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Al telefono con Damasco

Oggi abbiamo sentito per telefono i nostri compagni del Pc siriano, che ci hanno confermato che «dietro agli scontri che stanno avvenendo in questi giorni ci sono i Fratelli musulmani». «In Siria – ci ha spiegato un importante dirigente del Pcs – si stanno intensificando manifestazioni “normali” di uomini e donne che chiedono diritti e democrazia, ma ve ne sono anche alcune “diverse”, che vedono la partecipazione di gente armata. Manifestazioni che non hanno nulla a che vedere con quelle dove la gente chiede riforme. Le manifestazioni vedono la presenza di gente armata. Le armi giungono da Iraq e Turchia, con la supervisione Usa. Qui non si sente parlare di riforme, ma si chiede solo la caduta del regime».

«Se si guarda la composizione di queste proteste – continua l’esponente dei comunisti siriani – si può vedere come le forze “popolari” – lavoratori, contadini e lavoratori pubblici – sono lontane da tutto ciò che vede coinvolte le armi. A riempire i cortei armati sono invece prevalentemente gli strati più emarginati, i disoccupati e gran parte dei lavoratori che sono ritornati dai paesi del Golfo, dopo essere stati cacciati dai locali governi».

Il giudizio sul governo da parte dei compagni siriani è positivo. «Il governo – dicono – ha fatto riforme serie e c’è una posizione patriottica che lo spinge ad intensificare le riforme, prima di tutto le riforme economiche (rialzo degli stipendi, riduzione dei prezzi dell’energia e gasolio), inoltre ha dato la cittadinanza a quasi 100mila curdi. Tutte queste erano richieste che avanzavamo da tempo».

«Contro la leadership – sottolinea il compagno siriano -. si sono coalizzate le forze islamiche vicine all’imperialismo, le forze estremiste e il gruppo di Salah el Jadid (una piccola minoranza uscita anni fa dal partito Baath)». «Quello che si vede in tv è molto gonfiato, sembra esserci una regia unificata da parte di al Jazera, al Arabya, Bbc. Basta guardare le televisioni per vedere che tutte mandano le stesse persone e le stesse informazioni. Una informazione manipolata che però può godere di una grande copertura mediatica e questo avviene grazie all’appoggio di certi paesi arabi attraverso finanziamenti (Qatar e Arabia Saudita in testa). L’obiettivo è quello di mettere le confessioni l’una contro l’altra».

Il dirigente del Pc siriano ammette la debolezza del Fronte progressista in materia dell’informazione. «Siamo deboli, non riusciamo a far uscire le notizie. Ieri i ribelli hanno violentato una ragazza, l’hanno uccisa e buttata in mezzo alla strada. L’altro giorno c’è stato un attentato contro la ferrovia, un attentato sventato, ma potenzialmente pericolosissimo per i passeggeri. Poi sono quasi quotidiane le esplosioni sulle condutture di petrolio e gli attacchi ad autobus con persone dentro. Fatti gravissimi. Ma tutto ciò non esce dal paese».

Per finire il compagno siriano ci spiega che ad oggi gli scontri più duri sono circoscritti ad Hama e ad altre due tre città. E ci conferma che il ruolo del Patito comunista nelle manifestazioni pacifiche è forte in quasi tutte le città siriane. In queste manifestazioni c’è una forte richiesta per un cambiamento vero e contro gli atti di violenza. «La manifestazione di Tartus (molto partecipata) ha avuto un grande eco fra la gente. Ci sono state manifestazioni anche a Damasco davanti l’ambasciata francese e gli uffici dell’Unione Europea».

Conclude, il dirigente del Pc siriano, con la denuncia: «vogliono portarci alla situazione di Bengasi. Vogliono scatenare una guerra civile fra siriani. Ma il blocco nazionale tiene. Sono ottimista, anche se ci vorrà però tempo per normalizzare il paese».

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