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Il boicottaggio petrolifero europeo può davvero mandare a picco l’Iran?

L’Iran vende il 18 per cento del suo petrolio verso l’Europa, e Grecia, Italia e Spagna sono particolarmente dipendenti da esso.
Anche l’Europa vende annualmente all’Iran beni per quasi 12 miliardi di dollari, e questo probabilmente cesserà, poiché per l’Iran non vi sarà alcun modo di pagare per questi beni.
Alcuni in Europa temono che la politica  muscolare del nord Europa, del Regno Unito, Francia e Germania, contro l’Iran sia destinata a peggiorare la crisi economica dei paesi del Mediterraneo meridionale, come la Grecia.
Altri ritengono che il programma di arricchimento nucleare iraniano stia ancora ad uno stadio primitivo, e che le accuse contro l’Iran alla ricerca di una testata nucleare siano solo una montatura propagandistica.
Circa il 60% del petrolio iraniano va ora ai paesi asiatici, soprattutto a Cina, India, Corea del Sud e Giappone.
Cina e India non hanno annunciato piani per ridurre gli acquisti di greggio dall’Iran, e la Corea del Sud afferma che chiederà una deroga agli Stati Uniti in modo da continuare a importare.
Il Giappone dichiara che ha in programma di ridurre le importazioni dall’Iran solo molto lentamente.
Iran e India hanno appena raggiunto un accordo per cui gli scambi commerciali con l’Iran avverranno in rupie, per eludere le sanzioni degli Stati Uniti. Aziende indiane stanno considerando come riempire lo spazio nelle esportazioni verso l’Iran pari a 8 miliardi di dollari lasciato libero dalle sanzioni occidentali (alcune cercano di non essere tagliate fuori dall’esportare anche negli Stati Uniti, come sarebbero se venissero applicate sanzioni a loro, che non sono parte in causa).
Le pressioni dell’Europa sull’Iran non saranno esercitate fino a giugno, e quindi ci sarà un incontro a maggio per valutare la situazione (cioè per assicurarsi che la Grecia non verrà affondata, insieme con l’economia europea, da queste prese di posizione).
Vi è qualche indicazione che gran parte dell’Europa spera che l’Iran si renda più disponibile con l’Europa sulla questione nucleare, in modo da prevenire queste misure drastiche.
Anche se un boicottaggio europeo del petrolio iraniano penalizzerà la bilancia commerciale dell’Iran, e offenderà l’opinione pubblica iraniana, e anche se sta già danneggiando il valore della valuta iraniana, è altamente improbabile che impedirà all’Iran di esportare sul mercato mondiale o che eserciterà  tanta pressione sul governo da fargli cambiare le sue politiche.
Per ridurre l’Iran nell’impossibilità di vendere il suo petrolio, l’offerta mondiale dovrebbe superare la domanda mondiale di circa 2,5 milioni di barili al giorno. Questo risultato potrebbe essere prodotto o da una caduta della domanda mondiale (in genere, a seguito di un’ulteriore decrescita economica) o da un aumento dell’offerta mondiale (il che richiede che tutti gli attuali produttori continuino ad esportare almeno alla presente velocità, e che alcuni di loro esportino molto più di quanto stanno facendo).
L’Organizzazione dei Paesi Esportatori di Petrolio (OPEC) si aspetta che la domanda mondiale di petrolio effettivamente aumenti nel 2012 di circa 1 milione di barili al giorno, fino ad arrivare complessivamente a 89 milioni di barili al giorno.
Probabilmente si riscontrerà una domanda un po’ superiore all’offerta nel mercato mondiale, con la Cina e altri paesi asiatici ancora in forte crescita, e il numero di automobili e camion sulle strade dell’Asia in rapido aumento.
Se i 2,5 milioni di barili al giorno dell’Iran dovessero davvero essere ritirati dal mercato mondiale, questo comporterebbe  un deficit totale di 3,5 milioni di barili al giorno (se si tiene conto del previsto aumento della domanda), che potrebbe portare alle stelle i prezzi del petrolio.  
L’Europa sembra sperare che l’Arabia Saudita pomperà un extra di 2,5 milioni di barili al giorno per mantenere i prezzi stabili, se tutti smettono di acquistare petrolio iraniano. Ma poiché la domanda probabilmente aumenterà quest’anno, l’Arabia Saudita dovrebbe pompare 3,5 milioni di barili al giorno per soddisfare il deficit totale.
Questo tipo di aumento della produzione su basi durature probabilmente va al di là delle capacità tecniche dei Sauditi, e molta di questa produzione in eccesso sarà probabilmente “acida” (ricca di zolfo e di altre impurità, e quindi costosa da raffinare).
L’Arabia Saudita sta già pompando circa 10 milioni di barili al giorno, cifra che è insolitamente alta. Che possa estrarre 13,5 milioni di barili al giorno è francamente frutto di fantasia.
Inoltre, è del tutto evidente che l’Arabia Saudita non vuole provocare la caduta dei prezzi al di sotto dei 100 dollari al barile, al momento.
I regnanti sauditi hanno prevenuto le proteste stile “Primavera araba” aumentando di molto la spesa sociale, essenzialmente corrompendo la loro popolazione per ottenerne la tranquillità. Ma per pagare tutta questa benevolenza extra per il loro popolo, hanno bisogno di vendere il petrolio a prezzi eccezionalmente elevati.
Se Riyadh aumenta la sua produzione, e l’Iran continua a trovare clienti in tutto il mondo per il suo greggio, allora il prezzo potrebbe crollare, creando rilevanti buchi di bilancio in Arabia Saudita e rendendo impossibile per il regno continuare a mantenere le sue promesse al popolo. Il che, naturalmente, sarebbe, per usare un eufemismo, pericoloso!
Inoltre, non è possibile far sicuro conto di determinate forniture attualmente presenti sul mercato mondiale. Il Sud Sudan sta minacciando di chiudere i suoi rubinetti per protestare contro i pedaggi elevati (35%) imposti alle sue esportazioni via oleodotto che attraversa il vero e proprio Sudan.
Esiste qualche pericolo di deterioramento degli oleodotti, se non vengono utilizzati per un certo periodo, così che l’immissione di nuovo greggio potrebbe presentare delle difficoltà.
Inoltre, molti produttori di petrolio presentano condizioni di incertezza o devono affrontare controversie di lavoro. Ad esempio, i lavoratori dell’industria petrolifera in Nigeria stanno minacciando di impedire l’esportazione di 2 milioni di barili al giorno sui mercati mondiali.
Altri importanti produttori ed esportatori devono affrontare problemi di aumento di consumi interni, e di cattiva gestione o di mancanza di investimenti nel settore.
Il Messico ha visto le sue esportazioni di petrolio decrescere di un 25% dal 2004, e non può esportare assolutamente petrolio per un decennio, a meno di rilevanti nuovi investimenti nella sua industria petrolifera.
Ogni tanto, è possibile un temporaneo calo dei prezzi del greggio, ma la statunitense agenzia “Energy Information Agency” si aspetta che avverrà una pressione al rialzo sui prezzi del petrolio nei prossimi anni, prevedendo un prezzo sui 120 dollari al barile entro il 2016. (Questo, malgrado un atteso aumento della produzione di petrolio degli Stati Uniti, che probabilmente sarà divorato da un aumento della domanda negli Stati Uniti, al migliorare dell’economia).
 L’eterna tendenza verso prezzi del petrolio più elevati indica che nel prossimo futuro la domanda supererà l’offerta, che è esattamente la circostanza per cui dovrebbe fallire qualsiasi tentativo di boicottaggio del petrolio iraniano.
Tutta l’Europa sarebbe obbligata ad importare il petrolio, ad esempio, dagli Emirati Arabi Uniti, che ora riforniscono principalmente il Giappone, e quindi il Giappone sarebbe costretto ad importare più petrolio dall’Iran, che piaccia o no a Washington.
Si tratta di un gioco delle tre carte, a meno che l’offerta di greggio mondiale ecceda la domanda di 2,5 milioni di barili al giorno per diversi anni, permettendo così al mondo di lasciare il petrolio iraniano in giacimento.
In conclusione, una combinazione di energie rinnovabili e miglioramenti tecnologici su automobili a batteria possono consentire al mondo di alimentare le automobili in modo meno distruttivo che attraverso il petrolio. Ma quel giorno è troppo lontano per essere legato ai tempi del progresso dell’Iran nella conclusione del ciclo del combustibile nucleare.

* Juan Cole è professore di Storia presso l’Università del Michigan. Per tre decenni, ha sviluppato la sua azione di ricercatore per contestualizzare storicamente le relazioni tra l’Occidente e il mondo musulmano.
Il suo libro più recente è “Engaging the Muslim World – Coinvolgere il mondo musulmano” (Palgrave Macmillan, marzo, 2009) e da poco ha pubblicato “Napoleon’s Egypt: Invading the Middle East – Napoleone in Egitto: l’invasione del Medio Oriente (Palgrave Macmillan, 2007).
È stato ospite fisso su “News Hour” della Public Broadcasting Service PBS, ed è anche apparso su “Nightly News” della ABC, “Nightline”, su “Today Show”, “Colbert Report”, “Democracy Now!” e ha rilasciato interviste stampa e radiofoniche su mezzi di informazione a larga diffusione.
Ha trattato problematiche relative ad Egitto, Iran, Iraq, e Asia meridionale.
Ha commentato ampiamente su al-Qaeda e i Talebani, la guerra in Iraq, la questione politica fra Pakistan e Afghanistan, ed ha analizzato le lotte interne e gli affari esteri dell’Iran.
Ha una rubrica fissa su “Truthdig.com”.
Continua a studiare e scrivere sui movimenti islamici contemporanei, siano essi tradizionali o radicali, sia sunniti che salafiti o Shi `ite.
Cole ha padronanza della lingua araba, persiana e urdu e legge anche in lingua turca, conosce l’Islam sia del Medio Oriente che dell’Asia meridionale. Ha vissuto in varie parti del mondo musulmano per quasi 10 anni, e continua a viaggiare e mantenere contatti in questo ambito.  

Alcuni commenti all’articolo

dsmith commenta:  24/01/2012 – 7:54 am
Ma che cosa pretendono dall’Iran gli Stati Uniti, Israele e l’UE?
Ho letto recenti articoli che indicano che l’AIEA (Agenzia internazionale per l’energia atomica) sta monitorando i laboratori nucleari dell’Iran, e che l’Iran è disposto a discutere delle sue ambizioni nucleari, ma gli Stati Uniti, blanditi dalla lobby israeliana, non risponderanno. Qual è la linea di fondo? Sono gli Stati Uniti ad esigere che l’Iran cessi qualsiasi progresso, anche di basso spessore, in campo nucleare, per porre fine al boicottaggio?
Quando si considera la demonizzazione attuale dell’Iran, si ritorna col pensiero ai giorni e alla retorica del pre-invasione dell’Iraq, quando gli Stati Uniti non avrebbero comunque accettato un SI per risposta ad una qualsiasi loro provocatoria richiesta.

onemorecraig commenta:  24/01/2012 – 9:30 am
Ciao Juan, consultando notizie dal Canada ho letto che la decisione dell’UE è di “non nuove” importazioni, non di un “cessate le importazioni” di petrolio iraniano. Il risultato sono solo buoni titoli di testa, ma di poca o nessuna conseguenza reale, in termini di sanzioni.

John Goekler commenta:  24/01/2012 – 10:41 am
John Robb (di Global Guerrillas / Brave New War) ha pubblicato un documento sul suo nuovo sito resilientcommunities.com  che discute di questo.
Le sue conclusioni: 1. Le sanzioni sconnettono gli Iraniani dall’economia globale, attenuando così per gli aggressori l’impatto di una guerra contro l’Iran. 2. Le sanzioni provocano accelerandolo il decadimento sociale ed economico in Iran, il che rende molto probabile l’avvio di un conflitto.
In buona sostanza: “Sarà un disastro globale, e in stretta associazione, non sarà per noi una passeggiata.”
collegarsi con resilientcommunities.com

WeiShi commenta:  24/01/2012 – 10:54 am
Sono arrivato alla conclusione che le sanzioni di questo tipo rafforzano il regime, in quanto l’unica istituzione finanziaria che continua ad esistere in una situazione del genere è la Banca centrale, e gli unici scambi possibili sono solo quelli autorizzati e organizzati a livello governativo. La rivoluzione iraniana in origine è stata trainata in parte dal potere del “bazar”, indipendente dallo Scià.. Queste sanzioni stanno distruggendo la possibilità di sviluppo in Iran per una qualsiasi struttura alternativa al potere.  

daryoush commenta:  24/01/2012 – 1:18 pm
Un fattore da considerare è che l’economia iraniana è stata privatizzata. Eventuali pressioni sui mercati creerebbero nuovo vincitori e vinti. Gli affari inseguiranno le nuove opportunità. Il gioco cambia, ma la partita non è finita.
Con tutte le ispezioni dell’AIEA, le attività di spionaggio, perfino in presenza dell’evidente facilità con cui in Iran vengono uccisi gli scienziati nucleari, si deve presumere che se ci fosse una sola prova effettiva del programma di armi nucleari, questo avrebbe invaso il mondo delle informazioni.. Se non ci sono programmi di armi nucleari, allora dobbiamo concludere che l’Europa è disposta a sacrificare il proprio interesse economico per qualche altro progetto strategico. Questo non depone bene per il futuro della democrazia, in quanto i governi dovrebbero rappresentare gli interessi del loro popolo. Una “Primavera in Europa” dietro l’angolo?

rmdw commenta:  24/01/2012 – 3:15 pm
Può qualcuno, là fuori, farci sapere, a sua compiacenza, l’ultima data di un’invasione da parte di una forza armata militare schierata dall’IRAN oltre i confini di una nazione sovrana? Si prega di non includere qualsiasi altro tipo di incursione, come ad esempio, l’infiltrazione di agenti, spioni, ecc., che questa roba la fa ogni paese. Grazie, rmdw

Juan risponde:  25/01/2012 – 1:43 am
Karim Khan Zand ha attaccato la Bassora ottomana nel 1775
vedere iranicaonline.org

spyguy commenta: 24/01/2012 at 6:27 pm
Come documenta molto bene il professor Cole, il mondo è in perfetto orario per il “picco del petrolio mondiale” intorno al 2020. Cioè quando la produzione totale mondiale di petrolio sarà nella parte discendente della curva di Hubbard.
In altre parole, l’Iran ha dato scacco matto agli Stati Uniti e Israele.
Nel corso del prossimo anno, diventerà sempre più evidente che gli Stati Uniti non avranno alcun potere di azione quando Iran e Israele diventeranno sempre più paranoici.
Come osserva il professor Cole, i Sauditi hanno zero capacità di produrre più petrolio. Infatti, tutti i dati di produzione degli ultimi cinque anni indicano che i Sauditi sono al picco della produzione e da questo punto in avanti la loro produzione non aumenterà, ma anzi declinerà proprio come in ogni altra zona di produzione, seguendo la curva di Hubbard.
Le cose stanno procedendo verso una grande instabilità!

robert commenta:  25/01/2012 – 12:01 am
Obama è anche disposto a vedere salire alle stelle i prezzi del gas e del petrolio e ad assistere a tante morti in guerra di Statunitensi  per compiacere gli estremisti israeliani e i neo-conservatori. Egli sacrifica il nostro interesse nazionale per una agenda che non capisco. Una guerra contro l’Iran avrà molte conseguenze negative, tra cui un aumento dell’antisemitismo.

24 gennaio 2012

http://www.juancole.com/2012/01/15401.html

(Traduzione di Curzio Bettio di Soccorso Popolare di Padova)

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