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L’invasione della Troika (Ue, Fmi, Bce) contro i PIIGS

Il principale sindacato portoghese, il Cgtp, ha proclamato per il prossimo 24 novembre uno sciopero generale di protesta contro le misure di austerità varate dal governo. 

Aprendo il dibattito sul documento finanziario per il 2012, il neo primo ministro conservatore Pedro Passos Coelho ha detto che la riduzione della spesa pubblica sarà senza precedenti e ha menzionato un taglio del 43,5% entro i prossimi quattro anni.
L’atto di ostilità è rivolto soprattutto ai dipendenti del settore pubblico e ai pensionati. Per 1,3 milioni di portoghesi il 2012 e il 2013 saranno anni di tredicesime e quattordicesime saltate, e di ferie non pagate. La misura scatta per tutti i salari, e per le pensioni al di sopra della minima (che in Portogallo è fissata a quota 485 euro).

Per incominciare metà della tredicesima. A tanto ammonta il prelievo straordinario che i portoghesi si troveranno nella busta paga di dicembre. Una misura che va ad aggiungersi al piano di austerità già in vigore nel Paese.
Una stima, realizzata dal quotidiano Diario de Noticias, parla di un 22% di perdita del potere d’acquisto da parte dei dipendenti pubblici. Colpite anche le feste laiche e religiose, per le quali si prevede lo slittamento nei weekend più vicini.
Ma non finisce qui, dopo l’Irlanda, la Grecia, il Portogallo, la Spagna e infine l’Italia, ora i mercati finanziari sono pronti a mettere nel mirino della speculazione anche il Belgio. Il primo avvertimento arriva dall’UE che sta facendo pressione su Bruxelles affinché approvi la legge di bilancio entro metà dicembre altrimenti il deficit pubblico sarà destinato ad aumentare.
Il Belgio è senza un governo dalle elezioni di giugno 2010 ma ora, gli è stato intimato, è arrivato il momento di fare scelte politiche perché la Commissione europea stima che il debito belga potrebbe raggiungere nel 2013 la soglia pericolosa del 100% del PIL.
Per affrontare la crisi quindi il presidente dell’Eurogruppo Jean-Claude Juncker chiede al Belgio di fare “riforme strutturali”.
Risponde prontamente Didier Reynders, ministro belga della Finanze sia pur senza governo, “È vero che questo governo ha poteri limitati, ma può prendere decisioni di emergenza, decisioni che proteggano gli interessi del paese, naturalmente”.
E cosa intende Reynders per naturalmente è presto detto: “Ci sono due riforme chiave da fare in Belgio, la prima è quelle delle pensioni, come è stato fatto in molti altri paesi. Oggi ci rendiamo conto che il finanziamento delle pensioni sarà sempre più pesante nei prossimi anni…… La seconda è quella del mercato del lavoro”.
E se ciò non bastasse, il bravo Reynders spiega con chiarezza cosa si intende per sovranità nazionale nell’euro-zona di questi tempi: “Ma oltre a questo, si deve pensare a riforme più forti e sono convinto che nei mesi futuri dovremo rafforzare l’integrazione nella zona euro, e avere un ministro delle finanze permanente europeo, come suggerito da Jean-Claude Trichet, che può dare alla zona euro e all’Unione europea la capacità di prendere decisioni anche quando gli Stati non ne prendono….”.
Si è sempre detto che due indizi non fanno una prova, ma se agli ultimi due indiziati Portogallo e Belgio (e già siamo oltre i PIIGS), aggiungiamo la Grecia alla quale si è impedito di svolgere un referendum popolare sulle misure da adottare e tanto per chiarire come ci si deve comportare, Georges Papandreou è stato sostituito da Lucas Papademos. Se in Italia persino Berlusconi ha dovuto mollare e cedere il passo al governo tecnico della BCE guidato dall’uomo delle banche e della finanza che tanto piace anche alla sinistra, il Goldman Sachs Mario Monti e tanto per ribadire il concetto, si è comunque provveduto ad inviare, senza limite di tempo, gli ispettori dell’ UE per controllare che conti e programmi vengano rispettati. Se pressoché analoghi doveri sono imposti a Spagna, Irlanda e la lista è destinata ad allungarsi, allora è ormai evidente che l’Europa mediterranea è diventata un’area a sovranità limitata.
Oltre tutto nonostante i governi di centro-destra e centro-sinistra all’unisono stiano applicando le manovre di macelleria sociale imposte dai diktat UE, nei salotti buoni dell’asse franco-tedesco si sta comunque discutendo dell’eventualità di cacciare comunque dall’euro diversi paesi, Italia compresa.
Ma non sarà che forse vale la pena di ragionare seriamente sull’ipotesi che i paesi dell’Europa Mediterranea debbano avere il coraggio di uscire dall’euro.
La nostra proposta su Alias (Area Libera per l’Interscambio Alternativo Solidale) è quella di uscire come gruppo di paesi, con una nuova moneta , nazionalizzando in primis le banche e i settori strategici (queste sì riforme di struttura) e di attuare un blocco dei capitali in uscita e una tendenza al pareggio e poi al surplus nella bilancia dei pagamenti.
Per fare questo naturalmente è necessario ripartire dalla centralità della politica e il suo dominio sull’economia, da una nuova stagione di protagonismo delle lotte del movimento di classe, dalla necessità di realizzare un mutamento dei rapporti di forze che possa contrastare i vincoli dell’usura istituzionalizzata della BCE e le politiche di oppressione del polo imperialista europeo.
Su questo versante il nostro impegno è pieno e totale e punta a legare la condotta internazionalista con l’impegno, qui ed ora, per promuovere e coordinare la lotta sociale e di classe a livello europeo sia sul piano sociale che politico, partendo dalla consapevolezza che non esistono alternative alla necessità di dare organizzazione al movimento e alle lotte.
La lotta contro il ricatto del debito “sovrano” in nome del quale si dovrebbero accettare ogni genere di sacrifici, in cambio della salvezza del paese, si sviluppa anche attraverso il conflitto per il non pagamento del debito. In primo luogo il debito in mano al sistema bancario-finanziario che va al contrario aggredito, per favorire invece gli investimenti in beni comuni, in servizi sociali, in nazionalizzazioni delle imprese dei settori strategici, aumentando di conseguenza i salari diretti, indiretti e differiti.
A livello europeo molte forze sociali e sindacali a partire dal Pame in Grecia hanno lanciato la parola d’ordine del non pagamento del debito. Anche in Italia il ripudio del debito e la nazionalizzazione dei settori strategici, a partire dall’acqua, i trasporti, le telecomunicazioni, sono nel programma dei movimenti di lotta del 15 Ottobre 2011 (comitato No Debito).
Il Comitato No Debito lancerà un appello che chiederà la convocazione di un referendum popolare contro le misure della BCE, e di fronte ad un rifiuto da parte delle istituzioni, avvierà una campagna per un referendum autogestito, inteso come consultazione popolare, democratica e di massa contro i diktat dell’Unione Europea.
A questo riguardo assume grande rilievo politico l’assemblea nazionale a Roma convocata per il prossimo 17 dicembre che lancerà la proposta di una grande manifestazione nazionale dell’opposizione politica e sociale al “governo della BCE” rappresentato da Mario Monti.

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