Menu

La dittatura del premier

Coerentemente con la politica di espropriazione della rappresentanza sindacale e politica delle masse lavoratrici iniziata con la fine della prima repubblica, il partito unico di Alfano-Bersani-Casini si appresta a vibrare il colpo finale alla democrazia italiana, varando in nome e per conto dei poteri forti europei e nazionali una riforma costituzionale che assegna al Presidente del Consiglio dei Ministri il ruolo di unica guida del paese, e relega il Parlamento a mero “voticidio”, ove il voto o è a favore del governo o fa lo stesso.

            Il Corriere della Sera di oggi, edizione on-line, ha pubblicato la proposta provvisoria di riforma costituzionale studiata dai “tecnici” di fiducia di Alfano-Bersani-Casini, che , in nome della governabilità, introducono e/o modificano alcune norme costituzionali e di fatto esautorano il parlamento da ogni funzione che non sia di mera ratifica delle decisioni del Governo…. Pardon del Presidente del Consiglio.

            Innanzi tutto parliamo delle modifiche delle norme meno “impattive” ma sicuramente di non secondaria importanza, ad iniziare dalla riduzione del numero dei parlamentari, che in nome dell’efficienza, e sull’onda di scandali sicuramente veri, ma altrettanto sicuramente non emersi in questo momento per mera casualità ( da Lusi alla Lega, da Emiliano a Vendola, da Scajola e il porto di Imperia a Penati; manca solo Casini e il suo partito, sarà un caso…..?) cavalca l’onda dell’indignazione popolare per alzare il numero di voti necessari all’elezione di un parlamentare, limitando quindi la rappresentanza ai partiti più piccoli già con la riforma costituzionale, che sarà seguita da una nuova legge elettorale che potrebbe limitare ancor di più le possibilità di accesso in parlamento a forze anche di media entità.

            L’abbassamento dell’età per essere eletti al Senato ed alla Camera dei Deputati, e la riduzione da minimo 7 a minimo 5 Senatori per ogni Regione, che di per se sono comunque a mio parere condivisibili, vengono usati come fumo negli occhi, per inserire aggiustamenti difficili da criticare in un impianto criticabilissimo.

            Dal bicameralismo perfetto ora in vigore si passa ad un bicameralismo imperfetto, dove un ramo del Parlamento può apportare modifiche ad una legge approvata dall’altro ramo entro 30 giorni dalla trasmissione della legge stessa alla sua competenza, altrimenti la legge si intende definitivamente approvata, e qualora la modifichi o addirittura la respinga la legge torna (con le modifiche o come trasmessa in origine) al ramo del Parlamento che la aveva approvata e che la approverà in via definitiva, senza più nessuna possibilità di revisione da parte dell’altro ramo del Parlamento.

            Ma il pezzo forte di questa proposta è la riduzione del Parlamento a mero “voticidio” agli ordini del Governo e del suo Presidente del Consiglio.

            Infatti se questa riforma passasse il Governo potrebbe chiedere che un disegno di legge dal medesimo condiviso venga votato entro un termine temporale determinato da esso stesso, passato questo termine se il disegno di legge non è stato votato dovrà essere votato senza la possibilità di presentare emendamenti.

            Il voto contrario di una Camera, o addirittura di tutte e due, ad una proposta del Governo, non impone l’obbligo delle dimissioni al Governo stesso!!!!!!, con buona pace del ruolo centrale del Parlamento eletto dal popolo sovrano.

            Vediamo ora come questa indecente proposta di riforma costituzionale fa di fatto del Presidente del Consiglio dei Ministri il padrone della dialettica democratica, del Parlamento e dei suoi stessi Ministri.

            Intanto il Parlamento non vota più la fiducia al Governo, ma solo e soltanto al Presidente del Consiglio dei Ministri, che viene concessa a maggioranza semplice; il Presidente del Consiglio propone al Presidente della Repubblica il nome dei Ministri da nominare, e nel tempo può proporne anche la revoca, e così ogni possibile dialettica interna al Governo viene se non proprio a cessare sicuramente a ridursi ai minimi termini, chi non si allinea è fuori.

            La sfiducia al Presidente del Consiglio dei Ministri deve essere presentata con apposita mozione, sottoscritta da almeno un terzo dei componenti della Camera e del Senato e deve contenere il nome del nuovo Presidente del Consiglio dei Ministri; la sfiducia si vota per appello nominale, quindi niente voto segreto, niente casi di coscienza, niente franchi tiratori, tutto e tutti sotto controllo!, ed attenzione, mentre per la fiducia basta la maggioranza semplice per la sfiducia ci vuole quella assoluta, e nella fretta hanno pure scritto che la mozione di sfiducia deve essere approvata:”dal Parlamento in seduta comune a maggioranza assoluta dei componenti della Camera che delibera”, ma se il parlamento è riunito in seduta comune non c’è una Camera che delibera!

            E, dulcis in fundo, se una camera nega la fiducia al Presidente del Consiglio di Ministri questi non è obbligato a dimettersi, ma può chiedere al Presidente della Repubblica di sciogliere le Camere, o anche solo il ramo del Parlamento che non lo ha votato; le camere per “salvarsi” hanno 20 giorni di tempo per indicare un nuovo Presidente del Consiglio dei Ministri, e nominarlo ai sensi dell’art. 92 comma 2.

            Si vede bene come con queste norme costituzionali il Presidente del Consiglio dei Ministri è il vero padrone della politica italiana, il Parlamento ed i suoi componenti debbono solo votare quello che lui vuole, in cambio avranno onori, prebende e libertà di saccheggio in alcuni campi, ma guai a sgarrare.

            Complimenti, neanche Napoleone Bonaparte, con il suo sistema tricamerale ai tempi del Consolato, ha saputo fare meglio, ma almeno era un grande generale.

            Coerentemente ai dettati della borghesia europea la borghesia italiana con questo atto elimina la partecipazione democratica e la dialettica parlamentare e le trasforma in mero esercizio di voto, ma solo e soltanto su quello che vuole, sia al livello di Parlamento che a livello di voto popolare, infatti stando così le cose per chi e per cosa un cittadino dovrebbe votare?, il prossimo passaggio sarà quello della nuova legge elettorale, che cercherà di ridurre al massimo i partiti in Parlamento.

            Senza più rappresentanza politica, con una rappresentanza sindacale ridotta al minimo grazie ad una legge che assegna automaticamente a CGIL-CISL-UIL un terzo dei delegati sui posti di lavoro (la prima vera riforma maggioritaria, il primo vero attentato alla democrazia è stato questo, passato questo tutto il resto è venuto più facile) i lavoratori e le masse popolari italiane non hanno che due vie, o ricostruire un aggregato politico autonomo che difenda i loro interessi, perché sua diretta espressione, e punti nel futuro ad ottenere una rappresentanza da far valere in un più ampio e complesso scenario di battaglia politica che non si potrà ridurre al solo piano istituzionale, oppure vivere politicamente rassegnato litigando per le briciole, politiche ed economiche, che forse la borghesia gli lascerà.

            La scelta strategica per riottenere una rappresentanza politica non può essere che un sistema elettorale proporzionale, con Governi che si costruiscono e si sfiduciano in Parlamento, e, perché no?, con un Parlamento monocamerale.

 

- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO

Ultima modifica: stampa

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *