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Sicilia, Comunisti e forconi

La sinistra che legge il Manifesto e Liberazione è critica verso il movimento dei forconi che sta scuotendo dalle fondamenta la Sicilia. Le organizzazioni sindacali dei lavoratori a cominciare dalla mia CGIL esprimono giudizi negativi e  dubbi dietrologici sul cui prodest del movimento che accomuna contadini operai disoccupati autotrasportatori. 

Insomma il mondo ufficiale della politica e del sindacato prende le distanze e, con la puzza sotto il naso, condanna. A mio parere commette un errore che non sarà perdonato perchè sta producendo strappi ed amarezza. C’è amarezza in coloro che sono costretti ad usare l’auto o il camion per raggiungere il lavoro o per spostarsi o per vendere i propri prodotti. Una cosa è l’impatto del prezzo della benzina a Vigevano altra e ben diversa cosa è a Ragusa. I prodotti agricoli siciliani si debbono spostare per centinaia e centinaia di chilometri per raggiungere i mercati ed i costi sono diventati insopportabili. Inoltre, come diceva oggi un contadino per la prima volta intervistato dalla TV fellona e disonesta che soltanto oggi comincia a dare conto della agitazione, i prezzi dei prodotti agricoli sono inferiori a quelli di trenta anni fa.

Gli oligopoli delle catene di distribuzione spremono fino all’osso i produttori e li condannano alla fame. Molti hanno l’alternativa o il suicidio o la rivolta. E’ una caratteristica dell’agricoltura odierna controllata dalle multinazionali spingere i contadini, i coltivatori diretti al suicidio come avviene in India e altrove. Il mercato globalizzato senza regole è dominato dalle multinazionali che impongono la loro legge senza alcuna pietà per nessuno.
Qualcuno si lamenta che il movimento dei forconi è controllato o ispirato dalla destra. In politica e nella società i vuoti non restano tali a lungo. Se la “sinistra” diventa liberista, perbenista, educata, collaborativa con il potere la società non sta ad aspettarla che finalmente si accorga dei problemi che vengono a maturazione. Ora esprimere giudizi sprezzanti ideologici e salottieri sul movimento non farà bene a nessuno. La Sicilia tagliata fuori da Moretti dal sistema ferroviario nazionale ed europeo ed ora oppressa da un prezzo enorme, patologico dei carburanti non si lascerà morire di fame e di inedia. Quello che accade oggi è il prologo di una stagione di grandi e pericolose agitazioni che, in assenza di forze politiche in grado di capire e di guidare, rischiano di avere sbocchi assai gravi. L’agitazione di oggi segna anche il fallimento dell’Autonomia Siciliana diventata  un Palazzo
di ingordi sazi e privilegiati oligarchi tutti con il grado equipollente a quello di senatori della Repubblica. La regione è un buco nero, una terribile idrovora delle risorse a vantaggio di una casta di privilegiati. La Regione è un fallimento prima che politico morale e se non esistesse sarebbe meglio per tutti.

 

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Forconi spaccati e «fuori controllo»
Elena Di Dio

Le scuole e il centro sociale della sinistra studentesca di Palermo con il movimento
PALERMO
Il folklore, la rabbia, le accuse, i dubbi e le insinuazioni di infiltrazioni criminali, su cui si è speso il presidente di Confindustria Sicilia Ivan Lo Bello, trovando conferma anche dal procuratore capo di Palermo, Francesco Messineo che considera «giustificato l’allarme».
Tutto si può dire e registrare della rivolta che da lunedì 16 gennaio infuoca le piazze, le strade di accesso, i porti e le autostrade siciliane. Che blocca l’ingresso e le uscite dai petrolchimici dove si raffina il 50% del prodotto petrolifero distribuito in tutta la penisola. Tutto si può dire tranne che non sia una rivolta di popolo. Basta sentire le parole del presidente della Regione siciliana, Raffaele Lombardo, a conclusione dell’incontro che ieri ha portato a palazzo d’Orleans la delegazione di 24 animatori del movimento dei Forconi. Sono autotrasportatori, pescatori, agricoltori e allevatori a cui si sono aggiunti in questi giorni, tutte le più piccole organizzazioni datoriali, le scuole e persino, ieri mattina a Palermo, gli studenti di Anomalia, centro sociale della sinistra studentesca che ha annunciato l’adesione al movimento rintuzzando le polemiche di chi vede tra gli ispiratori della rivolta la regia di Forza Nuova, che sicuramente ha aderito al progetto.
Raffaele Lombardo è stato sibillino dopo il colloquio con i capi delegazione, ma ha espresso un dato che in se implica la necessità di una riflessione puntuale e anche una latente preoccupazione: «Li ho incontrati perché mi avevano detto che erano i promotori della protesta ma mi sono reso conto, perché lo hanno detto anche loro, che ormai parecchi dei manifestanti vanno per i fatti loro: non li controllano». Non si controlla una marea di cinquantamila persone («trentamila sono agguerriti» dice Martino Morsello, uno dei leader) che da Vittoria a Sciacca fino a Messina per continuare con Gela e Palermo stanno paralizzando una intera regione. E che sono riuscite, qui sì grazie all’attività di spamming sui social network di Facebook e Twitter del movimento ufficiale, a coinvolgere una platea vastissima. Non è un caso che oltre lo Stretto, nel reggino, si registrino blocchi autostradali e che addirittura la prossima settimana nell’altra grande isola, la Sardegna, si replicherà la medesima protesta. L’incontro con il governatore non è andato bene. Nel senso che i leader del movimento dei Forconi non hanno ottenuto tutte le rassicurazioni che chiedevano e che costituiscono la piattaforma sindacale di questa protesta. È a Roma, concordavano un po’ tutti, che bisogna tornare.
Già nel 2000 gli autotrasportatori dell’Aias, guidati da Giuseppe Richichi presente anche ora nel movimento di protesta, erano riusciti a ottenere un incontro con l’allora ministro per lo sviluppo economico Pierluigi Bersani a cui proponeva le medesime rivendicazioni: defiscalizzazione delle accise petrolifere ed elettriche in una regione che paga già un pesante tributo ambientale per la presenza degli insediamenti petrolchimici, sconti sulle Rc auto per le categorie professionali coinvolte. A queste si sono aggiunte altre domande: il blocco delle procedure Serit-Equitalia per allevatori, agricoltori, autotrasportatori e pescatori che hanno dichiarato fallimento, la rimodulazione del piano di sviluppo rurale e il rilancio dell’agricoltura che nonostante sia il settore che impiega il numero più alto di persone e sostanzia il Pil regionale, è al tracollo.
Dichiara Franco Grupi, fra i fondatori del movimento dei Forconi: «Chiediamo di sapere dove sono finiti i 2 miliardi di euro assegnati dall’Unione europea all’agricoltura siciliana e non ci vuole un genio a capire che se questi soldi fossero stati usati bene, l’agricoltura siciliana non sarebbe al collasso». La denuncia degli agricoltori siciliani, in questo senso, è diretta: la gestione delle misure europee destinate al comparto agricolo esclude quasi sempre i piccoli agricoltori privilegiando le grandi aziende.
Richichi, patron dell’Aias, l’associazione degli autotrasportatori, ha annunciato lo stop alla protesta oggi a mezzanotte, come previsto sin dall’inizio. Ma il movimento dei Forconi resta attivo, assicura. Pescatori e contadini sono invece per proseguire a oltranza. Lo sciopero va avanti, dice il loro leader Martino Morsello. E lo spettro degli incontrollati torna a farsi vivo.
da “il manifesto”

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