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Cuba aggiorna la legge sull’emigrazione

Cuba attualizza la Legge sull’emigrazione per garantire legalità e sicurezza

18 ottobre 2012

Lo scorso 16 ottobre La Gazzetta Ufficiale della Repubblica di Cuba ha pubblicato il decreto legge n° 302, emesso dal Consiglio di Stato a parziale ma sostanziale modifica della Legge sull’emigrazione n° 1312 del 20 settembre 1976, per “garantire che i movimenti migratori continuino a realizzarsi in forma legale, ordinata e sicura”.

Tale decreto prevede l’eliminazione del procedimento di richiesta del permesso di uscita per i viaggi all’estero, derogando così l’obbligo della Lettera di Invito: per viaggiare all’estero dal 14 gennaio 2013 sarà necessario soltanto il passaporto valido e il visto, in caso venga richiesto dal paese di destinazione. Il decreto dispone, inoltre, l’estensione a 24 mesi del soggiorno all’estero dei residenti a Cuba, che potrà essere prorogato sul passaporto stesso da un consolato cubano.

Ma, come si legge nel decreto, a causa della politica del Governo degli Stati Uniti che mantiene il genocida e illegale (pluricondannato dall’ONU, aggiungiamo noi) embargo economico, commerciale e finanziario contro Cuba; che ha utilizzato la sua politica migratoria verso Cuba al fine di sovvertirne e destabilizzarne il governo; che ha incoraggiato, tramite la Legge di Accomodamento Cubano e la Politica dei Piedi Asciutti-Piedi Bagnati, l’emigrazione illegale e insicura che ha provocato la perdita di vite umane, atti violenti e il furto di cervelli con obiettivi politici; a causa di tutto ciò, è necessario mantenere determinate normative che limitino gli effetti di questa politica e preservino la forza lavoro qualificata del paese, il capitale umano creato dalla Rivoluzione.

La Legge di Accomodamento Cubano del 1966 permette ai cubani, arrivati illegalmente negli USA e solo a quelli, di ottenere dopo un anno la residenza permanente, prerogativa che non si offre ai cittadini di nessun’altra nazionalità; questa legge ha consentito agli Stati Uniti di derubare, a pochi anni dalla Rivoluzione, scienziati, professionisti, medici col proposito di ostacolare lo sviluppo economico e sociale di Cuba.

Ugualmente la Politica dei Piedi Asciutti-Piedi Bagnati, attuata durante la presidenza di Bill Clinton nel 1995, si applica solo ai cittadini cubani che tentano di entrare illegalmente negli USA e prevede che se questi vengono intercettati prima dalla guardia costiera, debbano essere rinviati sull’isola (piedi bagnati), ma se chiedono asilo, possono essere inviati a un terzo paese. Se, invece, i cubani riescono a raggiungere il suolo nordamericano (piedi asciutti) si permette loro di restare e chiedere la green card.

Questa politica del Governo statunitense non solo ha incoraggiato negli anni l’emigrazione illegale e insicura, causa di tante morti nella traversata delle 100 miglia che separano l’isola rebelde dall’impero nordamericano, ma ha anche preteso di trasformare gli emigrati, che poi tornano tranquillamente a Cuba per rivedere la famiglia o trascorrere le vacanze, in rifugiati politici che fuggono in cerca di libertà, per provocare destabilizzazione interna, favorita e sostenuta da campagne mass mediatiche false e infamanti.

L’elezione del democratico Barack Obama, a cui è stato conferito preventivamente all’inizio del mandato il premio Nobel per la pace, per accreditare l’idea ingannevole di una svolta nella politica statunitense dopo la screditata presidenza Bush, non ha portato nessun mutamento nella politica del Governo americano nei confronti della nazione cubana. Obama non ha esercitato le prerogative che ha il Presidente degli USA, mediante l’uso delle sue facoltà esecutive senza dover sottostare al Congresso, per realizzare cambiamenti concreti nelle relazioni con Cuba, nell’applicazione del bloqueo, nella proibizione ai cittadini nordamericani di viaggiare nell’isola caraibica e nella liberazione dei cinque agenti cubani dell’antiterrorismo che soffrono ormai da 14 anni l’ingiusta detenzione negli Stati Uniti. Obama ha le prerogative costituzionali per metterli in libertà, come atto di giustizia e di impegno del suo governo nella lotta al terrorismo, ma si guarda bene dal farlo, specialmente prima delle elezioni del 6 novembre.

Per cui fino a quando esisteranno queste leggi nordamericane che dagli anni ’60 a oggi incoraggiano la “fuga dei cervelli”, il Governo cubano manterrà le normative per difendersi anche sul terreno dell’emigrazione dalle ingerenze statunitensi, finalizzate al furto di risorse umane indispensabili per lo sviluppo economico, scientifico e sociale del paese.

Cuba, però durante tutti questi anni ha sempre cercato di avanzare verso la normalizzazione dei rapporti con l’emigrazione e di facilitare i contatti e la comunicazione tra i cubani che risiedono all’estero e le loro famiglie a Cuba. Questo processo ha contribuito all’organizzazione degli emigrati che, oggi, sono strutturati in più di cento associazioni nei paesi di residenza all’estero, e che apertamente condannano il bloqueo e sostengono e difendono Cuba dalle aggressioni esterne.

Abbiamo sentito commenti alquanto inverosimili sui media italiani, in merito alla modifica apportata alla legge cubana sull’emigrazione, c’è chi si spinge a individuare in ciò una conferma della volontà del governo cubano di avviare il capitalismo di stato, chi continua a sottolineare le differenze e il distacco di Raul Castro dal fratello Fidel. Forse, prima di avventurarsi in tali maldestre analisi politiche, bisognerebbe tener conto del quadro storico, economico e politico in cui ha vissuto Cuba negli ultimi decenni.

Non bisogna dimenticare, ad esempio, che nei primi anni ’90, con la disgregazione dell’Unione Sovietica e dei paesi del blocco socialista dell’est-Europa (COMECON) che le garantivano l’85% del commercio estero, Cuba si è trovata all’improvviso senza risorse e beni primari di consumo. Per di più le ripercussioni della caduta del campo socialista si sono andate a sommare ai già disastrosi effetti causati dal bloqueo nordamericano. Il cosiddetto periodo speciale ha rappresentato per Cuba forse il momento peggiore per la qualità della vita della popolazione; ma è proprio in quel momento che sono venute fuori le qualità migliori del popolo cubano, la sua grande capacità di resistenza e l’orgoglio di essere un piccolo popolo capace però di sapersi opporre al gigante imperialista.

Grazie poi ai rapporti di solidarietà, di sostegno, di cooperazione e di complementarità allacciati prima con il Venezuela di Chavez, eletto nel 1999, e poi con gli altri 7 paesi che partecipano all’ALBA Alleanza Bolivariana per i Popoli di Nuestra America, a Cuba si è avviata una ripresa economica e politica che le ha consentito di recuperare il ruolo di paese punto di riferimento sia per i governi socialisti dei paesi aderenti all’Alba che per quelli progressisti come l’Argentina, il Brasile.

Con il VI Congresso del Partito Comunista di Cuba, che si è tenuto ad aprile del 2011, si è aperta una fase nuova, non nel senso diffuso e auspicato dai mass media di una trasformazione e apertura dell’economia cubana al capitalismo; ma nel senso di un mantenimento della pianificazione e programmazione economica socialista, con la correzione però degli errori che si sono verificati e prodotti nel tempo.

Il nuovo decreto legge sull’emigrazione non è un fatto isolato, ma rientra nel quadro più generale del processo di applicazione dei Lineamenti della politica economica e sociale del VI Congresso del PCC, che sono espressione della volontà “di attualizzare il modello economico cubano con l’obiettivo di garantire la continuità e l’irreversibilità del socialismo, lo sviluppo economico del paese e l’innalzamento del livello di vita della popolazione, coniugato alla necessaria formazione dei valori etici e politici dei nostri cittadini”.

La pianificazione socialista è, oggi, l’unica alternativa al mercato selvaggio proposto dal modo di produzione capitalista che oggi si dibatte in una crisi sistemica che sta mettendo in ginocchio gli Stati Uniti e l’Europa; ma che comunque pesa ancor più duramente nei paesi cosiddetti sottosviluppati e in particolare a Cuba che ha saputo mantenere per oltre 50 anni un sistema sociale basato sull’eguaglianza, con il lavoro per tutti e un sistema sanitario, dell’istruzione, dei trasporti, della cultura e dello sport gratuiti.

Infatti il governo cubano sta facendo sì che questo impatto della crisi venga condiviso in termini di equità sociale e di protezione dei più deboli, contrariamente a quanto stanno facendo i governi europei che fanno pagare la crisi alla classe lavoratrice e agli strati più poveri della popolazione.

Oggi assistiamo in America Latina al rafforzamento dell’ALBA-Alleanza Bolivariana dei Popoli di Nuestra America e del processo di integrazione del continente, grazie anche alla recente vittoria del Presidente Hugo Chavez Frías in Venezuela, che darà nuova forza ed energia alla resistenza antimperialista, alla lotta per il superamento del modo di produzione capitalistico e alla costruzione del socialismo del secolo XXI.

Commissione Internazionale della Rete dei Comunisti

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