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“Soggettività e organizzazione dentro il conflitto”

La Conferenza annuale dei militanti e degli attivisti della Rete dei Comunisti ha l’obiettivo di mettere a bilancio critico il lavoro svolto da aprile dello scorso anno ad oggi e di impostare gli assi strategici del lavoro dei prossimi mesi fino al nuovo appuntamento annuale.

Alla nostra organizzazione serve ormai una discussione profonda e capillare che consenta a tutti i militanti e gli attivisti di avere il quadro generale del funzionamento dell’organizzazione e di come questa agisce concretamente nel conflitto di classe sul piano politico, sindacale, sociale, comunicativo, culturale nella ricostruzione di una soggettività comunista organizzata e attiva” recita il documento politico di convocazione della Conferenza.

Non possiamo nasconderci che il nodo della soggettività, del come una organizzazione comunista agisce effettivamente nella realtà, di come intende far crescere la propria influenza politica e teorica, di come aggrega nuovi militanti e attivisti, di come svolge un ruolo dinamico nel conflitto sociale e nella vita politica del paese (per quanto esso possa essere limitato), rimane il punto da cui far derivare il confronto e la crescita dei compagni e delle compagne che hanno costruito in questi anni la Rete dei Comunisti”.

Relativamente al nodo della soggettività, viene annunciato il secondo Forum su “Partito e Organizzazione” in cantiere per primavera, che – secondo la Rete dei Comunisti – consentirà di riprendere e approfondire l’elaborazione politica e teorica avviata e di mettere a confronto con altre tesi la concezione della “funzione di massa” a cui dovrebbe aspirare una organizzazione di quadri comunisti che agisce nella realtà italiana ed europea del XXI Secolo”.

Nel documento si riafferma la concezione di un progetto politico che, come è noto, è stato delineato sulla base di tre fronti distinti: strategico, politico e sociale e che “sembra ancora reggere alla verifica della realtà, ma, spesso, non possiamo negare che le accelerazioni della realtà stessa e la accentuata politicizzazione di tutti i processi sociali in corso, costringono a mettere a verifica” “In questo stretta connessione tra teoria e prassi, sta ancora il punto di forza di una esperienza, originale ed inedita anche se confrontata alle stesse modalità classiche del movimento comunista internazionale, come la Rete dei Comunisti”.

La prima Conferenza nazionale del 25 febbraio si appresta dunque a discutere molto dell’organizzazione, di come si è strutturata, di come funzionano politicamente le varie strutture e di come hanno agito nei vari settori di lavoro: Il ruolo dei compagni della RdC nel lavoro di massa sociale, sindacale e politico, gli strumenti di comunicazione (giornale, rivista, radio), l’attività internazionalista, la formazione teorica, l’ambiente, l’intervento nel settore giovanile e studentesco ovvero i settori di lavoro decisi alla terza assemblea nazionale della Rete dei Comunisti svoltasi nell’aprile dello scorso anno.

Sulla fase politica la Rete dei Comunisti, centra la attenzione soprattutto sulla dimensione europea dei processi incorso ritenendo che sia ormai evidente come “le classi dominanti in Europa stiano utilizzando la crisi in corso per rafforzare tutti gli apparati economici, finanziari, politici e militari per affrontare l’accentuarsi della competizione globale con le altre aree monetarie ed economiche intorno alle quali si vanno ri/definendo i vari poli imperialisti in competizione.

L’accelerazione dei processi di concentrazione e centralizzazione politica e finanziaria nell’Unione Europea sono funzionali a questo obiettivo. E’ indubbio che in tale processo un ruolo di punta venga svolto dal grande capitale tedesco che fa convergere intorno a sé i maggiori gruppi capitalisti francesi, italiani e di altri paesi minori, assumendo tendenzialmente le caratteristiche di un capitalismo europeo integrato all’interno e quindi adeguato per “internazionalizzarsi”, anche in forme più aggressive, sul piano globale”.

La vicenda greca, secondo la RdC, è indicativa della relazione che il rafforzamento del “centro” imperialista europeo intende stabilire verso i paesi più deboli dell’area. “Come tutti i processi anche questo non avviene linearmente ma attraverso scontri e contraddizioni che dislocano, comunque, in avanti gli obiettivi da raggiungere. L’unica certezza è che persistono aree economicamente più deboli dell’Europa che verranno sacrificate a tutto tondo da questo processo di gerarchizzazione e verticalizzazione dell’Unione Europea. I paesi dell’area dei Piigs sono destinati a diventare una periferia interna con un sistema di salari, condizioni lavorative, welfare state e prezzi ridotti con le liberalizzazioni e la concorrenza selvaggia funzionale alla competizione globale. L’innalzamento relativo degli standard sociali nei paesi dell’Europa dell’Est (anche qui oggi rimesso in discussione dalla crisi) e l’abbassamento di quelli dei Piigs, devono trovare un loro punto di equilibrio al ribasso che consenta al “nucleo duro” europeo di poter disporre di tutti gli strumenti per cercare di ricostruire i margini di accumulazione necessari alla tenuta dell’assetto imperialistico. La destrutturazione delle economie dei Piigs, dei residui della presenza dello Stato nell’economia, ha la necessità di procedere sulla strada delle privatizzazioni e della rottura di ogni rigidità salariale o contrattuale del lavoro”..

Netto è il giudizio sul governo Monti, al quale le classi dominante hanno affidato il lavoro sporco.

Occorre segnalare – sostiene il documento politico della RdC – come Monti disponga di un margine di manovra migliore di quello della Merkel e di Sarkozy che devono fare i conti con le elezioni alle porte, mentre Monti – al momento – non ha di questi problemi e non deve rendere conto, almeno immediatamente, a nessun elettorato. Tale “punto di forza” di Monti, è stato sottolineato di recente dal Financial Times ed è alla base della “speciale attenzione” che la stessa amministrazione Usa riserva al primo ministro italiano, il che spiega anche la speciale relazione tra Monti e la Gran Bretagna dentro le storiche e crescenti divaricazioni che questa sta accentuando nel suo rapporto con Francia e Germania sui nuovi Trattati Europei.

Se queste osservazioni sono realistiche, significa che lo scenario politico più probabile con cui dovremo fare i conti in Italia nei prossimi mesi, sarà quello di un governo che andrà avanti fino alla fine della legislatura (2013) e che utilizzerà questa condizione di sospensione della democrazia rappresentativa (pienamente legittimata da Napolitano) per avanzare nel “lavoro sporco” sul piano economico e sociale. Il segnale inviato ai sindacati Cgil Cisl Uil sul versante attinente il metodo della concertazione la quale non sarà più interpretata come un passaggio obbligato per i governi, è indicativo”.

Una attenzione particolare viene rivolta ai conflitti sociali esplosi di recente in settori diversi da quelli tradizionali del lavoro salariato o organizzati contrattualmente, conflitti che sono la risultante del “processo di destrutturazione delle classi medie, una parte delle quali vengono proiettate verso una condizione di “proletarizzazione” dalle misure fiscali e dalle liberalizzazioni imposte dal governo (taxisti, autotrasportatori, coltivatori diretti, piccoli imprenditori etc.) ma anche dalla brusca restrizione delle politiche del credito da parte del sistema bancario”. Il documento sottolinea anche delle preoccupazioni, perchè “in questi settori investiti dalla crisi e dalle misure imposte dall’Unione Europea, può radicalizzarsi un movimento reazionario di massa che fino a ieri agiva solo sul piano ideologico ed elettorale (questi soggetti erano infatti gran parte del blocco sociale berlusconiano e sono da sempre bacino elettorale della destra), ma che oggi può diventare anche “movimento” nel senso delle piazze, delle strade, del territorio e del “territorio politico e sociale” in cui siamo chiamati ad agire” ragione per cui “senza una analisi chiara e una azione conseguente sul piano politico, sociale e sindacale, tale situazione non può che peggiorare.

I ceti medi sono stati “proletarizzati” loro malgrado e sul piano ideologico si rifiuteranno fino all’ultimo minuto di percepirsi come tali e di guardare quindi a possibili alleanze sociali con i lavoratori salariati o con istanze collettive non corporative” soprattutto se a questa “identità spuria e bastarda”, anche sul piano ideologico, non si palesano alternative forti sul profilo identitario, ideologico, organizzato e conflittuale. Secondo la Rete dei Comunisti “La ricostruzione, , un blocco sociale anticapitalista dopo una infernale spirale di competizione al ribasso, dovrà fare i conti con un passato recente di scontri e divaricazioni di interessi, il quale potrà essere superato in avanti solo attraverso una nuova connessione politica e sociale contro i comuni avversari ben oltre ogni nicchia corporativa e/o territoriale”.

Sui movimenti come i Forconi la RdC ritiene che “è stato un errore, come ha fatto gran parte della sinistra, esorcizzare i movimenti sociali “spuri” messi in campo in Sicilia o in altre aree dai ceti medi proletarizzati dentro i quali è forte una ideologia reazionaria e individualista. Negli anni ’70 si poteva giocare e si è giocata la carta del movimento operaio organizzato e della sua egemonia nella società. Ma nel XXI Secolo, dopo i decenni delle grandi ristrutturazioni a scala globale, questa carta – e soprattutto la sua egemonia – è stata profondamente destrutturata dalla frammentazione di classe e dal disarmo ideologico introdotto dai partiti della sinistra e da Cgil Cisl Uil”.

Nel percorso sul quale la prima Conferenza nazionale della Rete dei Comunisti è chiamata a discutere per delineare l’azione politica dei prossimi mesi, viene ribadito che “non dovremmo discostarci dalla linea di condotta seguita in questi anni e cioè l’eventuale sostegno solo a candidati o liste chiaramente alternative e indipendenti da ogni forma di alleanza e di subalternità con il Pd.

La funzione della RdC non può che essere quella di favorire la polarizzazione politica piuttosto che la sua ricomposizione dentro alleanze che hanno corrotto politicamente e culturalmente le esperienze della sinistra alternativa spezzando in più punti la relazione con il blocco sociale anticapitalista”. Sul piano strategico riteniamo che sia ancora del tutto inadeguato il dibattito e il confronto sulla riunificazione delle forze comuniste nel nostro paese. Da un lato si consolida la frammentazione dentro e fuori Prc e PdCI, sia tra correnti sia tra le nuove formazioni che sono nate. Dall’altro questa discussione continua a prescindere da qualsiasi confronto di merito sui nodi strategici, sulle novità intervenute e prescinde da qualsiasi bilancio autocritico. Il fronte della rappresentanza politica continua a offrire spazi reali, accentuati dalla crisi e da come questa scompone, distrugge e ricompone la rappresentanza politica dei settori sociali in lotta per sopravvivere o per affermarsi come egemoni. Da un lato serve accumulare le forze in alleanza con altre soggettività; dall’altro non possiamo che agire affinché un pezzo della sinistra e dei movimenti rompano con il politicismo e sintonizzino la loro azione con i settori popolari sulla base dell’autonomia e dell’indipendenza.

Il documento entra poi nel merito delle proposte di lavoro a tutto campo – da quello sindacale a quello metropolitano, dall’attività internazionalista all’informazione. Ma questo attiene al dibattito interno al quale tutti i militanti e gli attivisti vengono chiamati a dare un contributo concreto nella Conferenza nazionale del 25 febbraio.

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