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Siria. Ma quanto sexy è Bengazi?

 L’annuncio è arrivato dopo un incontro all’Eliseo con il leader della coalizione, Ahmad Moaz al-Khatib, che ha sostenuto di voler formare in fretta “un governo di tecnocrati” che includa “tutte le componenti” della Siria. Dopo esser stato il primo paese occidentale a riconoscere come rappresentante unicamente la Coalizione, la Francia ne accoglierà anche il primo “ambasciatore”: Monzir Makhous, un diplomatico francofono che appartiene alla comunità alauita, come il presidente siriano Bashar al Assad e che ha fatto parte del Consiglio nazionale siriano. Una posizione “immorale”, quella della Francia, ha affermato il governo siriano. E il 30 novembre, il Giappone ospiterà il quinto summit internazionale degli Amici del popolo siriano. Sono attesi 150 delegati in rappresentanza di una sessantina di paesi, intenzionati a trovare nuovi mezzi per far pressione su al Assad. Il vertice che si svolgerà a Tehran la prossima settimana, al quale parteciperanno i rappresentanti dei vari gruppi etnici, dei partiti politici, delle minoranze e dell’opposizione siriana interna, oltre ad esponenti del governo siriano, è invece boicottato dalla Coalizione e dai suoi alleati internazionali. In questo contesto si inquadra il documento scritto dal giornalista Pepe Escobar sulla rubrica “The Roving Eye” per Asia Times Online.

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Ma quanto sexy è Bengasi?

THE ROVING EYE – Medio Oriente

La “Love Story” del Pentagono – il “re è nudo” nel caso Petraeus-Broadwell-Kelley-Allen-FBI – è una farsa che tende a ripetersi. Ma questa commedia non dovrebbe davvero snodarsi fra sesso, bugie ed e-mail. Questo teatrino dovrebbe interessare Bengasi!

Scandalo o no, il generale David Petraeus ha infine accettato di testimoniare presso la Commissione di Intelligence del Senato sull’attacco dell’11 settembre 2012 contro il consolato degli Stati Uniti in Libia, in cui sono stati uccisi l’ambasciatore Chris Stevens e tre altri Statunitensi; in buona sostanza dovrà rispondere su ciò che la CIA aveva fatto prima, durante e dopo l’attacco.

Per quanto riguarda il presidente Obama, nella sua prima conferenza stampa dopo la rielezione, ha ammonito i repubblicani – che da settimane hanno cercato di torcere per i propri scopi la questione Bengasi – di smetterla di “inseguirmi”; di braccare l’ambasciatrice alle Nazioni Unite Susan Rice, “che non aveva nulla a che fare con Bengasi, e semplicemente aveva relazionato sulla base di informazioni che aveva ricevuto”, e che era “oltraggioso” “infangare la sua reputazione”.

Più dei repubblicani che hanno dei problemi con il presidente, è Petraeus che ha più di un problema con la nazione. In posizione di profondo contrasto, i repubblicani ovviamente perderanno il controllo quando Petraeus dirà al Senato esattamente quello che ha riferito alla Casa Bianca due mesi fa.

Il generale – e in seguito la Segretaria di Stato Hillary Clinton, oltre a Susan Rice – tutti avevano dichiarato che l’attacco di Bengasi doveva essere attribuito ad un certo ridicolo video di YouTube offensivo nei confronti del profeta Maometto.

In quel momento, la tresca amorosa di Petraeus con la sua “Pupa Biografa”, Paula Broadwell, era già storia. Ma probabilmente egli non sapeva di essere già caduto nella trappola di Jill Kelley, presenza “mondana” nella vita sociale di Tampa, che provocava le indagini dell’FBI su e-mail moleste di Paula. E poi, la settimana scorsa, l’inchiesta “miracolosamente” veniva a galla, immediatamente dopo l’Election Day, e quindi Petraeus veniva programmato a testimoniare al Senato.

Egli può aver fallito nei suoi calcoli per salvare il suo incarico. Ma non c’è motivo di dubitare che metterà a segno una esibizione senza intoppi al suo “special sotto giuramento” su Bengasi.

Una micidiale macchina sfrenatamente ambiziosa

L’idea che il Generale, ormai caduto in disgrazia, uscirà pulito per quanto riguarda l’attuale modus operandi della CIA è tanto fantasiosa, quanto quella che Paula Broadwell possa interpretare Biancaneve.

Dal momento in cui Petraeus veniva nominato direttore della CIA da Obama, l’agenzia veniva trasformata in una vera e propria macchina di morte paramilitare – non esattamente un HUMINT da paradiso (una HUM-INT comprende una vasta gamma di fonti spionistiche.)

Si tratta di operazioni segrete, oscure e sinistre, praticamente fuori controllo dai poteri esecutivo, legislativo, e giudiziario e dai mezzi di comunicazione.

Questa rigida militarizzazione della CIA sottintende che l’agenzia si dichiari ovviamente estranea sull’uso bellico dei droni. Per non parlare di come vengono selezionati i suoi attentati omicidi mirati, dal Corno d’Africa alla Penisola Arabica, alle aree tribali del Pakistan; e di chi ha la fortuna di vivere (o morire) un altro giorno.

Ciò che rende la situazione ancora più assurda è che alla CIA viene affidata dalla Casa Bianca perfino l’analisi obiettiva delle proprie iniziative di guerra ombra.

Questo inevitabilmente ci riporta a Bengasi – e alla esplosiva notizia riportata da Fox News che, citando una fonte anonima di Washington, affermava che il consolato di Bengasi conteneva una “dépendance della CIA”, dove erano in stato di “detenzione” tre miliziani libici, combattenti della jihad islamica salafita, per meglio dire sottoposti ad attività “ricreative acquatiche”, in pieno stile Dick Cheney.

Per quanto riguardava le sessioni di interrogatori, ne erano responsabili contractor mercenari, una congrega segreta di ex appartenenti ai Corpi Operativi Speciali – come la stessa CIA più tardi ribadiva all’opinione pubblica, visto che “non aveva più l’autorità di detenzione dal gennaio 2009, quando era stato emanato l’Ordine Esecutivo 13491.”

Ma altri combattenti provenienti da tutta l’Africa settentrionale e dal Medio Oriente in precedenza erano stati “ospitati” a Bengasi. In conclusione, questa “dépendance” costituiva il più importante buco nero della CIA in tutto il Nord Africa.

Quindi qui siamo in presenza di un covo “segreto” della CIA aggregato a un consolato – e ovviamente… non agli ordini del Dipartimento di Stato – che disponeva di personale formato da contractor di “ex” o ancora appartenenti alle Forze Speciali, e che accoglieva uomini sottoposti a “renditions”, a rapimenti, su cui venivano imposte la “detenzione” e certamente pratiche di tortura, illegali secondo la legge usamericana. Erano tutti lì a lavorare per Petraeus – e non per la Hillary Clinton!

E questo non può essere stato l’unico di tali luoghi di…villeggiatura – da quando le Forze Speciali hanno cominciato a scorazzare per il Nord Africa, e si dà il caso che la CIA amministri un covo anche in Somalia.

Scommettiamo una cantina piena di “Chateau Petrus” che assolutamente il Generale non proferirà parola su tutto questo nella sua prossima testimonianza al Senato. Il Generale ripeterà che era stato il video contro il Profeta Maometto a provocare Bengasi.

Ed allora, eccoci a Boobghazi!

Secondo tutte la classifiche, Boobghazi (gioco di parole: la Bengasi delle tette!) batte alla grande Benghazi.

Nessuna meraviglia, data la farsa messa in scena dalla “Pupa Biografa” Paula e la sua virtuale baruffa con la “spumeggiante” libanese-usamericana Jill Kelley, alias Jill Khawam, alias Gilberte J. Kelley, alias Gigi Khawam, alias Gigi Kelley, e viste le attività da “volontaria” di questa Kelley nell’“organizzazione di eventi sociali” presso la base Centcom di Tampa, in Florida, per non parlare dei suoi scambi terribilmente faticosi, fino a 30 e-mail al giorno, tutti i giorni, con il generale John Allen, su un periodo non inferiore a tre anni. Non c’è da stupirsi, che Allen non trovi il tempo per mettere le mani alla risoluzione di quel fastidioso problema con i Talebani!

(N.d.tr.:John Allen, l’ex numero due di Petraeus, attuale capo delle forze armate in Afghanistan, è sotto inchiesta del Pentagono per scambi di e-mail sospette con Jill Kelley, la donna all’origine dell’inchiesta dell’FBI.)

Il “Tampa Bay Times” sta vivendo una giornata campale dopo l’altra, descrivendo la trasformazione della “decennale fama di South Tampa per la gentile ospitalità verso i militari”; il giornale afferma che il “ground zero” per i nuovi intrighi sexy “non è il Pentagono, ma una villa suntuosa su Bayshore Boulevard abitata da una famiglia con smisurati appetiti e debiti giganteschi”, cioè, i Kelley.

Con tanta boccacesca turpitudine in offerta, è ben duro concentrarsi sulla politica estera. Eppure Bengasi può essere solo l’antipasto di ciò che sta fermentando in Siria.

Bengasi – così come Derna città costiera stagnante in mezzo al deserto – hanno alimentato la guerra di ribellione della NATO contro la Libia fornendo innumerevoli combattenti ribelli salafiti-jihadisti, compresi quelli direttamente collegati ad al-Qaeda tramite l’ “ex” Libya Islamic Fighting Group, formazione di combattenti islamici in Libia, (LIFG).

Non vi è alcun dubbio che l’ambasciatore Chris Stevens fosse in stretto contatto con questo potente reparto “ribelle”- e con la superstar islamista Abdelhakim Belhadj.

Dopo che il colonnello Gheddafi è stato catturato, linciato e massacrato dai “ribelli, – con ampio e previo supporto di missili statunitensi e delle Forze Speciali del Qatar sul terreno – Islamisti libici, con Belhaj in prima linea, hanno iniziato a contrabbandare Salafiti jihadisti armati di tutto punto in appoggio ai ribelli siriani che combattono contro il governo di Assad.

Ci è voluto un po’, ma alla fine Hillary e il Dipartimento di Stato si sono svegliati, dopo aver subito il duro contraccolpo. Questa è stata la ragione principale per cui Hillary ha tanto premuto per un “remix” della leadership dell’opposizione siriana, sancito lo scorso fine settimana a Doha.

Alla sua conferenza stampa, Obama ha spiattellato sulla Siria tutta una serie di banalità, del tipo “ci siamo ampiamente impegnati con la comunità internazionale” e “costantemente ci stiamo consultando con l’opposizione”, vale a dire con la Turchia, la Giordania e Israele (in modo significativo, Obama non ha fatto parola degli oppositori chiave anti-Assad, membri del Consiglio di Cooperazione del Golfo, l’Arabia Saudita e il Qatar).

Ha comunque messo in guardia gli “elementi estremisti” all’interno dell’opposizione siriana, e si è impegnato a non armarli. Almeno pubblicamente.

Questo venerdì vede il suo inizio a Londra una nuova conferenza di donatori per la Siria – a seguito del fracasso messo in atto dagli “Amici della Siria” di Hillary. In questa sede l’Occidente prenderà formalmente conoscenza con il nuovo leader dell’opposizione, Moaz al-Khatib – che il sistema dei media occidentali, all’unisono, sta convulsamente spacciando come un “moderato”, con “impeccabili credenziali rivoluzionarie”, che guiderà, secondo le sue espressioni, la Siria a divenire uno “stato civile”.

Questo è tanto ridicolo quanto la farsa di Boobghazi.

Al-Khatib ha già dichiarato che i problemi della Siria vanno risolti con le “armi”. La Francia – che sotto la presidenza Hollande rimane così pateticamente neo-colonialista come sotto Re Sarko – lo ha già riconosciuto come leader e la nuova organizzazione dell’opposizione, essenzialmente creata sotto le pressioni degli Stati Uniti e del Qatar, viene combinata con vaghe promesse di denaro contante.

Al-Khatib – l’ex imam della moschea degli Omayyadi a Damasco, una posizione che non avrebbe mai ottenuto senza il consenso dei servizi segreti siriani – è noto per avere invocato la jihad, la guerra santa, per salvare il mondo dell’Islam. E poi l’argomento decisivo: egli è assolutamente sicuro che Facebook rappresenti un complotto israelo-statunitense.

Con nemici-che-erano-amici, come gli Stati Uniti, Francia, Arabia Saudita, Qatar e la Turchia, alla Siria di certo non fanno difetto i nemici. Teniamoci forte per i contraccolpi; quello che è successo a Bengasi è solo l’antipasto offerto dai sempre più scatenati amici-nemici degli Stati Uniti. Non possiamo più contare su Petraeus e Allen (generali a quattro stelle) per difendere la patria? Beh, abbiamo sempre a disposizione l’“animatrice sociale” a quattro stelle Jill Kelley!

(traduzione di Curzio Bettio di Soccorso Popolare di Padova)

Pepe Escobar (nato nel 1954) è un giornalista brasiliano residente a San Paolo del Brasile, che scrive esclusivamente in inglese. Tiene regolarmente una rubrica dal titolo The Roving Eye (L’occhio errante) per Asia Times Online, ed è analista politico e corrispondente per The Real News Network. Il suo articolo, “Get Osama! Now! Or else…”, è stato pubblicato da Asia Times Online due settimane prima dell’attacco terroristico dell’11 settembre 2001; in questo documento, egli affermava che Al Qaeda stava preparando qualche attacco rovinoso.

Bibliografia:

Escobar, P. 2007, Globalistan: How the Globalized World is Dissolving into Liquid War, Nimble Books.

Escobar, P. 2007, Red Zone Blues: A Snapshot of Baghdad During the Surge, Nimble Books.

Escobar, P. 2009, Obama Does Globalistan, Nimble Books.

Pepe Escobar può essere raggiunto a pepeasia@yahoo.com

http://www.atimes.com/atimes/Middle_East/NK16Ak02.html

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