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Alcune riflessioni sulle repressione in Val di Susa e in Toscana

Gli arresti e i provvedimenti restrittivi che a partire dalla Toscana si sono poi diramati per tutta l’Italia, mirano a colpire quei compagni che hanno contribuito alla costruzione del movimento di studenti e  precari che hanno partecipato alla lotta per una formazione critica dell’esistente, contro la precarietà, contro le controriforme della scuola e  delle università che miravano all’annientamento del diritto allo studio. Un attacco che cerca di prevenire per la prossima stagione una nuova ondata di lotte che investirà nuovamente, nelle forme che sarà in grado di produrre, scuole e università storicamente fondamentali per cicli di lotte importanti.  

Anche quanto sta accadendo di cosi violento contro il movimento No tav ha, tra le altre, questa caratteristica e questa assume una valenza più immediata vista gli ultimatum bipartizan contro chi lotta contro l’occupazione della Val di Susa  e contro un’opera basata su speculazione e scempio del territorio. Una scadenza imminente che tutte le forze politiche del panorama istituzionale vorrebbero come definitiva e che preparano con l’appoggio totale alla repressione (se è il caso anche con l’esercito) e l’annullamento della volontà della popolazione della valle con ogni mezzo di criminalizzazione mediatica. 

La repressione è lo strumento principale del potere e la scientifica ferocia di questi attacchi repressivi con denunce a pioggia e nel contempo mirati, danno il senso dell’incapacità dell’attuale compagine governativa che si manifesta ogni giorno nell’impossibilità, strutturale, di trovare soluzione alla crisi economica e politica. Ma anche le attuali opposizioni parlamentari manifestano la volontà di candidarsi per il prossimo mandato alla guida di uno stato di polizia sempre più pronto a manifestarsi con tutta la propria forza contro chi lotta e chi vorrebbe costruire una società altra.

Non dimentichiamo che, nel contesto repressivo, i luoghi di lavoro sono stati anch’essi colpiti ferocemente con manganelli e assedi mediatici. Dalle cooperative (logistica nel milanese) alle fabbriche (es: Pomigliano) si azzerano diritti e si riducono salari indiscriminatamente e se si vuole scioperare  la risposta spesso sono le cariche della polizia.

In tutto ciò continuare a lottare, collettivizzare le esperienze e generalizzare la solidarietà  è  fondamentale per provare ad inceppare giorno dopo giorno la macchina globale dello sfruttamento capitalista.

Perché la lotta paga come per la Fincantieri, come in questi anni in Val di Susa, come in alcune cooperative del’area metropolitana milanese.

E la lotta è lo strumento principe per costruire e riparametrare giorno per giorno coscienza e prospettiva di classe.

Contro la repressione non un passo indietro!

Solidarietà ai compagni e alle compagne


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