nel Comune di Forlì, nel 2011, ha dimostrato che su 63 matrici alimentari di animali allevati all’aperto solo 21 rientravano nei limiti e fra 12 galline ruspanti una sola era regolare. Molto spesso queste indagini sono condotte per iniziativa di cittadini o comitati, anche se molto costose, perché sono certamente lo strumento più sensibile ed affidabile per caratterizzare un territorio.

Dottoressa, secondo l’Associazione Italiana dei Registri Tumori, in uno studio fatto in collaborazione con l’Istituto Italiano di Sanità (ISS) 1) per quanto riguarda i giovanissimi, i giovani quelli compresi tra i 0-14 anni, c’è una incidenza nettamente superiore di sarcomi, che cosa ne pensa?

Questo lavoro è molto importante perché conferma che vivere in un ambiente inquinato compromette notevolmente la salute, specie dei più piccoli. L’indagine ha riguardato 28 SIN (Siti di Interesse Nazionale, ovvero aree da bonificare perché particolarmente inquinate)ed ha indagato l’incidenza di cancro nei bambini e nei giovani fino a 29 anni, nel periodo 2006-2013, confrontandolo con quello della regione di riferimento. Emerge che vi sono incrementi statisticamente significativi nelle varie fasce di età di leucemia mieloide acuta, linfomi Non Hodgkin, tumori del testicolo e sarcomi, che sono tumori dei tessuti molli. In particolare i sarcomi nell’età da 0 a 14 anni sono aumentati del 62%.

Della presenza delle diossine nel latte materno e ovviamente nel lattante cosa ci può dire?

Per le caratteristiche proprie di queste molecole (persistenza, bio-accumulo, lipofilia, concentrazione specie negli alimenti quali carne, uova, latte), le diossine si accumulano dentro di noi e durante la vita intrauterina vengono trasmesse (unitamente a molti altri inquinanti) al feto e poi anche attraverso l’allattamento dalla madre al bambino. Va ricordato che sono oltre 300 le sostanze estranee tossiche, di cui molte cancerogene, che si trovano stabilmente nel nostro organismo e sono, al pari delle diossine, trasmesse alla prole sia attraverso il cordone ombelicale che , dopo la nascita, attraverso l’allattamento, in cui soprattutto sostanze lipofile come le diossine vengono veicolate.

Il latte materno in particolare viene considerato un indicatore molto attendibile della qualità dell’ambiente in cui la madre vive ed il suo monitoraggio è raccomandato, proprio con questo fine, dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. La quantità di diossine presenti nel latte materno varia moltissimo da una nazione all’altra, e anche a seconda che i campioni provengano da mamme residenti in aree rurali o industrializzate. Uno degli studi più corposi è stato condotto in Cina su 1.237 campioni provenienti da altrettante puerpere in 12 provincie del paese, rappresentativo del 50% dell’intera popolazione cinese. La quota di diossine varia da 2.59 a 9.92, pg/g di grasso con una media di 5,42.

In Italia esistono pochi studi pubblicati al riguardo; alcuni sono stati condotti su iniziativa spontanea, come a Taranto, evidenziano una media di 29 pg/g di grasso. Ricordo poi che l’OMS raccomanda comunque l’allattamento materno esclusivo fino al sesto mese e la sua prosecuzione almeno fino al secondo anno di vita perché, pur in presenza di contaminanti, l’allattamento è comunque fonte di benessere per la madre e per il bimbo. E’ ovvio però che dobbiamo fare di tutto per proteggere questo alimento, che non esito a definire “sacro”, dalla contaminazione di sostanze così tossiche e pericolose se vogliamo salvaguardare la salute dell’infanzia.

Dottoressa noi sappiamo che, per quanto riguarda i sarcomi dei tessuti molli, esistono vari istotipi (tipo di cellule presenti in un determinato tessuto) e sappiamo che l’istotipo embrionale è in netto aumento. Mi puoi specificare meglio cosa sono gli istotipi e perché quello embrionario è in aumento? Hanno un ruolo le questioni legate all’inquinamento ambientale?

I sarcomi sono tumori mesenchimali, cioè neoplasie che insorgono a carico del tessuto di sostegno, ovvero il tessuto mesenchimale o connettivo, che si differenzia dal tessuto epiteliale, quello che costituisce i nostri organi ed apparati (colon, polmone, mammella etc.). Il tessuto connettivo a sua volta va incontro a vari tipi di differenziazione: tessuto muscolare, adiposo, fibroso, vascolare etc. e da ciascuno di questi possono originare tumori quali leiomiosarcomi, liposarcomi, istiocitoma fibroso maligno, angiosarcoma etc. I sarcomi possono pertanto insorgere in qualunque distretto dell’organismo ove siano presenti tessuti di origine connettivale; in particolare i sarcomi si manifestano con tumefazioni – spesso inizialmente indolenti – agli arti (braccia, gambe), ma anche al torace, al dorso, ai glutei, ecc, detti “sarcomi dei tessuti molli”; ma esistono sarcomi che insorgono a carico del tessuto di sostegno presente in tutti i nostri organi anche interni (sarcomi viscerali).

Si parla di istotipo per indicare il tessuto da cui il tumore origina e le caratteristiche morfologiche che il tumore assume e che spesso si accompagnano a diversi gradi di aggressività. I tumori possono essere più o meno simili al normale tessuto di origine e quindi più o meno maligni. I sarcomi, sia dei tessuti molli che viscerali, sono, complessivamente, neoplasie rare, ma particolarmente interessanti in quanto correlati ad inquinanti ambientali, in particolare a diossine e a pesticidi come i clorofenoli.

Per quanto riguarda l’esposizione alle diossine emesse da inceneritori un ampio studio condotto in Francia su una popolazione di circa 2.5 milioni di persone residenti in prossimità di 16 impianti di incenerimento per rifiuti in Francia, ha documentato un incremento del rischio di sarcomi variabile dal +9.1% al +13%, in relazione alla crescita dei livelli di esposizione. Risultati ancor più preoccupanti sono emersi da studi condotti in prossimità di inceneritori in Veneto e a Mantova, tanto che questi tumori vengono considerati patologie “sentinella” dell’inquinamento da diossine.

Ed è stata la stessa Associazione Italiana di Epidemiologia ad affermare, riguardo gli inceneritori, che ”studi metodologicamente robusti e difficilmente contestabili hanno messo in evidenza eccessi di tumori riconducibili all’esposizione a diossine”. Questi tumori sono presenti anche in età pediatrica ed in Europa rappresentano circa il 12% di tutti i tumori dell’infanzia.

Il rabdomiosarcoma rappresenta il tipo istologico più frequente e trae il suo nome dal fatto che le cellule sono simili al tessuto muscolare scheletrico. Nel gruppo dei rabdomiosarcomi rientrano vari sottotipi istologici,che si differenziano per caratteristiche morfologiche cellulari e tissutale; in particolare si distinguono i seguenti istotipi: embrionario, botroide, alveolare, pleomorfo, sarcoma non classificato, indeterminato a piccole cellule rotonde, sarcoma di Ewing extraosseo. Quello embrionario è il più frequente, rappresentando circa il 50% di tutti i rabdomiosarcomi ed il termine “embrionario” indica che le cellule tumorali assomigliano ai vari stadi dello sviluppo embrionale delle cellule muscolari.

Da un lavoro su una amplissima casistica relativa a 5.802 casi di sarcoma dei tessuti molli, diagnosticati da 0 a 14 anni in tutta Europa, ed in cui rientrano ben 3.365 casi di rabdomiosarcomi scrupolosamente analizzati per sedi di insorgenza, sottotipi istologici, età, distribuzione geografica, andamento temporale, è emerso che sia l’incidenza complessiva dei sarcomi che quella dei rabdomiosarcomi sono significativamente e progressivamente cresciute negli anni, ma è in particolare l’istotipo embrionario, specie a localizzazione genito-urinaria, quello che aumenta in modo significativo, contribuendo in modo determinante all’aumento statisticamente significativo di tutti i sarcomi nell’infanzia.

Altri istotipi rimangono invece stabili e questo fa supporre che mentre per l’insorgenza dell’embrionario fattori ambientali possano essere maggiormente coinvolti, gli altri istotipi siano più correlati a fattori genetici. Purtroppo in Italia ancora dai Registri Tumori non viene fatta una distinzione adeguata e quindi l’ipotesi che l’istotipo embrionario sia nell’infanzia un tumore sentinella dell’esposizione a diossine rimane solo un’ipotesi.

Nel mese di Aprile del 2019 sono usciti i risultati di uno studio, svolto a partire dal 2016 dall’Istituto Superiore di Sanità (ISS) e Dipartimento di Prevenzione della Asl di Taranto, commissionato dalla passata gestione dell’ILVA (attualmente della multinazionale ArcelorMittal), si è visto che il latte materno delle donne di Taranto e Statte hanno un contenuto di Diossina e PCB (Policlorobifenili) significativamente più alto delle donne della provincia e cosiddetti composti “diossina-simile” sono più elevati. Questi ultimi composti hanno tossicità, per l’ambiente e l’essere umano, simile alla diossina.

L’Agave sono piante succulenti originarie del Messico meridionale e della regione del Nord dell’America del Sud. Attualmente sono presenti in alcuni paesi africani e asiatici e in tutto il bacino del Mediterraneo. La pianta comprende numerose specie (Plant List ne riconosce 200 specie) molto apprezzate dalle popolazioni per l’uso medico che ne fanno, ma anche per fare corde e abiti e liquori, come ad esempio la Tequila, il Pulque e il Mezcal.

L’Osteosarcoma è un tumore classificato come il più aggressivo di quelli che si sviluppano nell’osso e la classica chemioterapia può solamente migliorare la sopravvivenza. Il tumore che colpisce i giovani viene considerato raro e una ricerca effettuata dell’Istituto Nazionale Tumori Regina Elena di Roma e pubblicata su Cancer Letters, emerge che l’estratto di foglie di agave ha un effetto antitumorale e nelle cellule di osteosarcoma si è dimostrato come inibisca la vitalità e migrazione. Tutto questo fa sì che l’estratto di Agave possa diventare un’ importante elemento terapeutico che si può affiancare (fino a questo momento) alle terapie ufficiali 2). Aggiungo che attualmente non è consigliabile, in attesa di nuovi studi scientifici, l’utilizzo della pianta del vischio nei sarcomi.

Prof ROBERTO SUOZZI

MEDICO E FARMACOLOGO CLINICO

Specialista in Medicina dello Sport

1) EpidemiolPrev2018; 42 (5-6): 76-85 Cancer incidence in children and young adults living in industrially contaminated sites: from the Italian experience to the development of an international surveillance system

2) Cancer Lett. 2018 Oct 1;433:18-32. doi: 10.1016/j.canlet.2018.06.021. Epub 2018 Jun 19. Agave negatively regulates YAP and TAZ transcriptionally and post-translationally in osteosarcoma cell lines.

Ferraiuolo M1, Pulito C1, Finch-Edmondson M2, Korita E1, Maidecchi A3, Donzelli S1, Muti P4, Serra M5, Sudol M6, Strano S7, Blandino G

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