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India. Lotta di classe nel settore dell’auto (nuova puntata)

Dopo un lungo periodo di lotta dal giugno 2011 al luglio 2012 culminato con un attacco collettivo ai rappresentanti del padronato, era lampante che il medesimo sarebbe andato alla radice dell’organizzazione Operaia cercando di cambiare sostanzialmente la forza-lavoro.

COMPOSIZIONE DELLA FORZA-LAVORO: DIVISIONI SALARIALI E GERARCHIE GENERAZIONALI


 

Dopo il 18 luglio 2012 circa 550 Operai a tempo indeterminato su 1000 sono stati licenziati. Per tentare di sostituirli circa 150 sono stati spostati dallo stabilimento di Gurgaon a quello di Manesar, in particolare presso il settore C, operativo dal luglio 2013, non senza alcuni brevi scioperi degli edili come si vedrà in appendice a questo numero. Oltre ai 550 permanenti, circa 2200 su 2500 precari sono stati cacciati sostituiti da Operai assunti come “collaboratori”.

La prima decisione a seguito della rivolta del 18 luglio è stata quella di non assumere più Operai a contratto presso MARUTI SUZUKI(precari) nel reparto di produzione. Questo è stato innanzitutto un chiaro segnale politico, nel senso che “vediamo la fragilità di questo sistema e cerchiamo di fare qualcosa al riguardo”. Invece di utilizzare Operai a contratto si è preferito introdurre una nuova categoria (Company Casuals) (una sorta di contratti di collaborazione, ndt) .

Gli Operai così inquadrati sono direttamente assunti dall’azienda, il che non fa guadagnare in salario o diritti, ma permette a MARUTI SUZUKI un controllo più diretto sulle assunzioni. “Abbiamo eliminato agenzie di lavoro e contratti a scadenza. Siamo tornati al sistema già in vigore a Gurgaon. Facciamo un’analisi completa del candidato, controlliamo la sua storia, la sua famiglia. Inizialmente sono assunti come apprendisti e valutati per un anno, in seguito vengono sottoposti ad un esame ed inquadrati come tirocinanti per due anni. La cosa più importante è l’atteggiamento” ha annunciato il presidente Barghava in una recente intervista. I collaboratori lavorano per sei o sette mesi e poi licenziati; alcuni vengono poi richiamati dopo un paio di mesi. MARUTI SUZUKI in questo modo impedisce l’esistenza di una forza-lavoro permanente.

In precedenza, i precari in MARUTI che avevano lavorato lo stesso periodo degli attuali collaboratori spesso restavano per diversi anni. I nuovi contratti sono una decisione politica del padrone che impatta sulla produzione. Se da un lato la maggior parte degli addetti è stata sostituita dopo sei mesi, dall’altro si ostacola una maggiore esperienza di gruppo nel lavoro e la costante necessità di formazione: ciò influisce negativamente sulla produttività. In termini generali, essa già scendeva durante la prima occupazione del giugno 2011, passando da 45 secondi per un’auto a 60 secondi, complessivamente di 960 auto su due turni. A novembre 2013 i livelli crollano a 795 vetture, con previsioni di rialzo a 900 entro gennaio 2014. Dopo il rallentamento della catena di montaggio dall’estate 2011 la velocità delle linee è rimasta invariata, nonostante la crisi. Il padrone piuttosto di fermare la catena manda gli Operai a fare pulizie per un’ora a turno rallentando ulteriormente il ciclo, conscio di un inasprimento delle tensioni Operaie come risposta ad un eventuale accelerazione.

Complessivamente possiamo affermare che il numero di Operai permanenti è effettivamente diminuito da luglio 2012 in relazione a “collaboratori” (o precedentemente con i precari) e tirocinanti. Nonostante le dichiarazioni di volere fare a meno di contratti a tempo, almeno 150 Operai così inquadrati svolgono ancora lavori di movimentazione merci e trasporto. Ciò ci porta alla seguente composizione in termini salariali. Possiamo notare facilmente che dai regolamenti venuti successivamente al 2012 il divario tra Operai fissi e precariato è aumentato considerevolmente: (1 rupia indiana: 0,000061 euro)

GIUGNO 2011

PERMANENTI: da 13000 a 17000 rupie

APPRENDISTI: da 8000 a 10000 rupie

PRECARI: 6500 rupie


 

NOVEMBRE 2013

PERMANENTI: da 32000 a 36000 rupie

APPRENDISTI: da 16000 a 18000 rupie

COMPANY CASUALS-COLLABORATORI: 13800 rupie (11000 al netto di tasse e fondo previdenziale)

PRECARI: da 5500 a 6000 rupie


Inoltre, il premio annuale di produttività per i fissi, equivalente quasi ad uno stipendio aggiuntivo, è stato nuovamente introdotto nel 2013 dopo la sospensione nell’anno precedente. Presso la fabbrica di Gurgaon, MARUTI SUZUKI ha avviato un sistema di concessione di prestiti agevolati ai dipendenti per cifre da 100000 a 300000 rupie, se il richiedente trova altri due Operai come garanti: ciò fidelizza ulteriormente i lavoratori stabili al padronato.

Dopo il 18 luglio, gli Operai più anziani in attesa di pensionamento sono stati trasferiti da Gurgaon a Manesar godendo di un salario di circa 50000 rupie in più. Essi sono stati affiancati a collaboratori neoassunti e tirocinanti freschi di formazione da istituti professionali. Gli Operai con cui abbiamo parlato sapevano, della lotta del biennio 2011-2012, poco più di un semplice “è stato ucciso un dirigente”. Questa divisione generazionale tra Operai esperti e precari neoassunti vorebbe insomma evitare quella “miscela esplosiva” di 25enni arrabbiati, ovverosia la fascia d’età che ha spinto in avanti le lotte alla MARUTI nel 2012.

Molti trasferimenti avvengono tra MARUTI SUZUKI e SUZUKI POWETRAIN; lo stesso avviene a Manesar. Le due società si sono fuse nel 2012 ma gli Operai POWERTRAIN hanno un sindacato separato (HMS): tale sindacato si oppone ai trasferimenti tra Gurgaon, Manesar e POWERTRAIN denunciando che ciò mina la posizione unitaria del sindacato. Ultimi ma non meno importanti sono i trasferimenti politici degli “Operai attivi”: ad esempio il padrone ha trasferito i 13 delegati sindacali dalla fabbrica di Manesar ai distanti show-room di MARUTI. Ciò ha seguito di notevoli pressioni ed il collaborazionismo della polizia: un familiare di uno di questi Operai è stato convocato in centrale, minacciando la prigione (come per gli altri 150 sindacalizzati) se l’Operaio non avesse accettato senza discussioni lo spostamento.


ALL’ESTERNO DELLA FABBRICA: I PRIGIONIERI POLITICI E L’APPAGAMENTO INDUSTRIALE

Al di fuori della fabbrica, le principali pressioni avvengono sui 150 prigionieri politici  detenuti nel carcere di Bhondsi, vicino a Gurgaon. Il numero di Operai e famiglie coinvolte in campagne di solidarietà come scioperi della fame o tour di denuncia intorno al distretto di Haryanasono scesi dalla fine del 2012. Ogni tentativo di manifestare nelle aree industriali è represso dalla polizia: la prevista dimostrazione per il primo anniversario della rivolta, il 18 luglio 2013, è stato accolto da oltre 10.000 poliziotti. In un’ altra occasione, quando la “biciclettata Operaia” si è avvicinata di molto a Manesar, i manifestanti sono prima stati posti in stato di fermo e successivamente indirizzati verso Rohtak, luogo con “meno potenzialità contagiose” dei distretti produttivi.

Operai e dimostranti accettano in larga parte di partecipare a tali campagne, che potrebbero essere utili ma sicuramente insufficienti. Uno dei principali obiettivi della polizia è quello di incanalare le lotte sulla stretta via della anti-repressione, la quale generalmente non si moltiplica e non colpisce il profitto dei padroni. È così, lo stretto rapporto tra Stato e padroni si sta sempre più rivelando, regalando una buona lezione a chiunque abbia speranze di “democratiche libertà”.

Mentre il gioco di polizia, tribunale e dipartimento del lavoro è più semplice da svelare, molto più complesso è capire la dinamica statal-padronale di imporre la pace sociale oltre alle limitazioni sindacali nell’area. Come si è visto con l’esempio della lotta alla NAPPINO AUTO, i tentativi in questo settore produttivo di istituire sindacati “all’interno di ogni società” proseguono anche dopo il 18 luglio 2012: vi è quindi da analizzare fino a che punto i sindacati sono – volontariamente o meno – parte della strategia statal-padronale, od anche solo di quella di contenimento.

da Gurgaon Workers News traduzione a cura di lalottacontinua.iobloggo.com

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