Menu

La Grecia e il futuro del modello europeo

La Grecia e il futuro del progetto europeo

 

 

(Traduzione di Curzio Bettio di Soccorso Popolare di Padova)

 

New York, 10 giugno 2012

 

I Greci continuano ad aderire alle fila dei partiti politici orientati a sinistra, semplicemente alla ricerca di una valida “alternativa” [EPA]

Per la sopravvivenza della zona euro e del capitalismo globale in generale, le elezioni del 17 giugno in Grecia costituiranno un ancora più importante punto di riferimento che il voto del 6 maggio.

 

Il risultato elettorale del 6 maggio ha dimostrato che la maggior parte del popolo greco si rifiuta di accettare l’imposizione dello smantellamento delle loro infrastrutture sociali ed economiche, l’impoverimento flagrante di larghi strati della società, l’annientamento del futuro delle prossime generazioni, e la denigrazione di un intero stile di vita.

Ancora più importante, la società greca ha dimostrato che non accetterà di essere utilizzata come cavia in un esperimento di livello mondiale dell’economia neoliberista.

Come abbiamo sostenuto in un recente articolo nel “The Wall Street Journal”, questo non costituiva solo un esperimento economico. La Cancelliera tedesca Angela Merkel viene citata per avere ammesso che, nell’imporre tali dolorose misure di austerità, la Troika ha scelto di punire la Grecia per impartire una lezione a tutte le altre società europee, che potrebbero prendere in considerazione l’opposizione e la resistenza ai suoi dettami.

Nulla ci sorprende per questo, meno di tutto il cinismo sia del potere della finanza mondiale che dei principali mezzi di informazione al suo servizio. Si tratta, per molti versi, di una vecchia storia. Questa non è la prima volta nella storia in cui il destino di intere società è stretto nelle mani di banchieri, anche se può essere per noi doveroso ricordare che quando questo è stato spinto agli estremi, le società si dipanano e si dissolvono con straordinaria violenza e nella guerra internazionale.

Considerato che l’Unione europea come ideale politico è stata costituita al fine di prevenire tale disfacimento, bisogna rimarcare come la sua leadership politica ed economica sia maggiormente responsabile nel perseguire questo corso catastrofico, contro ogni senso di prudenza e misura.

Questa situazione deve essere puntigliosamente inquadrata nei suoi parametri generali e particolari.

 

Il tentativo delle sinistre greche di formare una coalizione. Le indicazioni dei Greci

Conformemente alla testimonianza della volontà politica popolare, la Grecia si trova ad affrontare la prospettiva di un governo di Sinistra, in modo senza precedenti nella sua storia democratica.

Non solo il risultato elettorale del 6 maggio, ma l’attestazione successiva dell’opinione pubblica dimostra che la Coalizione della Sinistra Radicale (SYRIZA) sta diventando il veicolo privilegiato delle manifestazioni della gente, di averne avuto abbastanza di questo impoverimento imposto.

Inoltre – e questo è spesso trascurato nei servizi giornalistici internazionali – esistono esternazioni di opposizione popolare ad un sistema politico clientelare corrotto.

Mentre in anni precedenti, un voto per SYRIZA poteva essere inteso come un voto esclusivo di pochi che votavano in opposizione (in aggiunta a quelli che appartenevano ideologicamente a questo spazio politico), è ora un voto stimolato da necessità urgenti rispetto ad esigenze del tutto concrete e alle loro reali conseguenze.

SYRIZA non è più la coalizione di intellettuali di sinistra e di giovani ribelli. È diventato un centro e punto di riferimento politico per quelle persone che possono anche non essere seguaci dei principi ideologici di SYRIZA in senso stretto, ma che scorgono la possibilità di una prospettiva di alternativa – anzi, che riscontrano la necessità di una alternativa.

I Greci non sono i beneficiari viziati e corrotti di un sistema di sussidi e tangenti, come indicato dalla rappresentazione orientalista dominante nei media tradizionali internazionali.

Naturalmente, vi è stata una élite politica corrotta che ha governato nell’impunità negli ultimi 30 anni.

Naturalmente vi sono state diffuse violazioni fiscali – estese, ma non distribuite indistintamente su tutti gli strati di un’intera popolazione.

Naturalmente è esistita corruzione nel sistema giudiziario e nel settore pubblico, al servizio di uno Stato clientelare.

Comunque, a combinazioni e livelli diversi, molti fenomeni sociali e politici di questa natura sono esistiti (e continuano ad esistere) anche in tutti i paesi supportati da un qualsiasi grado di relazioni economiche capitalistiche, compresi i paesi dotati di sistemi economici più avanzati, più “razionali” e più “modernizzati”.

Nessun analista serio potrebbe fare sconti alla colpevolezza dei Greci per la situazione attuale.

Ma, allo stesso modo, nessun analista serio potrebbe non tenere in conto il fatto che:

1) questa colpevolezza non è un fenomeno specificamente greco,

2) la colpevolezza nello specifico problema greco è da attribuirsi tanto agli operatori finanziari internazionali, che hanno fatto affari in Grecia negli ultimi 30 anni, quanto alle generali politiche dell’Unione europea, sia economiche che sociali.

La maggioranza dei Greci è consapevole dei problemi endemici della sua società. Questo è precisamente il motivo per cui il 6 maggio i Greci hanno punito nell’urna i due partiti che in precedenza hanno governato, e perché sono inclini a sostenere SYRIZA come una prospettiva di alternativa.

È del tutto assodato che, a parte una piccola minoranza di nazionalisti, sia di destra che di sinistra, il popolo greco si è impegnato nel progetto europeo. Ma i Greci non si sono impegnati per essere deprivati del diritto civile della loro sovranità da decisioni politiche extra-territoriali in nome del progetto europeo, e non si sono impegnati ad essere saccheggiati dai mercati globali in nome delle politiche monetarie dell’Unione europea.

E perché dovrebbero? Quale altra società europea lo vorrebbe?

Queste domande non si sono mai poste!

 

Posto di ascolto – la sfiducia dei media greci

Una fra le tante mistificazioni della propaganda nei media tradizionali è stata quella di presentare SYRIZA come un partito che si muove su una marginale piattaforma anti-europeista. Nulla è più lontano dalla verità.

Più di ogni altro partito politico greco, SYRIZA è impegnato su una revisione totale del corrotto sistema politico clientelare, non ultimo sulle drastiche misure per rovesciare i diversi privilegi dell’élite politica greca, che hanno permesso a questa di governare impunemente per decenni.

Ma SYRIZA non può impegnarsi in un programma di austerità imposto e gestito dall’esterno, che stringe in una morsa tutte le potenzialità economiche e politiche del popolo greco – un programma di austerità che è stato criticato e respinto dalla maggior parte degli economisti di fama mondiale, indipendenti dagli interessi finanziari globali (Paul Krugman in testa), che hanno ripetutamente delineato conseguenze catastrofiche derivanti dall’austerità in termini di economia reale.

SYRIZA non può impegnarsi su uno “status quo” che deruba un popolo della propria sovranità e degrada la sua esistenza; non può impegnarsi ad agire come un governo servo, schiavo di banchieri, finanzieri, e di élite politiche straniere.

È per questo che i Greci hanno confidato su SYRIZA come voce dell’espressione della loro volontà politica, indipendentemente dalla loro posizione ideologica.

Il risultato elettorale del 17 giugno è troppo vicino per invocare un miracolo, e così il neoliberista Partito della Nuova Democrazia sta cercando di consolidare il fianco della Destra in preda alla disperazione di perdere i suoi privilegi e in totale disprezzo della salvaguardia della sovranità del paese.

Ma per SYRIZA, il compito che l’aspetta è già impostato e risulta di una reale gravità.

È incoraggiante vedere i militanti di SYRIZA organizzarsi in discussioni aperte e pubbliche sulla questione “che cosa è un governo di Sinistra?”.

Nell’emergere come effettiva opzione di governo, SYRIZA sta assumendosi una responsabilità enorme nei confronti dell’opinione pubblica greca, e il primo passo è quello di superare il generale pregiudizio nei confronti di una “Sinistra al governo della cosa pubblica”.

Al di là di situazioni rivoluzionarie – anzi, a causa della sua eredità rivoluzionaria – nei parlamenti di tutto il mondo la Sinistra si è abbandonata al ruolo di mera opposizione ai partiti al potere.

Si potrebbe dire che l’attaccamento della Sinistra al ruolo di opposizione è sempre stato così grande, che ogni discorso sulle sue assunzioni di responsabilità di governo è stato considerato automaticamente un compromesso, o perfino un tradimento di principi.

Alla questione, se questo atteggiamento abbia indebolito la capacità politica della Sinistra di esprimere la volontà popolare, non è stata data la giusta attenzione tra le fila della Sinistra.

Per questo, SYRIZA si trova al crocevia di una decisione straordinaria, che avrà ripercussioni al di là della Grecia, come andrò ad elaborare di seguito.

SYRIZA viene chiamato a restituire la dignità perduta del paese, combattendo per riconquistare la sovranità perduta della Grecia contro, da un lato, spietate forze esterne e, d’altro canto, contro tendenze interne verso una cosiddetta sfida stupidamente nazionalista o verso una capitolazione servita in autonomia da un sistema consolidato che spera di mantenere i suoi privilegi catastrofici.

SYRIZA non può governare questo percorso difficile con quelle modalità di azione che ha sempre utilizzato fino a questo momento: quelle dell’opposizione. Ora deve governare – il che, soprattutto, significa ristabilire e promulgare un codice di giustizia in una società che è stata abbandonata praticamente alla totale anomia, ad una illegalità diffusa, deliberatamente coltivata dai partiti che hanno governato in precedenza a proprio beneficio politico e finanziario.

Come governo che legifera e protegge il diritto del popolo, uno dei primi atti di SYRIZA dovrà essere quello di depurare la polizia greca da ben noti elementi fascisti, di abrogare le leggi che proteggono i membri del parlamento dalla messa in stato di accusa, e di ridare credibilità ad un sistema giustiziarlo in bancarotta..

 

Dentro alla storia – una tragedia greca e una crisi dell’Europa?

I sapientoni dei principali mezzi di informazione sono ossessionati da ciò che SYRIZA farà con gli accordi del Memorandum e se attuerà le riforme economiche, mentre in realtà l’appello di SYRIZA ad attuare riforme sociali e politiche a favore degli strati popolari più bassi è proprio ciò che è necessario per la società greca, vale a dire il recupero della sua credibilità finanziaria e della sua capacità per uno sviluppo economico che sia reale, fiscalmente responsabile e rispettoso dell’ambiente.

Banchieri e speculatori finanziari di tutto il mondo, con il sostegno dei media servili, hanno imposto il linguaggio dei numeri come unica espressione della verità, mentre al tempo stesso la loro manipolazione irresponsabile dei numeri ha fatto piombare nella rovina intere popolazioni, di uomini, donne e bambini, non entità numeriche astratte ma di carne e sangue.

Comunque sia, una battaglia contro la corruzione di una società (fra i cui ranghi sono da annoverare queste élite finanziarie) non è possibile progettarla e condurla secondo il linguaggio dei numeri; si deve trasferirla sul terreno delle lotte sociali e della capacità politica di un popolo a determinare (e modificare ) da solo il proprio destino.

 

Senso e valore globale

È stato ampiamente e convincentemente sostenuto che l’istaurarsi della cosiddetta globalizzazione è andato di pari passo con l’indebolimento e il declino dello Stato sovrano.

Assistiamo ad un ampio fenomeno di governi incapaci di combattere le invasioni di mercato (spesso in balia di agenzie di rating, come se le nazioni fossero compagnie finanziarie) o rilevati direttamente da potenti conglomerati finanziari (la scandalosa legge “Citizens United” istituita dalla Corte Suprema degli Stati Uniti è la realizzazione più straziante di questo fenomeno.

N.d.tr.: Con la pronuncia nel caso Citizens United v. Federal Election Commission, (5 voti favorevoli e 4 contrari) la Corte Suprema usamericana ha stabilito che il governo non può più porre limiti ai contributi dati alle campagne elettorali da parte delle corporations.).

 

Non ci sono dubbi, la capitolazione di tali governi è stata resa possibile anche dal tacito consenso della maggioranza della popolazione, che si è venduta (con diverse modalità) all’impossibile sogno di prosperità economica e di comfort consumistico.

Invece, come i banchieri e gli speculatori finanziari internazionali si sono dedicati ad una corsa inarrestabile di avidità di accumulazione del capitale, la ricchezza sostanziale è stata sbrigativamente rimossa dalle famiglie su tutta la linea, le case sono andate perdute, i risparmi e le pensioni sono andati ad esaurimento, e il debito insormontabile è diventato la nuova economia.

Nel frattempo, i conglomerati economici globali continuano a rastrellare profitti record e i dirigenti di primo piano delle banche e delle società continuano a premiare se stessi con bonus sempre più alti, come mercanti signori del debito.

È in questo senso che l’investimento bancario diventa una rapina, e non si può non apprezzare il versetto brillante che Bertolt Brecht fa pronunciare a Mack the Knife (Mackie Messer) nell’Opera da tre soldi: “Rapinare una banca non è nulla rispetto a fondare una banca!”

L’affermazione sardonica di Mackie esemplifica il principio quintessenziale del capitalismo finanziario: le banche hanno campo libero a giocare d’azzardo e a speculare con i risparmi depositati dalla gente o con le proprietà ipotecate, ma riservano allo stesso tempo miliardi di profitti per se stesse, e gravano le persone con i miliardi delle perdite derivanti dai loro azzardi sconsiderati.

Quindi, i programmi di austerità essenzialmente non sono altro che modi per fare cassa su tali perdite, e così interi paesi diventano schiavi in conseguenza a debiti a tassi da usura.

 

Cosa succede se la Grecia abbandona l’euro?

La Grecia è un paese piccolo e un piccolo sistema economico. Questo è il motivo per cui è stata selezionata come cavia da esperimento da questi dominatori neoliberisti punitivi. In termini economici, la sua responsabilità è proporzionalmente piccola.

Tuttavia i popoli d’Europa, in particolare, e i popoli del mondo che stanno ad osservare, devono rendersi conto che la resistenza della Grecia a diventare una tale cavia ha conseguenze enormi, perché riguarda il futuro di tutti. Se la Grecia sprofonda, e viene incatenata con successo dai dominatori del capitale globale, tra le fila dell’Unione europea risulterà un precedente che smantella la sovranità della stessa Unione europea come progetto politico.

Comunque questo accada, per capitolazione totale o per espulsione, uccidere la Grecia è per l’Unione europea come suicidarsi.

E può darsi che agli interessi finanziari globali questo non importi (come si sono effettivamente dimostrati, nei riguardi di recenti avvenimenti, completamente incuranti), ma importa invece alle popolazioni reali, che certamente devono fare attenzione a chi e a che cosa determini il loro futuro, specialmente quando il loro futuro sembra assolutamente compromesso.

Il recente fenomeno di movimenti assembleari in spazi pubblici occupati, quali che siano le loro limitatezze, suggerisce che, sull’onda della crisi nei centri del capitalismo finanziario, le persone stanno emergendo dal loro torpore consumistico e stanno realizzando che la loro relativa prosperità è interamente realizzata fuori del loro dominio di controllo e quindi può essere – con velocità inimmaginabile e su scala senza precedenti – quasi immediatamente revocata.

Questo risveglio doloroso prevede la presa di coscienza che i meccanismi relativi al funzionamento dello Stato si sono completamente compromessi, dal momento in cui le classi dirigenti sono arrivate a fare commercio della sovranità del loro paese per una piccola fetta della torta finanziaria.

Quindi, la politica sta prendendo una piega interessante verso il suo aspetto più elementare: l’azione di massa dei cittadini, prima di tutto nelle strade, divenuta l’unica opzione disponibile senza compromessi, ma poi anche nelle urne, dove i cittadini revocano il loro consenso alle stesse relazioni clientelari che avevano contribuito ad incoraggiare.

Senza dubbio, quando la politica è violentemente superata dall’economia nel medesimo campo del governare – letteralmente, quando banchieri e tecnocrati finanziari sono incaricati di gestire gli affari dello Stato (Grecia e Italia sono esempi recenti) – l’unico spazio per recuperare la politica è la presa in consegna degli spazi pubblici attraverso l’azione di massa.

Abbiamo raggiunto un punto che lo stesso linguaggio dei numeri che scredita l’esistenza dell’individuo sociale può essere gestito solo da un gran numero di persone reali che esigono indietro la loro abrogata autodeterminazione, contro la capitolazione al linguaggio delle cifre.

Nell’era della “deterritorializzazione” globalizzata prodotta da ciò che possiamo chiamare “la politica della finanza” osserviamo la politica più elementare di tutte: la politica della gente reale che produce una nuova opinione pubblica democratica, che rivendica il territorio della società.

Non si tratta di difendere qualche nozione ancestrale di nazione, si tratta di ristabilire il territorio dell’autodeterminazione, il fondamento essenziale per qualsiasi vera democrazia.

Anche se in Europa fenomeni crescenti di nazionalismo fanatico, (perfino di fascismo), sono altrettanto consequenziali alla “deterritorializzazione” debilitante di un’economia globalizzata, questi devono essere combattuti con la stessa forza, perché scambiano una modalità di capitolazione (quella economica) con un’altra (quella ideologica).

Di fatto, i movimenti radicalmente democratici sono indicativi sia per ridefinire i confini della autodeterminazione delle società nella loro specificità, sia per ridisegnare la capacità di un nuovo internazionalismo, una solidarietà tra i popoli di diverse società che si riuniscono proprio nella co-incidenza di resistenza alla inabilitazione globalizzata.

A questo proposito, anche se modesta nei numeri rispetto alle dimensioni globali, la resistenza greca continua ad essere in prima linea, soprattutto per i popoli delle società europee, che ora devono affrontare la decisione più terribile da quando l’Europa è stata consolidata nel progetto dell’Unione europea: se questa Unione sarà, alla fine, nient’altro che una merce da comprare e vendere nel mercato globale con disprezzo totale del destino dei suoi abitanti, o sarà una coalizione di popoli che assumono le proprie decisioni politiche, su come il loro futuro li vedrà salvaguardati tutti insieme.

 

 

Stathis Gourgouris insegna letteratura classica e comparata alla Columbia University.

Stathis Gourgouris è nato a Hollywood ed è cresciuto ad Atene, in Grecia.

Ha ottenuto il dottorato in letteratura comparata all’Università della California di Los Angeles UCLA nel 1990.

Ha insegnato letteratura comparata alla Columbia University e a Princeton, ed è stato “visiting professor” a Yale (studi europei), all’Università del Michigan (letteratura comparata e istituzioni internazionali) e al Politecnico Nazionale di Atene (corso di laurea di epistemologia).

Recentemente è stato eletto Presidente dell’Associazione per gli studi sulla Grecia moderna.

Ha pubblicato due libri: “Dream Nation: Enlightenment, Colonization, and the Institution of Modern Greece” (Stanford UP, 1996) – tradotto in serbo-croato (Belgrado Circle, 2005), traduzione greca prossima (Kritiki, 2006) – e “Does Literature Think? Literature as Theory for an Antimythical Era” (Stanford UP, 2003) – traduzione greca pubblicata da Nefeli (2005).

Oltre a lavori letterari, ha scritto articoli di politica, sulla psicoanalisi, sulla musica, e studi cinematografici, pubblicati da riviste e giornali in tutto il mondo.

Gourgouris è anche poeta, con tre libri di poesie in greco, e molte liriche pubblicate in inglese in antologie e riviste come Harvard Review, Jacaranda Review, Modern Poetry in Translation, Los Angeles Weekly. Ha tradotto vari poeti greci in lingua inglese, in particolare “Camel of Darkness” di Yiannis Patilis (Poesie scelte 1970-1990) e la poesia di Heiner Müller e Carolyn Forché in greco.

I suoi attuali interessi di ricerca e di insegnamento si concentrano sui problemi del criticismo laico, sui pericoli del sacro, sull’anarchia e l’autonomia, sui piaceri del modernismo, e la politica della sublimazione.

 

Per concessione di Aljazeera
Fonte: http://www.aljazeera.com/indepth/opinion/2012/06/201266152551493655.html
Data dell’articolo originale: 10/06/2012
URL dell’articolo: http://www.tlaxcala-int.org/article.asp?reference=7506

- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO

Ultima modifica: stampa

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *