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Orazione non funebre per Che Guevara

Non voglio commemorare il Che

La sua faccia di aristocratico indio

Segnata dalla fatica dell’asma

Dall’apnea di una vita in guerriglia

Dai solchi delle giovani rughe

Non voglio commemorare il Che

I suoi occhi cerchiati dal sonno

Ansiosi di vita sospesa

Profeti di sogni nascosti

Tra le foglie dell’ultima Sierra

Non voglio commemorare il Che

La stella rossa che accende la notte

Sulla fronte sudata di altura

La barba di Rivoluzione selvaggia

Bruciata dal tabacco di Cuba

Non voglio commemorare il Che

Le sue idee di malta e di Storia

Estratte dalle miniere di Chiqui

Infettate dai lebbrosi di Huambo

Risucchiate dal vento tra le catene e le Ande

Non voglio commemorare il Che

Il suo odio di classe e d’amore

Le sue parole di tenerezza e violenza

Masticate sulla vetta del Picchu

Inzuppate nel sangue dei massacri di Spagna

Non voglio commemorare il Che

Tra le macerie dei corpi Aztechi

Sulle ossa sputate nel fiume Rio Grande

Nelle tracce mute del popolo Inca

Sulle ali bruciate nell’Olimpo argentino

Non voglio commemorare il Che

Il suo mitra che urla di furia e disprezzo

Per le bocche africane affamate da Europa

Il suo cuore di tenebra squarciato nel Congo

La vittoria tradita nella polvere amara

Non voglio commemorare il Che

Il suo omicidio per mano di un vile

Assoldato soldato al mercato degli Usa

Venduto al nemico da falsi compagni

Nella caina Bolivia di braccia e di terra

Non voglio commemorare il Che

Il suo nome insultato su ogni maglietta

Il suo coraggio svenduto in icona di pace

La sua lotta repressa nei circoli rossi

Il suo pugno nascosto nella tasca borghese

Non voglio commemorare il Che

Le sue frasi di fuoco e d’argento cocente

Riscaldate oramai nelle retro cucine

Dai camerieri in livrea del pacifismo asociale

E vomitate stracotte sulle tavole sazie di un volgare showbiz

Non voglio commemorare il Che

Perché Ernesto è il nome che grida vendetta

Sulla pelle scavata da ogni fatica

Nelle mani che bruciano di miseria e di orrore

Dai corpi spezzati con calci e bastoni

Per le dignità divorate dagli squali di borsa

Ernesto è il nome che grida vendetta

Contro il razzismo del bianco sul negro

Il razzismo classista del ricco sul povero

Il freddo razzismo del Nord civile

Contro il Sud denso di umore e sudore

In questo mondo abitato da uguali

senza uguaglianza

Ernesto è il nome che grida vendetta

Tra le cosce stuprate di donne e fanciulli

Sugli altari incrostati di sangue e miseria

Nel vino cattivo di tutti i clochard

Tra le celle gelate di qualunque galera

Sotto i tacchi oppressivi di ogni potere

Ernesto è il nome che grida vendetta

Fine gloriosa per un’indecorosa genia

Stirpe degenere di preti dalle sembianze rossastre

Salmodianti richieste di giustizia e diritti

Blateranti minacce di napalm sovversivo

E imprecanti parole di rivolte passate

Senza futuro e senza vessillo

Ernesto è il nome che grida vendetta

Nella giungla d’asfalto e denaro

Recinto belante di armenti al guinzaglio

I macellai squoiarono il figlio dell’ Uomo

Fatto di paura di gioia e valore

Ernesto è il nome che grida vendetta

Il suo fucile porta ancora alla canna

un proiettile unico e solo

Dallo sparo struggente e pieno di sole

Libertà è il suo nome

Un nome mai morto

- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO

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