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L’intervento criminale degli Usa in Honduras, Messico e America Centrale

Appello urgente del Movimento per la Pace, la Sovranità e la Solidarietà tra i Popoli. 

Il recente massacro di membri della comunità miskita sul Rio Patuca, in Honduras, l’11 maggio scorso, quando due elicotteri dell’agenzia antidroga degli Stati Uniti (sigla inglese DEA) spararono su una canoa in cui viaggiavano dei contadini, ammazzando due donne incinte, due uomini e ferendo gravemente altre quattro persone, evidenzia non solo la continuità del terrorismo di Stato imposto dal golpe militare del giugno 2009 contro il presidente Manuel Zelaya, ma anche la tragica occupazione militare nordamericana in quel paese.

Sullo sfondo di questo attacco su cui, secondo quanto viene riportato, “si indaga” a Washington, non soltanto si percepisce la militarizzazione statunitense dell’Honduras, con 5 basi militari e centri operativi oltre a quella di Palmerola, strategica per la IV Flotta, ma si evidenzia un’aggressione contro i miskitos, per facilitare l’occupazione della zona e l’imposizione del corridoio mesoamericano di agrocombustibili.

Le uccisioni quotidiane di contadini, dirigenti sindacali e politici, maestri, studenti e giornalisti (in quest’ultimo caso sono 25 gli assassinati dall’inizio del 2010) sono la dimostrazione che l’attuale governo di Porfirio Lobo, sorto da elezioni convocate e dirette dai militari golpisti del giugno 2009, è solo la continuità di quella dittatura. Gli assassini commessi dalle forze d’occupazione in questo paese sono quotidiani e mettono in risalto che proprio questo è il progetto-copione degli Stati Uniti per l’America Latina, se li lasciamo progredire. Il tasso di crimini raggiunge l’86,5 % ogni 100.000 abitanti. Si stimano circa 700 omicidi al mese e circa 20 vittime al giorno. Il 55 % degli omicidi è avvenuto nella zona settentrionale del paese, Atlantide, Cortés e Francisco Morazán. L’84,6 % degli omicidi con armi da fuoco e quasi il 28 % per mano di sicari.

Si sa che vi sono consulenti israeliani, paramilitari e sicari colombiani, in seguito ad un accordo dei golpisti con l’ex presidente della Colombia Álvaro Uribe, ex militari argentini e della Fondazione Uno America, che partecipò attivamente al golpe. Centinaia di persone sono state arrestate e torturate. Ma non potendo piegare la resistenza e capendo che non hanno possibilità di vincere nuove elezioni, la repressione aumenta ogni giorno. Non possiamo lasciare solo il popolo honduregno. È nostro dovere pronunciarci in modo solidale di fronte alle energiche denunce delle organizzazioni popolari dell’Honduras, denunce che la grande stampa tace in maniera sistematica.

La cosa più grave, nel caso dei miskitos, è stato il tentativo di giustificare quegli assassini da parte del Direttore della Polizia Nazionale, Ricardo Ramírez Cid, il quale ha dichiarato che “sulla scena vi fu una sparatoria con scambio di colpi”. Persino quando venne determinato che le vittime erano disarmate ed i sopravvissuti ricoverati a La Ceiba avevano riferito che era stato sparato loro a tutt’andare con mitragliatrici e granate. La stessa cosa succede coi crimini e le minacce contro i contadini dell’Aguán. Il popolo miskito è uno dei più colpiti dalla tragedia dell’occupazione della nazione centroamericana, così come dalla corruzione di polizia e militari relazionata al narcotraffico, oltre che dal feudalesimo imperante in quella zona del paese, sprofondata in una povertà immensa. Ci sono oltre 1700 invalidi e decine di morti nella comunità miskita.

Il quotidiano New York Times, nella sua edizione del 5 maggio scorso, in apertura d’un articolo segnala che l’”Armata degli Stati Uniti, usando lezioni il conflitto della decade scorsa (Iraq) nella guerra in corso nella selva miskita, ha costruito un accampamento (centro operativo) di scarsa notorietà pubblica, ma appoggiato dal governo honduregno”. Il citato articolo rivela l’installazione di tre “basi come avamposti operativi” ubicate in Mocorón, Puerto Castillia, El Aguacate”.

Il Comando Sud del Pentagono sta auspicando per tutta l’America Centrale quelli che vengono definiti gli “stati falliti”, per giustificare gli interventi in nome della sicurezza nazionale, ovvero il vecchio schema con cui seminarono dittature in tutto il continente durante il XX secolo. In tale direzione puntano gli “accordi di sicurezza” che gli Stati Uniti stanno stabilendo coi paesi della regione.

Alla situazione dell’Honduras, che si aggrava ogni giorno contando già migliaia di morti, si aggiunge la tragedia messicana, sulla quale si estende un silenzio complice. Da quando il Messico firmò con gli Stati Uniti il Plan Merida nell’anno 2006 (una replica del Plan Colombia) e Washington inviò armi e consulenti per una presunta guerra contro il narcotraffico, più di 55.000 persone sono state sequestrate ed assassinate in maniera atroce, seminando il terrore nel nord del paese. Vi sono circa 10.000 desaparecidos. Le Forze Armate intervengono direttamente nel conflitto e nessuno ignora, a questo punto degli avvenimenti, che la maggioranza di quei morti non ha nulla a che vedere col narcotraffico e che gli Stati Uniti hanno fornito armi ai gruppi paramilitari quali gli Zeta, come si è scoperto investigando con l’Operazione Castaway (Operazione Naufrago) o Rapido e Furioso.

Si trattava di una presunta operazione segreta della DEA per consegnare armi e “scoprire” le vie del contrabbando. Ma quelle armi andarono a finire in mano ai paramilitari messicani, che si sono addestrati nella tortura con la popolazione civile e con gli emigranti verso gli Stati Uniti, che vengono assassinati e trasferiti altrove, come s’è visto dalla comparsa di cadaveri in luoghi svariati.

Il Messico è stato fatto diventare uno stato fallito e caotico, che secondo politici repubblicani minaccia ora “la sicurezza degli Stati Uniti”, e pertanto potrebbe essere passibile d’intervento, specie se alle prossime elezioni non vinceranno i loro “eletti” come governanti. Le armi USA sono state destinate anche alle “maras”, bande create in quella nazione e quindi rispedite ai rispettivi paesi d’origine, El Salvador, Honduras e Guatemala, con lo scopo di farvi regnare il crimine ed il caos.

L’Honduras sotto un celato terrorismo di Stato e il Guatemala, dove il femminicidio e la violenza del vecchio militarismo e paramilitarismo controinsurrezionale si consolida con l’avvento alla presidenza di un ufficiale dei “Kaibiles”, la forza speciale più brutale di tutti i tempi, preparata negli Stati Uniti ed autrice di crimini di lesa umanità e di scomparsa d’interi villaggi, i cui abitanti furono eliminati.

Essi vanno ad integrare il numero degli oltre 90.000 desaparecidos durante le dittature militari guatemalteche, il più alto dell’America Latina considerando che la popolazione supera di poco i 10 milioni d’abitanti.

Tutto ciò fa parte della realtà centroamericana, cui aggiungere il governo conservatore di Panama che ha già compiuto massacri di indigeni, persecuzione di lavoratori e firmato con gli Stati Uniti l’installazione di 12 basi militari e centri operativi, accerchiando così tutto il paese che era riuscito a liberarsi dal Comando Sud alla fine del 1999.

La tragedia illimitata in America Centrale si protende con la virtuale occupazione della Colombia, con almeno 8 basi militari straniere ed un terrorismo di Stato occultato da anni. Occultato attualmente con una presunta “Democrazia di Sicurezza”, nella quale giorno per giorno continuano i massacri ad opera di militari e paramilitari, nella quale si ostacola qualunque processo di pace che implichi un vero cambiamento nel paese. La Colombia è la nazione dell’America Latina, insieme al Guatemala, col maggior numero di persone morte e scomparse del continente nel corso del XX secolo e finora del XXI.

Di fronte a questa realtà, cui aggiungere i trattati di libero commercio firmati con vari governi della regione, l’invasione delle agenzie degli Stati Uniti nel continente e la crescente militarizzazione della regione stessa, con le conseguenze sociali e politiche di cui siamo testimoni, il Movimento per la Pace, la Sovranità e la Solidarietà tra i Popoli (Mopassol), esorta le organizzazioni popolari ad estendere la solidarietà, a realizzare atti e petizioni per fermare il massacro di popoli fratelli, a denunciare i gravi pericoli di un inasprimento dell’intervento straniero che inevitabilmente si estenderebbe verso tutto il continente.

È ora di dire basta al crimine e fermare la guerra di bassa intensità, l’invasione silenziosa delle fondazioni del potere imperiale e la militarizzazione che tenta una ricolonizzazione regionale nel secolo XXI.

* Movimento per la Pace, la Sovranità e la Solidarietà tra i Popoli

(da Rebeliòn, traduzione di Adelina Bottero)

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