Menu

New York. Quale Occupy dopo lo sgombero?

 

Da più parti giungono analisi sulla sua incapacità di tradurre in proposta politica l'”indignazione”, nel far parlare delle proprie idee oltre che delle tende più o meno pittoresche di Zuccotti Park.

E da dentro il movimento parte la critica alle “star” che si sono fatte vedere quando era “popolare” e soino scomparse quando la polizia ha iniziato a sgomberare.

Ma il movimento Usa affronta una situazione che ci sembra ormai generale: il passaggio dalla “rappresentazione del conflitto” alla pratica conflittuale. Le modalità “indignados” (attendamenti, presidi più o meno corposi, ecc) sono state tollerate in una prima fase di reazione alla crisi. Ora che il “capitale finanziario” mette ai posti di governo direttamente propri uomini (da Papademos a Monti), oppure “convince” i governi in carica ad applicare le “misure” decise dentro i suoii uffici studi, la manifestazione di dissenso diventa un disturbo vero.

La prima mossa è dunque semplice: alzare l’asticella della repressione. Movimenti spontanei, decisamente spontanei e senza memoria delle lotte passate, possono trovare insuperabile la nuova quota. E disperdersi. Oppure crescere di consapevolezza e organizzazione. Il potere scommette sulla prima ipotesi, noi siamo obbligati a lavorare per la seconda. Ovunque nel mondo e collegandoci al resto del mondo.

*****

 

«Violenza inutile, Obama dov’è finito?»
Tiziana Rinaldi Castro NEW YORK

I libri saranno restituiti, ma i pc sono stati distrutti. Si prova a ricostruire la biblioteca «Non vogliamo dipendere più da nessuno. Siamo noi i nostri leader, il 99% del pianeta»

NEW YORK
«È questo il paese che non si fa scrupoli a sacrificare la sua gente quando lo ritenga non necessario ma conveniente. Lo ha fatto sempre, dall’inizio, affiancando senza batter ciglio la straordinaria lezione della rivoluzione americana alla schiavitù. La mia gente conosce la sofferenza da generazioni, e l’America è stata sempre generosa in ogni cosa, e quindi anche nell’elargire la sofferenza. I ragazzi giovani che sono qui lo sentono solo ora il bruciore delle promesse non mantenute, ma io sono quarant’anni che aspettavo questo momento». Sono le parole di Gregory, che ho incontrato dopo il violento blitz della polizia a Zuccotti Park davanti al tribunale dove si contrattava il rientro con i giudici e il sindaco e che ho ritrovato in serata alla sua riapertura. «Mi si è risvegliato qualcosa dentro di fronte a quella violenza così inutile, quella boria. Ho avuto paura ma ho anche preso sul serio il movimento. Dall’una stanotte sono stato arrestato, maltrattato, offeso, derubato, e mi si è riempito il mondo dentro». Si leva il cappello rasta e scuote i suoi bei dreads, gli occhi verdi luccicano dietro gli occhiali rotondi sul volto nero. «Si era forse perso il focus per molti di noi, c’erano anche delle persone che erano qui semplicemente accampate. Ma a quell’agente con cui ti ho vista parlare a Foley Square e che ti ha detto che è stato necessario impiegare le forze della polizia per difendere Wall Street da noi e noi dalla nostra stessa interna spicciola criminalità, io gli vorrei chiedere con che coraggio ti guarda negli occhi quando te lo dice. L’hanno portata loro, hanno liberato qui più di un criminale uscito direttamente dal carcere di Rikers e appositamente, per creare casini, importunare le donne, spaventare i ragazzetti. Tattiche antiche, per discreditare il movimento». «Il poliziotto mi aveva anche detto che non erano stati usati gas lacrimogeni né spray al peperoncino. Me lo confermi?»
Mi ha guardato come se avessi sei anni. Imbarazzata ho voltato la testa proprio mentre passava un uomo con un cartello che riportava, capovolta, la frase che John F. Kennedy disse alla sua inaugurazione presidenziale: «Non chiederti cosa puoi fare tu per il tuo paese, Chiedi cosa può fare Il tuo paese per te». Nonostante abbia colto lo spirito ironico con cui è stata concepita mi si è stretto il cuore. Kennedy invitava gli uomini e le donne d’America ad una relazione basata sulla fiducia, in cui lo sforzo – tanto personale quanto collettivo- avrebbe dovuto fare la differenza nello svolgimento del contratto tra le due forze, il popolo e l’organo che lo rappresenta. Qui, invece, la fiducia è rotta e il popolo vuole solo riscattarsi.
«Obama è stata l’ultima goccia» ha commentato Del Pedro, «poi capisci che l’appuntamento è sempre con se stessi e ti prendi la responsabilità del tuo futuro. Non vogliamo più dipendere da figure pubbliche, siamo noi i nostri leaders».
«E poi, dov’erano questi leader e queste star oggi?» riprende Gregory, «dov’era Michael Moore? Dov’era Jessie Jackson? La verità è che non servono, come ben si vede, eravamo espropriati dello spazio stamattina e siamo ritornati trionfanti qui stasera, noi, da soli. E molti di più di quanto non fossimo stanotte. Siamo noi. Il 99 per cento, presenti oggi come ieri. Siamo il nero, il bianco, la casalinga, il docente, ma anche lo stesso impiegato di Wall Street che arriva la sera dopo l’ufficio e quel rosso irlandese che stasera è arrivato con i panni da manovale dicendo: “Sono con voi per Dio, che gentaglia è questa! Se ne vadano a quel paese, pagliacci!” e si è messo in fila con noi per rientrare nel parco».
Una volta dentro, sono ricominciati i tamburi, l’offerta di cibo dai ristoranti della zona, sono riapparsi i garzoni con vassoi di panini, pizze e pasta. E i volontari che davano coperte di mylar mentre si spargeva la voce che le chiese circostanti sarebbero rimaste aperte per la notte. Alla prima riunione il microfono umano spargeva per tutto il parco la speranzosa notizia che la biblioteca requisita dalla polizia la notte prima, un patrimonio di quattromila libri, era di nuovo in via di formazione. «Abbiamo già 75 libri», e infatti proprio vicino a me tre ragazzi erano seduti accanto a una pila di libri protetti dalla pioggia sottile sotto un telo di plastica trasparente. Ellen, una delle bibliotecarie professioniste che ha donato il suo tempo per organizzare la biblioteca in questi due mesi, mi ha spiegato che Bloomberg ha promesso che i libri verranno restituiti già domani, però poi è arrivata la terribile notizia che solo 25 scatole di libri sono disponibili e che i laptop sono distrutti. Se ne va nell’inceneritore cittadino l’archivio di una parte dei due mesi di storia della nostra strordinaria città e la testimonianza della speranza, i libri, in una generazione cui viene rimproverato di non leggere più, vengono dati al macero. Di nuovo, come in ogni periodo buio che si rispetti.
Quello che è successo a New York l’altra notte è un insulto alla democrazia e alla libertà. Ai giornalisti non è stato dato il permesso di testimoniare lo sgombero di Zuccotti Park. Anche i cieli di Manhattan erano off limits per gli elicotteri dei media. E connivente il sindaco che, quale dodicesimo uomo più ricco d’America, non può per antonomasia ricevere la fiducia della gente di Occupy Wall Street e le vacuità nelle sue promesse è tanto dolorosa quanto ovvia.
Ancor più dolorosa l’assenza di Obama, che qualche tempo fa disse in un intervista di comprendere la frustrazione espressa dagli indignati di Occupy Wall Street e che era quella di chi si sentiva separato dal proprio governo.
Ebbene, signor presidente, lei come si sente?

 

- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO

Ultima modifica: stampa

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *