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Interventisti da salotto?

usato ed abusato per ogni contestazione alla guerra. Mi è ben chiaro che le ragioni della guerra in Libia siano da riportarsi agli interessi economici e politici della Francia e dell’Europa e che i diritti umani sono il pretesto di questa guerra come lo furono in Kosovo, come i talebani lo sono in Afghanistan, e le armi di distruzione di massa in Iraq. Il mio pacifismo e la mia contrarietà a queste guerre le ho sempre condivise con persone che ho ritrovato al mio fianco ai check point in Palestina e nei campi profughi del Libano, che mi raccontavano delle loro esperienze in Bosnia, in Kosovo, in Iraq. Non ritengo essere questi dei salotti molto comodi per parlare di pace. Mi chiedo anche perché gli interventisti di ogni guerra che scrivono queste lettere non decidano di trascorrere un illuminante soggiorno in un edificio posto a 30 metri da un «obiettivo chirurgico» di Baghdad, a fare la spesa ogni giorno nelle vicinanze di quelli che i caccia considerano obiettivi strategici a Bengasi (io non sono mai riuscito a fermare un caccia per chiedergli se c’erano possibili obiettivi nelle vicinanze). E sulla balla che ci saranno forse meno morti di quanti ce ne sarebbero stati senza la guerra, inviterei a documentarsi sul numero di morti civili provocati dalle guerre dell’ultimo secolo. Solo in Iraq ne sono stati uccisi più di 100.000. Il fatto che li ammazziamo prima noi non dovrebbe farli sentire meglio quando guardano il tg nel proprio salotto.

lettera di un lettore, da “il manifesto” del 29 marzo 2011

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