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La Sinistra di classe greca deve porsi come punto di riferimento per l’unificazione del conflitto sociale in Europa

In Germania e in Italia sono per il momento segnali, dato il carattere parziale delle consultazioni, ma ben altro significato hanno avuto le votazioni in Francia con la deposizione del principale alleato della cancelliera tedesca, Nicolas Sarkozy e l’ascesa all’Eliseo del socialista François Hollande, diciassette anni dopo Francois Mitterrand..

In Grecia il 6 maggio scorso, gli elettori hanno frantumato le due principali formazioni politiche, ND e PASOK che hanno sottoscritto l’Accordo sul prestito imposto dai poteri forti dell’Eurozona e applicato le misure di massacro sociale contenute nel Memorandum. Il Partito Comunista  (KKE) ha riconfermato la rappresentanza dello zoccolo duro della sinistra di classe con l’8,5%, ma il vincitore di questa tornata elettorale è stato il cartello di organizzazioni di sinistra, SYRIZA che è passata dal 5% delle precedenti elezioni del 2007 al 16,77%, diventando la seconda forza nel Parlamento greco. Oltre a questo, il voto del 6 maggio ha  sancito l’ingresso in Parlamento dei neo-nazisti di Alba Dorata che sono passati dallo 0,23% del 2007 al 7% dei consensi, dopo che anche in Francia nel primo turno delle presidenziali, il partito di estrema destra di Marine Le Pen, il Front Nacional, ha raggiunto l’impensabile quota del 17.8%.

E’ probabile che in Francia come in Grecia dietro l’affermazione  dell’estrema destra nazi-fascista ci sia anche un voto di protesta e che le scorciatoie xenofobe e razziste come via d’uscita dalla crisi possano aver avuto un peso, ma certo è che il fenomeno non può che preoccupare fortemente e fortemente va contrastato con un nuova, decisa e capillare ripresa del protagonismo sociale della sinistra di classe,anche perché la variabile fascista, è storicamente dimostrato, in mancanza di alternative può essere utilizzata proprio contro lo sviluppo di una affermazione delle organizzazioni della sinistra di classe.

In Grecia, come si usa dire, i giochi sono del tutto aperti e le pressioni interne ed internazionali si stanno moltiplicando in vista delle nuove elezioni convocate il 17 giugno, vista l’impossibilità di formare un qualsiasi governo.Al di là dei numeri elettorali e delle novità che hanno introdotto – sarebbe infatti politicamente miope pensare che Hollande e Sarkozy siano la stessa identica cosa, così come non faccia alcuna differenza se a vincere in Grecia sia Nea Democrazia o Syriza – pensiamo sia utile riprendere il ragionamento sulle caratteristiche della crisi in corso e sui possibili sviluppi a livello politico e sociale.

E’ utile fare una analisi corretta con i fondamentali marxisti per poter inquadrare correttamente le novità della crisi del capitale di questo ultimo periodo, come la rete dei comunisti ha sempre fatto , giungendo già negli anni novanta a studiare origine d effetti di una crisi che si configurava come sistemica. Per un approfondimento su questi temi e per conoscere il dibattito in corso e le proposte della Rete dei Comunisti sulla crisi che sta sconvolgendo il capitalismo mondiale, segnaliamo una recentissima intervista di Stefano Galieni a Luciano Vasapollo uscita sul sito http://www.controlacrisi.org/notizia/Economia/2012/5/19/22702-la-lunga-storia-di-una-crisi-di-sistema-scenari-e-proposte/

La crisi in corso, che è esplosa con la bolla finanziaria del 2007, ma è iniziata già nei primi anni ’70, sta determinando uno scontro aperto tra blocchi politico-economici (Europa, USA e BRICS), e sta modificando le gerarchie e i rapporti di forze a livello internazionale.

In Europa è ormai evidente il declassamento dei paesi dell’area mediterranea (i PIIGS) e che la direzione “Carolingia” dell’Europolo ha imposto i tagli ai salari, alle pensioni e a quel che resta dello Stato sociale di mezzo continente, nella speranza di mantenere per questa via un peso nella competizione globale. I proventi della rapina sociale, infatti, sono serviti a garantire una rendita attraverso il sistema bancario e finanziario, ma non certo a far ripartire la produzione economica reale.Il ricatto della crisi del “debito sovrano” è stato usato per sferrare una durissima lotta di classe dall’alto contro i lavoratori europei con le controriforme del lavoro e della previdenza, con l’imposizione del pareggio in bilancio, sostituendo i governi recalcitranti con i tecnocrati del sistema bancario a garanzia di una corretta esecuzione dei diktat. Queste erano le condizioni, è stato da più parti spiegato, per tranquillizzare i “mercati” ed arginare la bomba ad orologeria per i debiti “sovrani” costituita dalla crescita dello spread.

Il tecnocrate bocconiano Mario Monti e il suo governo che rappresentano il governo di classe della borghesia italiana più servile agli interessi del polo imperialista euro-tedesco, solo qualche settimana fa assicuravano tutti che con le misure prese, almeno nel nostro paese, la minaccia dello spread era definitivamente debellata. Niente di tutto ciò, lo spread sale e scende all’occorrenza dei potentati economico-finanziari e le condizioni di vita e il potere d’acquisto dei lavoratori di buona parte dell’Europa sono precipitate indietro di oltre un secolo.

La realtà che si va delineando è che gli stessi piani di ristrutturazione imposti per la costruzione  politica, dopo quella economico-monetaria,del sovrastato europeo assumono sempre più i connotati della vendetta di classe, ma non sono in grado di rilanciare un nuovo modello di accumulazione e non rappresentano una via d’uscita dalla crisi sistemica  dei diversi capitalismi ma che intacca alcuni degli stessi meccanismi  di fondo del modo di produzione capitalista.

I segnali inviati dalle recenti elezioni hanno fatto nascere qualche preoccupazione agli “apprendisti stregoni” della troika, che hanno coniato un nuovo ritornello, il rigore da solo non basta va accompagnato da una “ sufficiente “ crescita, cioè utile a qualche timida ripresa dei processi di accumulazione, e dagli investimenti a favore dell’occupazione, che certamente deve rimanere precaria e a bassissimi salari e diritti.

Che rigore e crescita non possano camminare insieme, soprattutto dopo aver obbligato diversi paesi a scrivere nella legge costituzionale il pareggio in bilancio, è cosa evidente a tutti ,tranne che alle forze della sinistra europea, comprese alcune formazioni che pure si dichiarano ancora di formazione e impostazione comunista e sorrette da quelche improbabile teorico che continua a sproposito ad autodefinirsi  marxista, che pensano sia possibile riformare il capitalismo e renderlo  dal volto “umano”, magari convincendo la BCE a comprare i titoli del debito pubblico dei paesi in difficoltà, o unificando il debito pubblico europeo con l’emissione degli Eurobond.

Proporre una cogestione ad indirizzo liberale della crisi , seppur con qualche spruzzata di  apparente socialità, e pensare che questo sia realizzabile, significa non solo non aver compreso la natura e il significato del suo carattere sistemico ma  muoversi sul piano di una esasperante tatticismo  che diventa nel migliore dei casi immobilismo, ma che sempre più spesso invece nasconde  la scelta di abdicare alla strategia di trasformazione socialista,  praticando l’unica strada del consociativismo nelle compatibilità capitaliste, cioè in quello che è reputato l’ultimo orizzonte dell’umanità.

Gli sviluppi della situazione in Grecia  per tutto questo vanno ben oltre il dibattito in corso su che fine farà il paese in caso di uscita o cacciata dall’euro La crisi sistemica sta producendo  in tutto il mondo una fortissima crisi sociale e questo sta determinando , in forma diversificata e articolata,una ripresa del conflitto di classe che va organizzato ed esteso per arrivare a mutare i rapporti di forza, per contrastare la costruzione dell’Europa imperialista e il sempre più feroce sfruttamento capitalista.

L’esempio della sempre più indipendente costruzione dell’alleanza anticapitalista dell’ALBA sta a dimostrare che il non pagamento del debito e il rifiuto di sottostare allo strozzinaggio del sistema finanziario internazionale possono aprire la strada della ripresa di uno sviluppo economico autodeterminato che si muova  nell’orizzonte del socialismo del e per il XXI secolo. Infatti la condizione dell’alternativa è possibile, come ben evidenziato nel 2011 nel pamphlet “Il risveglio dei maiali – PIIGS” ( di L. vasapollo, con J. Arriola e R. Martufi, edito da Jaca Book),  a partire da un rafforzamento del protagonismo di classe che può avvenire solo nella lotta  organizzata, a partire dalla difesa dei diritti fondamentali dei lavoratori,  e sappia uscire dalle compatibilità del sistema e sappia rilanciare una alternativa in chiave anticapitalista attraverso il rifiuto del pagamento del debito, la nazionalizzazione delle banche e dei settori strategici dell’economia.

L’auspicio è che la sinistra di classe greca, a partire dal patrimonio di organizzazione e di lotta costruito in primo luogo dal KKE e dal sindacato PAME, possa porsi come punto di riferimento per l’unificazione del conflitto sociale e di classe in Europa, a partire  dai paesi dell’area mediterranea, riportando lo scontro dal terreno economico a quello politico, per rilanciare una strategia politica che , seppur utilizzando momenti tattico-rivendicativi , per il cosiddetto “accumulo  delle forze” si diriga sempre nei percorsi  per il superamento del modo di produzione capitalistico, nella pratica del socialismo possibile.

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1 Commento


  • Gianni

    La sinistra di classe in Grecia è solo il KKE …

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