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Qual è la verità in Siria?

E’ l’anno 2000 quando il trentaquatrenne Bashar Al Assad prende il posto del defunto padre Hafiz Al Assad alla guida della Siria. Hafiz aveva governato il paese a partire  dal 1970, applicando con convinzione le idee del partito Baath e governando con  il pugno di ferro del potere assoluto. Bashar fu giudicato troppo giovane ed inesperto quando fu chiamato alla sua successione. In ogni caso, in questi 12 anni, egli ha continuato in modo lineare a governare la Siria secondo le linee direttrici disegnate da suo padre.

Da più di un anno ormai si parla di “ primavera araba”, la stagione che ha segnato la fine di numerosi regimi arabi. Quello di Assad in Siria non è ancora caduto, e le notizie che arrivano ogni giorno dalla Siria sono sempre a volte contraddittorie e poco chiare. La Lega Araba ha condannato l’operato del presidente, accusandolo di reprimere con la violenza le manifestazioni dell’opposizione. Recentemente tutti i media occidentali hanno parlato di un massacro nella città di Homs, con la morte di numerosi civili. Per capire cosa sta accadendo davvero in Siria abbiamo raccolto la testimonianza del giornalista Bassam Saleh, corrispondente dell’agenzia Al-Nahar news, che ci offre una riflessione ed una testimonianza alternativa a quella che abbiamo quotidianamente dai media occidentali:

Saleh, da mesi ormai si parla della situazione in Siria. Dopo la caduta di  Ben Ali, Mubarak e Gheddafi, in molti sostengono che a breve finirà il potere di Bashar Al Assad in Siria. Lei concorda con questa analisi? 

“È passato  ormai   un anno da quando  è  iniziata la ribellione in Siria. Questo paese è diverso dagli altri paesi arabi . La Siria non è la Tunisia  né la Libia, e  tanto meno l’Egitto. La rivolta in questo paese dura da più di un anno, e non è riuscita a rovesciare il governo né a cacciare il presidente Assad, malgrado la campagna mediatica  di disinformazione  condotta particolarmente da al Jazeera, emittente del Qatar, per conto di Stati Uniti, Arabia Saudita e di tanti altri. Non credo che a breve vedremo  la caduta  di  Assad. Le forze di opposizione sono deboli, divise, e non rappresentano la maggioranza del popolo siriano. Il governo siriano è ancora ben saldo in sella, ha fatto un referendum sulla nuova costituzione, con cui ha cancellato l’articolo 8  di cui tanto si è parlato all’inizio della rivolta. Il partito Baath perciò non è più l’unico partito guida del paese. Infine ha indetto le elezioni per la prima metà del mese di Maggio prossimo. I milioni di persone che hanno manifestato lo scorso 15 marzo a sostegno dello Stato siriano dimostrano che la caduta è ancora molto lontana”

Dalla Siria arrivano quotidianamente notizie molto contraddittorie. Si parla, ad esempio, delle repressioni ordinate da Assad nella città di Homs, ma anche di spontanee manifestazioni popolari in sostegno allo stesso presidente. Quanto c’è di vero in tutto questo, e cosa sta realmente accadendo in Siria?

“Quello che sta accadendo nel mondo arabo è anche una guerra mediatica, come dicevo prima. Al Jazeera, è uno strumento nelle mani di chi ha il potere economico, e con questo potere  gioca un ruolo di coordinamento e direzione dei  rivoltosi. Basti pensare a tutto quello che è accaduto in Libia, ed alle tante falsità su di essa diffuse da questa emittente. Qualcosa che ci fa ricordare i mesi del 2003 che precedettero la guerra all’Iraq, ed ora  ci si prova con la Siria. Ma i fatti hanno dimostrato che il popolo e l’esercito siriano sono diversi dagli altri. Il popolo siriano ha  la consapevolezza del piano israelo-americano e dei regimi arabi di smantellare l’attuale assetto della Siria. L ‘esercito è unito, e non ha avuto particolari fughe o diserzioni come propagandano i mezzi d’informazione arabi ed occidentali. I fatti purtroppo dimostrano che ci sono dei gruppi armati riconducibili ai Fratelli Musulmani ed ai salafiti che a volte sparano sui manifestanti. A Homs si sono asserragliati in un quartiere nel centro di questa città, causando l’intervento delle truppe governative. Questo non significa affatto una difesa ad oltranza del governo siriano. Semplicemente credo che nessuno stato che si rispetti possa però tollerare dei gruppi armati illegali, peggio ancora se sono armati dall’estero, per rovesciare il governo del paese dentro il proprio territorio. Del resto questi gruppi armati non rivendicano né libertà né democrazia, in Siria. Al contrario vorrebbero, e reclamano, un intervento armato dall’estero per raggiungere i loro obiettivi. Ritengo molto importante il diritto all’autodeterminazione del popolo siriano, senza che vi sia alcuna ingerenza esterna. I siriani di certo saranno capaci di trovare una soluzione politica condivisa per il cambiamento del paese.  Paesi come il Qatar, l’Arabia Saudita, ed altre ‘monarchie del petrolio’, che sono sempre gli ultimi a parlare di libertà e democrazia, devono rispettare la libertà del popolo siriano di decidere in maniera autonoma il proprio futuro”

Un’eventuale caduta di Assad quali ripercussioni avrebbe su tutto il Medio Oriente?

“Penso  sia poco corretto legare il destino di una regione o di un paese alla caduta di un presidente. Il discorso comprende anche l’importanza geopolitica della Siria. Il vero problema non è il regime di Assad, ma è il ruolo della Siria come posizione politica, in opposizione al piano del “grande Medio Oriente”, in mezzo al quale  ci sono gli interessi di controllo delle fonti di energia, quali il petrolio  e le vie del gas. Tutto questo vede uno scontro tra Europa, Usa e Russia. Il controllo e l’egemonia su tutto questo rappresenta la vera questione di quella che viene chiamata “la primavera araba”. La caduta della Siria avrebbe una fortissima  ripercussione sulla causa palestinese, sul Libano e su Israele. Perché la politica estera Usa, sostenuta dall’Ue, che vede nell’Islam politico un possibile alleato di governo nei paesi arabi, potrebbe avere conseguenze molto pericolose. Come è già successo in Afghanistan, quando la Cia armava i Talebani contro l’Unione Sovietica. Non a caso la stessa Clinton in una recente dichiarazione ha espresso un timore (‘stiamo armando dei terroristi’) parlando di movimenti islamici. Penso che un attacco alla Siria non lascerebbe l’Iran indifferente, viste le continue minacce israeliane a Teheran. Credo che la Siria  sia geopoliticamente importante per un equilibrio delle forze nella regione. E’ quindi un dovere delle forze democratiche, amanti della pace e della giustizia, aiutare il governo siriano a trovare una soluzione politica per uscire da questa profonda crisi. E’ anche necessario convincere l’opposizione a sedersi al tavolo nazionale per la riconciliazione ed a partecipare alle prossimi elezioni”

Una della nazioni interessate alla situazione politica siriana è certamente il confinante Libano. Il partito Hezbollah, ben radicato e di notevole influenza politica, non ha mai nascosto di essere appoggiato dalla Siria. Cosa comporterebbe per Hezbollah un’eventuale caduta di Assad?

“Le relazioni tra questi due paesi sono ora organiche e ben definite. Fino a qualche anno fa erano invece pessime. Il vero problema per il Libano è che il destino di questo piccolo paese è ‘nelle mani di altri’, come diceva Talal Salman, direttore ed editore del quotidiano libanese Al Safir. Salman ha anche detto che  ‘i problemi del Libano si discutono sempre negli incontri di diversi ambasciatori, quelli di Arabia Saudita, Siria, Francia e Usa’. Non vi è nessun mistero sugli aiuti siriani a Hezbollah, senza i quali esso non avrebbe potuto liberare il sud del Libano nel 2000, e non avrebbe potuto respingere l’attacco israeliano nel 2006. La caduta della Siria o dell’Iran di sicuro indebolirebbe Hezbollah, e forse rafforzerebbe le forze più reazionarie nel Libano. Questo significherebbe  l’esclusione dallo scenario politico nazionale  di una parte importante della società libanese, gli sciiti, e ci sarebbe la possibilità di una nuova guerra civile. Come vede, tutto rientra nella logica americana del “disordine creativo”. Ma, purtroppo, chi paga è sempre la popolazione civile.”

* Fonte Medarabnews 

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