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Perché Monti vuol far morire la sanità pubblica

* Docente all’Università Tor Vergata di Roma, esperto di politiche sanitarie (Il Fatto Quotidiano 6 dicembre 2012)

Le maldestre dichiarazioni del presidente Monti sulla sanità ci dicono che il governo sta lavorando a un cambio di sistema. Con l’inganno dell’assistenza integrativa, potrebbero arrivarci addosso mutue e fondi assicurativi a sostituire, non a integrare, lo Stato in parti rilevanti della tutela pubblica. E siccome sono cose costose, che “l’anatra zoppa” si arrangi e addio all’universalismo e alla solidarietà. Sono convinto che un’operazione del genere è più ideologica che dettata dai problemi oggettivi della sanità, per cui c’è da chiedersi che diritto abbia un governo tecnico di mettere in croce milioni di persone con un anacronistico neoliberismo. La situazione oggi per i cittadini è molto più pesante di quando, 50 anni fa, avevamo il sistema mutualistico: 9 milioni di persone sono fuori dall’area del diritto, 2 milioni e mezzo di nuclei familiari abbandonano le cure perché non hanno i soldi per pagarsele e solo 8 regioni riescono a fatica a garantire le cure dovute per legge. La spesa che il cittadino sborsa per avere ciò di cui avrebbe gratuitamente diritto è altissima: siamo a 2 punti di pil. Ma questo è ancora niente. Con la spending review, i tagli lineari e la legge di Stabilità (sono le regioni a dirlo), la situazione diventerà una “tragedia greca”. Il doppio senso non è casuale. Non mi stupisce quindi che si voglia mettere mano a un cambio di sistema con l’intenzione di frammentare e delimitare il più possibile il bacino del dissenso sociale. Credo che la spending review sia stata sottovalutata per le sue dirompenti implicazioni non tecniche, ma politiche. E stata vista dalla maggior parte dei commentatori, regioni in testa, come una prova di rigore esagerato. MA IN REALTÀ crea di fatto le condizioni per una devastante privatizzazione del sistema. I tagli non sono solo esagerati, ma pensati per ridefinire di fatto i confini del servizio pubblico e per definanziare il sistema. I tagli lineari stanno al definanziamento come le mutue stanno alla privatizzazione. Quindi perché meravigliarsi se oggi Monti ci viene a parlare di mutue e di assicurazioni private? Sappiamo che sulle mutue sta lavorando il ministro Balduzzi (area Pd), a conferma del fatto che la “sinistra”, pur con qualche incertezza, ci sta pensando da tempo. Del resto, chi non sa come andare avanti ritiene saggio tornare in dietro. E inutile dire quali enormi interessi si celino dietro la ricostruzione delle mutue. Fu Rosy Bindi, oggi presidente del Pd e nel 99 ministro della Salute, a sdoganare con la sua riforma le mutue integrative (dopo che le mutue erano state proibite dalla riforma del 1978). OGGI il governo Monti ci pone di fronte a una premessa fallace e a una falsa alternativa: siccome abbiamo problemi di bilancio, o aumentiamo le tasse o diminuiamo i servizi cioè cambiamo il sistema. Tocca al riformismo vero, al pensiero forte rispondere: mi riferisco a quel riformismo che non alberga, purtroppo, né negli assessorati né nei ministeri, ma nel mondo della sanità e dei servizi, nelle esperienze dei cittadini organizzati, nei progetti e nelle strategie di medici e infermieri, nella cocciutaggine di chi in questi anni ha cercato le strade per conciliare i diritti con i limiti economici. Occorre una “riforma pubblica” che organizzi questo immenso patrimonio. Al ricatto “più tasse o meno servizi” dobbiamo rispondere con il cambiamento intelligente che alleggerisca il sistema, che lo ripensi profondamente, che lo moralizzi dalle tante forme di corruzione e di speculazione, che riduca il numero delle malattie e dei malati, insomma che lo faccia costare strutturalmente di meno e funzionare meglio. Far morire la sanità pubblica è un crimine contro gli italiani, perché non conviene a nessuno, neanche ai più ricchi. Niente ci obbliga a farlo: tutti, ma proprio tutti i problemi oggettivi della sanità sono risolvibili. Si tratta solo di svecchiare, rinnovare, reinventare, riformare… riformare… e ancora riformare.

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