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Il destino di essere Esposito

Quando ho letto che “il senatore Esposito” intimava alla popolazione italiana tutta di non comprare più i libri di Erri De Luca, confesso di aver pensato si trattasse dell’ennesima sortita del prode Stefano, parlamentare Pd. Che – forse per recuperare punti tra le società appaltatrici o sub dell’opera – stamattina ha invitato la procura diretta da Caselli ad applicare le leggi antimafia contro chi, nella Valle, resiste.

Tra parentesi, è anche uno dei rarissimi senatori del Pd ad essersi schierato pubblicamente per il “lodo Violante”, con cui salvare almeno temporaneamente Berlusconi.

Ho capito solo dopo qualche minuto che si trattava invece del pure lui senatore Giuseppe, pure lui Esposito, ma fiero di appartenere al Pdl e ovviamente pure lui a favore di qualsiasi “lodo” possa salvare Berlusconi.

Mi sono chiesta quante sfortune debba sopportare uno che si chiama Esposito senza essere diventato neanche senatore. E’ un cognome dignitoso, portato con fierezza in Campania, a Napoli soprattutto. Perché o nonostante sia uno dei tanti cognomi assegnati agli orfanelli abbandonati sui sagrati delle chiese prima, durante o dopo la modernità. Al pari insomma del romano Proietti (“gettati”) o dei più ortodossi Diotallevi, Diotisalvi, ecc.

Cognomi che stimolano spesso voglia di riscatto, a dimostrazione della superiorità del “farsi soggetto” e non della semplice rassegnazione al destino o al disamore.

Come in tutte le storie umane, naturalmente, c’è anche chi quel destino l’ha interiorizzato. E, comportandosi secondo destino onomatopeico, vive alla perenne ricerca di un padrone che lo tuteli….

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