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Italia in saldo per multinazionali estere

Dal vertice europeo è emerso di nuovo il dispotismo tedesco, corretto qua e là da elementi tesi più che altro ad abbassare la tensione che a risolvere i problemi. Tu cosa ne pensi?
Il vertice europeo ha dimostrato che ci sono due ordini di problemi che rimangono in sospeso e pressocché irrisolti: primo, tra “fondo salva stati” e Bce, non è chiaro se queste istituzioni avranno uno i mezzi e l’altra il mandato politico per potere contrastare le vendite al ribasso che sicuramente proseguiranno nel corso delle prossime settimane e nei prossimi mesi. Il vertice è stato sotto questo aspetto assolutamente ambiguo e opaco e questo non fa altro che aizzare gli scommettitori. Il secondo problema è che le vendite al ribasso sicuramente si intensificheranno dal momento che dal vertice europeo l’unica cosa che è emersa con chiarezza è l’accentuazione del profilo restrittivo delle politiche di bilancio. Cioè di fatto, il vertice stabilisce che a seguito del pareggio di bilancio e a seguito dell’acquisizione delle sanzioni automatiche verso i paesi che non lo rispettano i singoli paesi saranno costretti ad intensificare l’autmento dei tagli alla spesa e l’aumento delle tasse. La conseguenza sarà molto semplice, si ridurranno le capacità di spesa delle famiglie e le propensioni agli investimienti, l’occupazione e la produzione. Crolleranno i redditi e di conseguenza diventerà più difficile rimborsare i debiti sia pubblici che privati. In questo scenario è evidente che gli speculatori sono indiotti a vendere.

Quale ruolo ha giocato il presidente Mario Monti?
Per quanto riguada la linea del governo Monti purtroppo dobbiamo rilevare che ha scelto di assecondare pressoché integralmente la linea tedesca che si è imposta al vertice europeo. L’unica razionalità che potremmo rilevare in questa scelta dovrebbe prevedere il seguente scambio: a fronte delle maggiori restrizioni a carico dell’Italia la Germania si renderebbe disponibile a mutare il quadro di politica economica europea in senso espansivo e non più restrittivo. Solo in questa logica di scambio politico la linea politica italiana potrebbe avere un senso ma questo scambio non lo vediamo. E quindi l’unica spiegazione che riusciamo a darci è che di fatto allo scenario di recessione ci si è rassegnati e che i gruppi dominanti cercheranno di scaricare i costi sui soggetti più deboli.

Appunto, ormai scaricare sugli ultimi è l’unica cosa che mette d’accordo centrodestra e centrosinistra…
Di fatto ci troviamo al cospetto di uno scontro tra capitali che è fondamentalmente lo scontro che avviene tipicamente nelle fasi di crisi dell’accumulazione capitalistica. Nello scontro tra capitali in atto ci troviamo di fronte ai capitali situati nelle aree centrali che riescono a gestire la crisi ecnoomica con minor disagio dal momento che la liquidità si trova prevalentemente nelle loro mani. E la liquidità consente di prendere tempo. E invece i capitali situati nelle aree periferiche sono prevalentemente indebitati. Quello che sta avevnendo di fatto è che soprattutto nelle aree periferiche del continente i capitali cercano di scaricare le difficoltà riducendo il costo del lavoro e dello stato sociale fino a i loro minimi termini. La cosa più inquietante è che questa strategia, già di per se drammatica, potrebbe in ultima istanza rivelarsi fallimentare perché non fa altro che accentuarare il profilo della crisi e rischia di condurci in quella che viene indicata come una deflazione da debiti nella quale i capitali più fragili sono destinati comunque a soccombere. E ce ne accorgeremo presto, perché è probabile che di qui a poco cominceranno a verificarsi nuove acquisizioni bancarie.

Cambiamo argomento, la Cina sul fronte dell’economia verde ha dato una bella sterzata.
Se vi fossero le forze sociali e politiche in grado di compiere una svolta agli indirizzi di politica economica si potrebbero creare condizioni per costituire quello di cui abbiamo assolutamente bisogno e cioè un motore pubblico dello sviluppo economico europeo fondato su investimenti pubblici nella produzione di quelli che possiamo definire beni collettivi. Vale a dire quei beni che contribuiscono in modo fondamentale al progresso civile e sociale ma che tipicamente sfuggono alla logica ristretta dell’impresa privata. Nella produzione di beni collettivi rientra senz’altro ai primi posti il tema della riconversione ecologica e della salvaguardia dell’ambiente ma è solo a seguito di un massiccio intervento pubblico nell’economia che possiamo considerare la cosdetta rivoluzione verde una possibilità concreta,. Se il sistema resta nelle mani dei capitali privati e nella logica del profitto la rivoluzione verde resta una chimera.

Da controlacrisi.org

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