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America, la forza fragile dell’impero

Per uscire dal tunnel tenebroso dell’ideologia ignorante non c’è nulla di meglio dell’informazione. Sul prossimo ma esitante attacco statunitense alla Siria si sentono – soprattutto ” a sinistra” – autentiche corbellerie. Per aiutare a comprendere la partita che si sta realmente giocando, riportiamo qui un articolo scritto dal generale Fabio Mini per Repubblica. Insomma, due fonti non certo appartenenti davvero al nostro campo.

Ciò nonostante, sottolineiamo qui due informazione secondo noi importanti. La prima è che l’Occidente potrebbe essere bersaglio di “rappresaglie terroristiche” da parte dei “ribelli” se l’intervento militare Usa non ci sarà. Ed è certamente una novità: si ammette che le forze “ribelli” che gli Usa si apprestano a supportare sul terreno sono “terroristi” e soprattutto che non sono esattamente degli “alleati”; men che meno “rappresentanti della libertà”.

La seconda riguarda invece la struttura stessa della forza militare statunitense: troppo estesa, troppo tecnologica, troppo esposta in ogni angolo del pianeta. Muos di Niscemi incluso.

Ragionare freddamente si può, basta uscire dal tunnel…

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Siria, doppia trappola nel Mediterraneo in armi

Sta per arrivare tempesta nelle acque del Mediterraneo: la portaerei americana Nimitz è in rotta dall’oceano Indiano verso il mar Rosso, insieme con il suo gruppo navale, quattro cacciatorpediniere e un incrociatore. Il Pentagono sostiene che non ha l’ordine di entrare nel Mediterraneo, ma sarà comunque presto pronta per sostenere un attacco alla Siria. Al largo della costa siriana, la Us Navy schiera già cinque cacciatorpediniere, dotati di missili da crociera Tomahawk, e forse anche uno o più sottomarini.

Mosca invece ha fatto partire dalle base ucraina di Sebastopoli, nel mar Nero, la nave spia Ssv-201 Priazovye. Farà riferimento al porto di Tartus, in Siria, unica base russa al di fuori dell’area dell’ex Urss. La nave da ricognizione si affianca alle quattro unità militari già presenti nel Mediterraneo, e allo schieramento dovrebbe aggiungersi presto anche un mezzo per la lotta ai sommergibili.

Ma ancora non c’è nessuna decisione sulle ipotesi di intervento. Obama non sembra del tutto convinto dalle prove messe insieme dalla sua intelligence, e forse sente di aver messo America e alleati in una doppia trappola: di Assad, pronto a reagire se attaccato, dei ribelli, se insoddisfatti dell’intervento. Lo scenario mediterraneo non garantisce esiti scontati, la minaccia siriana di rappresaglia è tutt’altro che peregrina. L’apparato militare americano è vulnerabile, perché troppo esteso, troppo tecnologico e troppo caro. E le forze da combattimento americane sono bersagli “paganti”, in tutto il mondo.

La minaccia di Assad più verosimilmente sarà diretta contro Israele e il Libano, ma non si possono escludere attacchi anche successivi contro i paesi della eventuale coalizione o contro quelli che ospitano basi americane. La ritorsione delle squadre terroriste dei ribelli potrà essere rivolta contro coloro che non sono intervenuti. E qui l’Europa e l’Italia che fingono di non essere interessate alla questione militare si trovano in prima linea. “Non concedere le basi” agli americani è una tipica foglia di fico. Non fa desistere chi le vuole colpire e non interessa gli americani le cui basi sono regolate da accordi bilaterali che non sempre prevedono clausole limitative e comunque non si applicano quando la sicurezza americana è in gioco.

Un attacco al Libano sarebbe un disastro per Unifil che schiera circa 11.000 soldati di 32 nazioni, di cui oltre mille italiani. La missione è praticamente in ostaggio di israeliani ed Hezbollah (che nei giorni scorsi ha mobilitato i militanti), quindi della Siria e dell’Iran. Anche i russi, con la loro unica base navale all’estero proprio in Siria sono a loro modo ostaggi della Siria e quindi delle iniziative americane.

Nel Mediterraneo e aree limitrofe le forze americane hanno sedi permanenti nella base di Lajes nelle Azzorre (territorio portoghese), in Spagna ci sono le basi di Moron De La Frontera, Torrejon e Rota. In Grecia le basi di Soudha, Makri e Eraklion. Nei Balcani ci sono forze e basi in Bosnia, Kosovo, Ungheria, Macedonia, Bulgaria e Romania. In Turchia ci sono le basi aeree e radar di Cigli, Mus e Incirlik, il centro Ripetitori Radio di Karatas, il deposito carburanti di Yumurtalik, il comando aereo Nato di Smirne e le strutture di supporto navale di Smirne e Ankara. La stazione radar di Incirlik dipende dal Comando strategico Usa e quindi fa parte del sistema missilistico e da bombardamento nucleare. Ed è a distanza di tiro.

Dal Golfo Persico al mare Arabico fino al Corno d’Africa ci sono basi e reparti in Qatar, Bahrein, Arabia Saudita, Dubai, Abu Dhabi, Oman, Kuwait, Yemen e Gibuti. In Egitto c’è il Terzo Centro di ricerca di medicina navale e in Israele è stata di recente attivata la stazione antimissile di Nevatim, nei pressi della centrale nucleare di Dimona. Israele ospita anche nel porto di Haifa alcune strutture di supporto per la Sesta flotta che opera nel Mediterraneo.

In Italia sono presenti circa 10.000 soldati in 64 installazioni. Il comando della Marina americana in Europa, fino a pochi anni fa dislocato a Londra, oggi è a Napoli. Il comando della Sesta flotta è a Gaeta mentre i cacciabombardieri sono dislocati ad Aviano. A Livorno c’è una base logistica dell’esercito che serve tutto il Medio Oriente. Altre basi sono a Capodichino e Lago Patria di Napoli e a Vicenza (dove c’è l’unica forza terrestre americana aerotrasportata per interventi rapidi), altre installazioni sono a Catania, Coltano e Ghedi. A Sigonella l’Aeronautica italiana “ospita” una base della Marina Usa che gestisce gli aerei spia, i trasporti aerei da e per il Medio Oriente, i rifornimenti in volo e i droni Global Hawk che saranno senz’altro fra i mezzi scelti per l’attacco. Un altro obiettivo “pagante” si trova a pochi chilometri da Sigonella, nell’area protetta della sughereta di Niscemi, dove gli americani stanno installando una delle quattro basi terrestri del Muos: il sistema globale di trasmissione satellitare di dati per il comando dei mezzi militari nel mondo.

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