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Ross@: il cammino di una proposta politica

Ad un anno dalla ideazione resa pubblica, in forma assembleare a Bologna, della proposta di un nuovo spazio politico a sinistra, tutte le ragioni presentate allora si vanno confermando.
1) Il Paese sta vivendo un periodo di recessione peggiore di quello del dopoguerra, senza che vi sia stata apparentemente nessuna guerra dichiarata. Il dato della disoccupazione e della precarietà è tristemente illuminante.
La dismissione del tessuto industriale (manifatturiero, agro-alimentare, chimico, siderurgico), l’arretramento della mano pubblica in settori persino strategici di sviluppo e produzione basilare (telecomunicazioni, energia, trasporto, ecc.), la sostanziale trasformazione capitalistica che ha spostato i propri interessi dall’ambito della produzione a quelli della finanza hanno disegnato una conversione complessiva, che ha pesato esclusivamente sulle spalle dei ceti popolari  sia in termini di agibilità dei diritti sociali minimi  (salute, lavoro, ambiente, istruzione, cultura, ecc.) che di accesso democratico;

 

2) la situazione politica e sociale italiana ha subito, dopo le già esiziali e antipopolari misure dei vari governi degli ultimi vent’anni rese più intollerabili dagli esecutivi guidati da Berlusconi, Monti e Letta (questi ultimi in stretta connessione con le politiche imposte dall’UE, dalla BCE e dal FMI) una accelerazione verso un progressivo e negativo sistema complessivo che, incarnato ed incardinato oggi nel governo Renzi, in una torsione autoritaria inaudita che sta portando il Paese ad una sempre maggior riduzione degli spazi democratici (sindacali, politici e sociali) e della loro espressione.
Una accelerazione velocizzata dalla scomparsa/estinzione de facto dei cosidetti corpi intermedi (questo vale sia per l’ambito dei partiti politici, che da soggetti collettivi ad integrazione di massa si sono trasformati in partiti azienda, partiti personali, comitati elettorali, partiti frattali sia per le organizzazioni sindacali confederali) e dal formarsi di organizzazioni movimentiste di chiara impostazione leaderistica e populista.
L’analisi ci indica che siamo di fronte ad un processo di vera e propria degenerazione del sistema, fondato su almeno tre elementi portanti:
– il decisionismo, impersonificato dalla modifica -nei fatti- del ruolo del Presidente della Repubblica e dal progetto di mutamento nelle funzioni del Presidente del Consiglio;
– un fenomeno di vero e proprio “sfarinamento sociale”, considerati i bassissimi livelli di conflitto che scaturiscono da una situazione di vero e proprio inasprimento della contraddizione dello sfruttamento nel rapporto capitale e lavoro causato dalla particolare aggressività della gestione capitalistica della crisi;
– l’idea di governabilità considerata ormai quale unico “bene in se’” dell’azione politica.
Difatti il tema della legge elettorale ha reso reale e concreto il vero e proprio “precipitare degli eventi” di questi ultimi tempi: dalla vicenda del cosiddetto “Porcellum” giudicato –caso unico nel quadro delle cosiddette democrazie avanzate- illegittimo dalla Corte Costituzionale, fino all’accordo “Berlusconi/Renzi” per una proposta di legge liberticida contenente, per di più, gli stessi profili di incostituzionalità della precedente. Una proposta liberticida che non pare essere decodificata con la dovuta attenzione per la prospettiva di svolta autoritaria che rappresenta.
L’intreccio tra questo stato di cose e l’idea della “velocità del fare”, saltando completamente il ruolo delle istituzioni e dei corpi intermedi, che vanno recuperati alla loro funzione di rappresentanza, soffocando il conflitto (com’è nel caso della legge, altrettanto liberticida di quella elettorale, sulla rappresentanza sindacale) può trovare anche il suo punto di saldatura nel consegnarsi alla protezione di un “uomo forte”.
Intanto il sistema PD, al quale come Ross@ siamo fin qui stati del tutto estranei, si sta trasformando in sistema “Renzi” nel quadro di un’involuzione dello stesso concetto di personalizzazione della politica.
3) Sul piano internazionale sono tornati a spirare venti di guerra e riappare la logica di divisione del mondo in blocchi suddivisi tra opposti imperialismi egualmente pericolosi.
L’Europa vive sotto il tallone di ferro dell’imposizione monetarista, definita dal trattato di Maastricht, in un quadro complessivo di “deficit democratico” per mezzo del quale esercita il proprio dominio la grande finanza che ha imposto l’adozione di norme iugulatorie ai paesi membri come il fiscal compact e l’obbligatorietà del pareggio di bilancio (inclusa dal Parlamento Italiano e Spagnolo addirittura in Costituzione) costringendo i paesi resi più deboli economicamente dalla crisi finanziaria a ridurre in condizioni di servaggio i propri cittadini, come è avvenuto in modo drammatico nel caso greco e in quello portoghese.
L’arretramento politico di matrice anticapitalistica è reso evidente dalla realtà dei fatti: nelle liste presenti alle prossime elezioni europee non ci saranno soggetti collocati in una dimensione seriamente anticapitalista perseguente l’obiettivo di “rottura” dei meccanismi perversi dell’Unione: la lista Tsipras si presenta, al di là delle negative specificità italiane, semplicemente come “antiliberista” e la sua posizione, riassunta nella denominazione “europeisti insubordinati”, appare -nella volontà dei promotori- coerente con la volontà scientemente perseguita di non mettere in discussione il sistema ma di svolgere una semplice funzione di “riduzione del danno”, quindi del tutto inadeguata rispetto alla gravità dello scontro in atto.
Non conteranno i risultati elettorali: né della lista Tsipras italiana né di altre formazioni anche di destra che si stanno aggirando pericolosamente per l’Europa. Deve infatti essere chiaro che, al di là della partecipazione al voto e della diversità tra le elezioni europee e quelle nazionali, la “crisi tira sempre a destra”. Aumentando le difficoltà di vita delle popolazioni crescono intolleranze, impostazioni sovraniste, razzismi, sperequazioni, ingiustizie sociali, marcato individualismo mascherato da identità nazionaliste.
Questa analisi indica di procedere nel progetto di costruzione di quel soggetto politico di opposizione e d’alternativa, Ross@, che risulta essere assolutamente necessario, pur nella realistica considerazione di tutte le difficoltà del contesto.
Un soggetto politico oggi del tutto assente dal panorama italiano. Un panorama reso sterile dalla collezione di straordinari fallimenti accumulati dalle residualità politiche che hanno agito in nome di una sedicente radicalità di sinistra. La lezione di questi fallimenti non è stata minimamente colta come segnale della necessità di un profondo cambiamento di rotta, a causa della pervicace volontà di autoconservazione di un ceto politico.
L’esito è stato devastante: si è via via persa parallelamente all’analisi politica coerente l’opportunità di una azione politica, facendo sopravanzare un sostanziale analfabetismo politico.
In questo quadro si è verificata una dispersione delle capacità di militanza e dello stesso elettorato della sinistra d’alternativa italiana, e sono mancate le necessarie pratiche di contrasto verso l’offensiva reazionaria in atto che ha potuto così costruire elementi di egemonia reale nella società (come è avvenuto a riguardo dell’escalation elettorale del M5S).
In questo senso Ross@ deve compiere un vero e proprio salto di qualità oltre a quanto già sta realizzando sul terreno della costruzione di una cultura politica antagonista e di una presenza di movimento, chiarendo che il progetto costitutivo di una adeguata soggettività politica della sinistra d’alternativa non può essere perseguito superando semplicemente residualità organizzative ma andando al cuore di quella grande massa di disponibilità alla militanza e all’impegno politico che nel corso di questi anni pare essersi smarrito. Questo può essere possibile soltanto recuperando i concetti fondamentali di identità politica anticapitalista e di classe agita nella dimensione dell’autonomia politico-organizzativa sul modello consiliare.
Identità ed autonomia risultano essere le precondizioni essenziali di attrattività alternativa per realizzare l’indispensabile aggregazione e il radicamento sul territorio, nelle lotte sociali, nelle fabbriche, nelle scuole, tra i ceti popolari.
Ross@ è così chiamata al proprio percorso costitutivo organizzando, nei prossimi mesi, a partire da assemblee territoriali, il necessario momento di definizione politico-organizzativo a livello nazionale, così come già indicato per il prossimo mese di giugno.

 

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