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Favole ferroviarie

C’era una volta un paese civile e sviluppato e giusto.

Un paese dove una società privata poteva gestire il trasporto pubblico su rotaia, perché sicuramente lo farà meglio dello Stato.

Un paese dove lo stesso Stato autorizzava questa società privata a derogare dagli standard di sicurezza adottati ovunque in ferrovia. Per “semplificare” e rendere più “competitivo il paese”.

Un paese in cui, su certe tratte, la “sicurezza” di ferrovieri e passeggeri è affidata a una telefonata tra capistazione alle prese con cento altre cose da controllare.

Un paese in cui i soldi stanziati per raddoppiare il binario unico sono fermi per sette anni in attesa di stendere un bando di gara per l’appalto dei lavori (ossia di decidere in anticipo chi dovrà vincerlo).

Un paese in cui il direttore generale della suddetta società privata definisce “assolutamente sicuro” quel sistema di telefonate in corsa che ha appena lasciato per terra 23 morti e 24 feriti. Senza che nessuno gli consigli di tacere per sempre, travolto dalla vergogna e dal rimorso.

Un paese in cui a finire sotto inchiesta, ovviamente, sono i due capistazione…

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