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24 Luglio, anniversario della nascita di Simon Bolivar

Quest’anno il 24 luglio, giorno natale del grande Simón José Antonio de la Santísima Trinidad Bolívar y Palacios de Aguirre, Ponte-Andrade y Blanco, noto come Simón Bolívar il “Libertador”, sarà festeggiato, in America Latina e nel mondo, soprattutto come giorno della solidarietà con il Venezuela di Hugo Chávez Frías che attualmente meglio incarna, anche nella concretezza dei risultati raggiunti, l’ideale bolivariano.

Il XVIII Foro di Sao Paulo, Osservatorio dei Governi progressisti e di sinistra dell’America Latina e dei Caraibi, riunitisi a Caracas dal 4 al 6 luglio ha infatti riconosciuto e sottolineato il ruolo fondamentale del Venezuela nel processo di liberazione complessiva dell’America Latina è ha, perciò, definito la necessità di concretizzare in una vera e propria campagna la solidarietà con la Rivoluzione Bolivariana ed il comandante Hugo Chávez, che il 7 ottobre prossimo dovrà affrontare il responso delle urne, dopo una battaglia elettorale che è già cominciata da un pezzo e che, senza esclusione di colpi, tende a denigrare, affossare, distruggere e sporcare qualsiasi cosa il Presidente abbia fatto per il suo paese con lo scopo, peraltro ufficialmente e sfacciatamente dichiarato, di disconoscere i risultati elettorali, che sono evidentemente a suo favore.

La campagna decisa dal Foro mira ad allertare l’opinione pubblica mondiale circa le intenzioni della destra di destabilizzare il processo democratico e rivoluzionario del Venezuela, e, in questo contesto, prevede una serie di scadenze di cui la prima è proprio il 24 luglio prossimo, che è certamente anche la più significativa dal punto di vista storico in quanto è assolutamente legittimo e fondato fare un paragone tra il ruolo del grande “Libertador” dell’800 e questo pragmatico attuale Comandante che sta rendendo prassi ciò per cui lottava il suo ideale predecessore.

La dichiarazione finale uscita dal Foro a Caracas mette in guardia dalle minacce che vengono alla pace mondiale dalla crisi strutturale del capitalismo, che, divenuta anche ambientale, energetica, alimentare e di rappresentanza politica, esige una risposta forte da parte dei popoli latino americani e caraibici che hanno reagito, in linea di massima, con politiche più responsabili di quelle di austerità adottate dagli Stati Uniti e dall’Europa, evitando così un impatto troppo violento della crisi, che è stata causata dall’applicazione dei dogmi neoliberisti. Le destre mondiali difficilmente possono essere disposte a tollerare esempi di governo progressista e, meno ancora, di sinistra, perciò sono costrette a rispondere con tutte le formule a loro disposizione per evitare che queste tendenze proseguano e abbiano sviluppo ed espansione. Tutti i mezzi sono buoni: dalle aggressioni militari (stile US-ARMY) alla manipolazione delle richieste sociali (come sta accadendo in Bolivia) e dell’informazione (che quasi ovunque è per la maggior parte di proprietà delle destre) con lo scopo finale di generare conflitti violenti e controffensive golpiste che distruggano fisicamente, economicamente e politicamente i vari paesi mettendoli in mano ai soliti governi fantoccio. I colpi di Stato in Honduras nel 2009 e in Paraguay un mese fa sono gli ultimi esempi di un piano generale che punta alla destabilizzazione dei paesi dell’ALBA, ma è accaduto anche che in Venezuela nel 2002, in Bolivia nel 2008 e in Ecuador nel 2010 questa strategia, pur ben orchestrata, non l’ha avuta vinta. Questo è successo fondamentalmente per la grande mobilitazione popolare che si è generata in risposta alle politiche golpiste latenti e palesi delle destre, mentre nelle evoluzioni negative, il Foro di Sao Paulo riconosce forti responsabilità ai mezzi di comunicazione nel favorire, con le loro mistificazioni, eventi drammatici e addirittura golpisti ed evidenzia la necessità e l’urgenza di “democratizzare la comunicazione” che attualmente, nella sua quasi totalità è vistosamente e pesantemente schierata contro le istituzioni democratiche di quei paesi che hanno espresso elettoralmente presidenti progressisti, come Dilma Rousseff in Brasil, Daniel Ortega in Nicaragua, Cristina Fernández de Kirchner in Argentina e Danilo Medina nella Repubblica Dominicana.

A questo proposito si deve notare che si susseguono con ritmo incalzante e, naturalmente, preoccupano le forze reazionarie che si oppongono al processo di cambiamento, passaggi, sempre più serrati, che mirano all’integrazione regionale ed all’indipendenza economica del continente Sud Americano, come ad esempio la decisione della Roussef, della Kirchner e di Mujica di sospendere dal Mercosur il governo golpista del Paraguay e di approvare, contestualmente l’ingresso del Venezuela a pieno titolo in quel blocco politico ed economico in cui, presto, si prevede l’incorporazione dell’Ecuador, che darebbe sbocco sul Pacifico.

L’ALBA prosegue con forza il suo cammino per la costruzione di politiche economiche comuni con il Sucre, il Fondo di Riserva, il Petrocaribe e la creazione di una zona economica specifica mirata alla maggior integrazione di Antigua y Barbuda, Bolivia, Cuba, Ecuador, Dominica, Nicaragua, San Vicente y las Granadinas, e il Venezuela. L’UNASUR programma la costruzione di politiche di difesa comune e la CELAC nasce nel riconoscimento che solo l’unità può dare soluzione ai grandi problemi comuni della Regione. Tutto questo mentre svelano la loro misera natura opportunista i trattati commerciali imposti da USA e Canada che non hanno comportato alcun beneficio per il Sud, a cominciare dal Messico, che ne è uscito totalmente colonizzato.

Tutti questi avanzamenti del Sud America nell’unità economica e nei cambiamenti sociali che ne stanno conseguendo, hanno bisogno anche di una spinta propulsiva politica che è fisicamente incarnata nella persona di Hugo Chávez Frías e nel suo Venezuela che, a passi da gigante, sta andando verso le nuove frontiere del socialismo bolivariano supportato dalla forza che gli conferiscono le ingenti risorse naturali che albergano sul suo territorio. Il popolo venezuelano, secondo i sondaggi della stessa destra, darà un voto plebiscitario al suo comandante il 7 ottobre, ed è proprio per questo che la destra venezuelana (e quella di tutto il mondo) sta affilando le unghie della dis-informazione nel disperato tentativo di fermare quella che è la locomotiva di un processo di riscatto che porterà alla concreta ineludibile formazione di Nuestra America.

Le elezioni del 7 ottobre saranno un passaggio indispensabile nell’evoluzione di quel processo, che si tirerà dietro ulteriori avanzamenti collettivi nella Regione, forte della risposta del popolo venezuelano che in quella sede si farà portavoce delle istanze di tutti i popoli dell’America Latina e delle speranze anche di quelli degli altri continenti.

Infatti la vittoria di Chávez e della Rivoluzione bolivariana non è solo una necessità del Venezuela e dell’America Latina ma un necessario innesco, un segnale di speranza e di possibilità anche per gli altri popoli di tutto il mondo che non sono rassegnati al loro destino di sfruttamento in Europa come negli USA, in Medio Oriente come in Africa.

È perciò di vitale importanza per tutti che il Venezuela possa proseguire, con l’attuale leadershep, la storia di emancipazione politica, sociale ed economica che ha intrapreso con grande coraggio e determinazione nel 1810 (Prima Repubblica) che ha proseguito con l’impulso dato da Simon Bolivar dal 1813 (Seconda Repubblica) per i 10 anni a seguire e fino alla creazione della Gran Colombia (1821-1831). Dal 1998, dopo una storia travagliatissima, il Venezuela poggia su Hugo Chávez le sue speranze di risorgere a nuova dignità. Speranze più che ben riposte a giudicare dai risultati conseguiti in questi anni, malgrado i tentativi di destabilizzazione sempre presenti mediaticamente ed anche armati, ma fortunatamente respinti a furor di popolo. La lotta al neoliberalismo, allo sfruttamento ed alla disuguaglianza sociale è stata politica costante del Presidente Chávez ed è auspicio e speranza di tutto il mondo sinceramente progressista e socialista che questo possa continuare e rafforzarsi sempre più.

Il Venezuela di Chávez ha avviato un concreto percorso (che non può e non deve essere arrestato) di fine della rapina delle risorse naturali, da cui derivavano la sottomissione dei paesi dell’America Latina al capitale multinazionale che dettava quindi legge, di conseguenza, anche sulle decisioni politiche in materia di diritti sociali elementari (salute, istruzione, abitare ecc.) che determinano pesantemente le condizioni di vita delle classi più deboli. Tutto questo è stato capovolto durante la presidenza Chávez, che, con il fortissimo e  consistente contributo politico di Cuba, ha pianificato “Missioni” specifiche in tutti i campi e, passo dopo passo (per non creare occasioni di tensione sociale che facilmente sfociano nei golpe tanto agognati dai reazionari) sta affrancando fasce sempre più ampie di popolazione dall’atavica miseria che da sempre le avvolge e le soffoca.

Il popolo venezuelano ha fatto suo l’esempio e la figura del Libertador Simón Bolívar il cui compito è stato oggi assunto dal presidente Chávez, e sulle cui spalle grava perciò un’enorme responsabilità che deve essere sostenuta da tutte le forze politiche che (senza se e senza ma) non vogliono vedere soccombere questa concreta possibilità di futuro per l’America Latina e per il mondo, inclusa l’Italia e gli altri paesi “paria” o PIIGS che dir si voglia.

Molte, troppe, insidie si celano anche qui da noi in Italia infatti dietro i “se” e i “ma” di sedicenti “democratici” che con l’informazione fanno il bello e il brutto tempo imbonendo platee di milioni di spettatori con ignobili programmi falsamente travestiti da “DOCumentari” che, viceversa, restituiscono un’immagine di Chávez e della sua presidenza assolutamente pezzente, falsa, parziale e reazionaria, che è l’esatto opposto della realtà. Il terrore di questa informazione subdola e venduta, forse, è che i rapporti di forza su cui il governo Chávez ha messo una forte ipoteca, vengano definitivamente sanciti dalla sua rielezione e che il “contagio” sia irreversibile ed arrivi (magari!!!) alle nostre latitudini dove, purtroppo, ancora non esistono situazioni neanche lontanamente paragonabili.

Quello che il mainstream della disinformazione costruisce in Italia, purtroppo, è in ottima compagnia in tutto il resto del mondo e il  Foro di Sao Paulo ha colto fino in fondo questo intento mediaticamente demolitore della reazione mondiale nei confronti del Venezuela e la forza immensa che potrebbe invece essere sprigionata dalle iniziative di solidarietà capillarmente diffuse sul pianeta con mezzi diversi dalle TV di potere. È  proprio per questo che ha lanciato con forza la proposta, immediatamente accettata da decine di città del mondo, di dedicare il 24 luglio di questo anno alla solidarietà con la Rivoluzione Bolivariana innescata dal grande Libertador e ripresa dal Venezuela del Comandante Hugo Chávez Frías al quale devono andare la totale solidarietà e il sostegno incondizionato delle forze politiche onestamente impegnate a perseguire un mondo migliore.

Un mondo diverso è possibile. Sosteniamo chi sta cercando di attuarlo!

http://www.unidosconvenezuela.org/

 

Roma, 22 Luglio 2012

* Associazione e Rivista Nuestra America, Radio Città Aperta, Laboratorio Europeo di Critica Sociale.

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