Menu

Il business dei farmaci equivalenti

 

L’autunno scorso la procura della repubblica di Frosinone ha posto sotto sequestro nove farmaci dell’azienda farmaceutica Geymonat per sospetti difetti di qualità. L’indagine è partita a giugno 2013 a seguito della segnalazione di un farmacista che aveva constatato che le supposte di Ozopulmin, un farmaco per la tosse ad uso prevalentemente pediatrico, presentavano alterazioni nella composizione. Infatti per la poca compattezza le supposte, non erano idonee all’uso e a seguito delle verifiche dei NAS risultò che non contenevano il principio attivo dichiarato, ma una sostanza simile che non aveva però alcun effetto terapeutico.

Dalle indagini risultò altresì che altre molecole della stessa ditta contenevano poco principio attivo. L’agenzia del farmaco (AIFA) con circolare federale n. 8469 del 4.9.2013 dispose quindi il divieto di utilizzo di tutti i lotti in commercio dei farmaci incriminati per ulteriori indagini e in una nota recente, del 5/03/2014, l’AIFA ha disposto la ‘revoca p a r z i a l e d e l provvedimento relativamente al medicinale “INTRAFER 50 mg/ml, gocce orali, soluzione flacone 30 ml AIC 016747026” – lotti nn. 120914; 130901 e 130902, considerato per questo farmaco l’esito positivo delle analisi effettuate sugli stessi’.

A seguito delle indagini tre manager della ditta sono stati arrestati per violazione dell’art. 440 del codice penale, che sanziona l’adulterazione e contraffazione di sostanze alimentari. La pena prevista è da tre a dieci anni, con l’aggravante possibile di adulterazione di un farmaco.

Su questa vicenda, dopo lo scalpore mediatico durato circa un mese, come accade spesso è sceso il silenzio assoluto.

La contraffazione dei farmaci Geymonat è consistita nella poca quantità del principio attivo e, per quanto riguarda l’Ozopulmin, farmaco pediatrico, addirittura la sostituzione del principio attivo con altra sostanza. Gli arrestati infatti hanno dichiarato che. per difficoltà di approvvigionamento adeguato della molecola base, questa è stata sostituita con altra molecola ‘simile’ ma dall’effetto terapeutico nullo. Queste dichiarazioni risultano, anche se gravi, comunque poco convincenti. E se stessero sperimentando di fatto un generico, utilizzando una molecola simile? Questo non potrebbero dirlo pubblicamente! Solamente dubbi!

Bene, al di la della specifica questione, su cui ci auguriamo in tempo breve notizie da parte della Procura e dell’AIFA, vorrei prendere spunto per fare il punto su alcuni aspetti della produzione e commercializzazione dei farmaci, delegate completamente alle multinazionali del farmaco con carenza o meglio assenza da parte dei governi, quindi idealmente della società, di possibili filoni di ricerca maggiormente utili per le popolazioni.

• Il primo punto riguarda la commercializzazione. I farmaci vengono catalogati in duegrandi categorie: ETICI e DA BANCO.

Il farmaco etico è quello che necessita di ricetta medica, per farmaco da banco quello per il quale la ricetta medica non è necessaria, che si può acquistare quindi liberamente.

 

• Tutti i farmaci poi sono suddivisi in farmaci BRAND e GENERICI. Per farmaci brand o di marca vengono indicati i farmaci prodotti dall’industria che ne detiene il brevetto. I generici o equivalenti vengono menzionati con il nome del principio attivo seguito dalla sigla DCI e dal nome della casa produttrice Anche il numero di unità posologiche (42 compresse) è identico. Es. DCI ATENOLOLO ACTAVIS è l’equivalente del TENORMIN.

 

• .Il farmaco è composto dal PRINCIPIO ATTIVO, componente principale di un farmaco,sostanza che è la principale responsabile del suo effetto terapeutico e dagli ECCIPIENTI, che permettono un assorbimento adeguato del principio attivo.

Pur essendo il principio attivo il responsabile dell’azione terapeutica specifica, gli eccipienti sono fondamentali per l’assorbimento, la distribuzione del farmaco nei tessuti, il metabolismo e l’eliminazione. Favoriscono cioè la farmacocinetica, ossia possibilità della sua utilizzazione da parte dell’organismo, nei tempi e nei modi desiderati per un determinato effetto terapeutico.

• Praticamente tutti i farmaci, oltre all’azione biologica per la quale sono stati progettati, provocano anche degli effetti collaterali, in genere indesiderati

A volte però, l’effetto collaterale inatteso può essere d’interesse clinico, e può essere sfruttato dal medico stesso per patologie correlate, più avanti ne darò un esempio, o suggerire nuovi composti o nuove applicazioni.

Ad esempio Il Minoxidil è stato registrato nel 1979 come antiipertensivo. I suoi effetti collaterali (tra i quali l’ipertricosi), abbastanza vistosi ne limitano l’uso a pochi casi di ipertensione grave, resistente ad altri farmaci. Così questo farmaco nel 1988, proprio sfruttando l’evidenza dell’effetto collaterale è stato registrato come rimedio contro la caduta dei capelli.

Questa breve introduzione sui farmaci per poter affrontare il complesso discorso sull’uso ed abuso dei farmaci argomento assai attuale, spesso affrontato con superficialità anche grazie alle normative vigenti in Italia che apportano disagio non solamente ai cittadini ma anche ai medici. In particolare cercherò d’illustrare il rapporto tra farmaci generici e farmaci brand .

 

Farmaci brand e farmaci generici

 

Scrive Marcello Guidotti: “Due medicinali, per essere perfettamente uguali (nei limiti imposti dalle norme di buona preparazione) devono essere licenziati dallo stesso impianto di produzione, avere un’identica composizione in princìpi attivi (i quali devono avere la stessa granulometria e non devono presentare significative differenze percentuali in termini di eventuali polimorfi) ed in eccipienti; infine devono essere state sottoposte alla stessa lavorazione tecnologica.

Questo, come vedremo, significa che il medicinale definito equivalente (ex generico) non è mai perfettamente uguale al prodotto imitato, ma “essenzialmente simile”. Tuttavia, le differenze non sono tali da comportare risultati terapeutici significativamente differenti nella popolazione. In altri termini, il medicinale equivalente è, per definizione, terapeuticamente equivalente al prodotto imitato.”

In pratica, i test di bioequivalenza consistono nel dimostrare che le differenze di biodisponibilità, che inevitabilmente esistono tra due prodotti essenzialmente simili, non superino un certo intervallo di variazione.

 

■ bioequivalenza: equivalenza media di due farmaci aventi profilo di biodisponibilità accettabilmente simile (compreso circa nel 20% in più o meno dell’area sotto la curva);

■ equivalenza terapeutica: parametro presunto in base ad una bioequivalenza media compresa nei parametri di accettabilità. (1)

Semplificando al massimo il range di variabilità del 20% in più o meno rispetto al farmaco brand significa una variabilità di biodisponibilità molto alta anche in considerazione che stiamo parlando di dati statitistici e non di dati riferiti all’effettiva risposta individuale. Così valutando con la statistica ci troviamo di fronte al paradosso di Trilussa del famoso mezzo pollo a testa. Otre questo però ci sono da considerare altri fattori.

 

Vediamo ora come definisce farmaco equivalente l’AIFA, l’agenzia italiana per il farmaco:

Gli studi di bioequivalenza servono a dimostrare che le differenze di biodisponibilità tra due prodotti essenzialmente simili non superino un certo intervallo di variabilità ritenuto compatibile con l’equivalenza terapeutica.”

 

Quindi secondo l’AIFA s’intende per bioequivalenza la disponibilità del principio attivo nel sangue. Ma non è possibile sovrapporre la definizione di biodisponibilità con quella di equivalenza terapeutica così come non si può semplicemente asserire che è improbabile che essi possano produrre differenze rilevanti negli effetti di efficacia e sicurezza, improbabile, infatti, non è impossibile come illustrerò di seguito. Questo è il punto oscuro su cui puntano le obiezioni non solamente della sottoscritta ma di gran parte della comunità medica.

 

Infatti viene qui prospettato quello che Guidotti definisce come medicinale equivalente è, per definizione, terapeuticamente equivalente al prodotto imitato. Un postulato matematico assolutamente inaccettabile. Infatti la disponibilità di una molecola nel sangue non indica necessariamente la sua efficacia terapeutica, sia perchè esiste una variabilità del +/- del 20%, sia per la possibile differente composizione del farmaco in quantità e qualità degli eccipienti. infatti gli eccipienti, come abbiamo visto sopra, sono sostanze che regolano si la biodisponibilità, e al tempo stesso veicolano il principio attivo all’interno delle cellule deitessuti malati, e questo è importantissimo per l’efficacia terapeutica. (2)

 

È curioso, oltre che grave che, l’AIFA scriva in un articolo del suo sito dal titolo accattivante “Equivalenti o generici: quello che i pazienti devono sapere”

 

“Gli eccipienti sono invece quelle sostanze che, anche se non dotate di un’azione farmacologica, sono importanti perché, unite in vario modo alla sostanza attiva, conferiscono al medicinale una forma idonea ad essere somministrata (compressa, capsula, supposta, soluzione iniettabile ecc.). Gli eccipienti sono sostanze inerti e non hanno proprietà terapeutiche “.

 

Come già detto, l’utilizzo dell’eccipiente non è solamente legato alla necessità di dare forma, compattareil farmaco in una forma idonea per l’assunzione (Appunto, compresse, capsula etc.) e non è una sostanza inerte in termini assoluti.

 

Risulta inerte, cioè non modifica e non produce reazione chimica rispetto alla molecola presa in esame, certamente non è inerte rispetto ad altre molecole presenti nell’organismo tant’è che la definizione prosegue, in maniera evidentemente ambigua :

 

“Ciononostante, un certo numero di eccipienti possono avere rilevanza per la sicurezza di un medicinale. Per esempio farmaci contenenti saccarosio devono essere somministrati con attenzione ai pazienti diabetici. Altri eccipienti, come i parabeni, possono determinare reazioni allergiche ed è noto che i farmaci contenenti lattosio non sono indicati in soggetti intolleranti a questa sostanza. Per tale motivo i foglietti illustrativi dei medicinali riportano sempre specifiche avvertenze per determinati eccipienti, in ottemperanza ad un’apposita linea guida predisposta dalla Comunità europea.” (3)

Così come ci sono parecchie altre le sostanze che impongono particolare attenzione: i pazienti affetti da morbo celiaco, ad esempio, devono evitare l’amido di grano (spesso utilizzato come eccipiente di compresse e capsule).

Anche altri dolcificanti (oltre allo zucchero) presentano controindicazioni per alcune categorie di pazienti: è noto ad esempio che la saccarina può indurre allergia crociata con i sulfamidici, e che l’aspartame è controindicato nei soggetti affetti da fenilchetunuria.

 

Allora ciò vuol dire che solamente il medico può decidere quale sia il miglior farmaco per quel determinato paziente avendo una conoscenza completa delle sue patologie acute, croniche e di come la sua personalità si rapporta con la malattia.

 

Altri aspetti concorrono poi a complicare il buon uso dei farmaci equivalenti, la dove sia presente una reale sovrapposizione di efficacia rispetto al brand : la sostituibilità del farmaco da parte del farmacista.

 

“La sostituibilità dei farmaci a brevetto scaduto da parte del farmacista che opera nelle farmacie aperte al pubblico ha creato una serie di equivoci. Primo fra tutti ci si è chiesto di chi fosse la responsabilità legale di eventuali danni procurati da un farmaco sostituito dal farmacista. E ancora, si è pensato che nel caso di ricetta su cui il medico ha prescritto un farmaco di classe A non più coperto da brevetto, senza aver espressamente indicato sulla ricetta la dicitura “non sostituibile”, il farmacista fosse obbligato a consegnare all’assistito il farmaco equivalente che ha il prezzo più basso o il cui prezzo sia inferiore o almeno uguale al prezzo di riferimento fissato.

 

Prima di fare qualsiasi commento è opportuno riportare le leggi che regolano la materia della sostituibilità.

 

Legge n.405 del 16.11.2001 di conversione del Decreto Legge n. 347, pubblicata in Gazzetta Ufficiale in data 17.11.2001.- Comma 1

 

“A decorrere al 1° dicembre 2001 i medicinali non coperti da brevetto aventi uguale composizione in principi attivi, nonchè‚ forma farmaceutica, via di somministrazione, modalità di rilascio, numero di unità posologiche e dosi unitarie uguali, sono rimborsati al farmacista dal Servizio Sanitario Nazionale fino alla concorrenza del prezzo più basso del corrispondente farmaco generico disponibile nel normale ciclo distributivo regionale, sulla base di apposite direttive definite dalla Regione”.

 

– Comma 2

 

“Il medico nel prescrivere i farmaci di cui al comma 1, aventi un prezzo superiore al minimo, può apporre sulla ricetta adeguata indicazione secondo la quale il farmacista, all’atto della presentazione da parte dell’assistito della ricetta, non può sostituire il farmaco prescritto con un medicinale uguale avente un prezzo più basso di quello originariamente prescritto dal medico stesso”.

 

– Comma 3

 

“Il farmacista, in assenza dell’indicazione di cui al comma 2, dopo aver informato l’assistito, consegna allo stesso il farmaco avente il prezzo più basso, disponibile nel normale ciclo distributivo regionale, in riferimento a quanto previsto nelle direttive regionali di cui al comma 1”.

 

– Comma 4: “Qualora il medico apponga sulla ricetta l’indicazione di cui al comma 2, con cui ritiene il farmaco prescritto insostituibile ovvero l’assistito non accetti la sostituzione proposta dal farmacista, ai sensi del comma 3, la differenza fra il prezzo più basso ed il prezzo del farmaco prescritto è a carico dell’assistito con l’eccezione dei pensionati di guerra titolari di pensioni vitalizie”.

 

Legge 178/2002

 

La legge di conversione n.178 del 8.8.2002 (pubblicata in G.U. il 10 agosto dello stesso anno) modifica poi il comma 1 art. 7 della legge dell’anno precedente (la n. 405), estendendo a tutti i farmaci (siano essi generici o di marca) il riferimento al prezzo più basso.

 

Il punto in questione è contenuto nell’art. 9, Capo IV.

 

– Comma 5

 

Il comma 1 dell’articolo 7 del Decreto Legge 18 settembre 2001, n. 347, convertito, con

 

modificazioni, dalla legge 16 novembre 2001, n. 405, è sostituito dal seguente: I medicinali, aventi uguale composizione in principi attivi, nonché‚ forma farmaceutica, via di somministrazione, modalità di rilascio, numero di unità posologiche e dosi unitarie uguali, sono rimborsati al farmacista dal Servizio sanitario nazionale fino alla concorrenza del prezzo più basso del corrispondente prodotto disponibile nel normale ciclo distributivo regionale, sulla base di apposite direttive definite dalla regione; tale disposizione non si applica ai medicinali coperti da brevetto sul principio attivo.” (4)

 

A questo proposito c’è un’altra importante considerazione. Tutti i farmaci equivalenti vengono testati, rispetto al loro range di variabilità, in rapporto al farmaco originale, ciò vuol dire che tra loro non sono intercambiabili, per questo motivo la norma prevista di offrire al paziente il farmaco meno costoso da parte del farmacista è fonte di un ulteriore ‘abuso clinico’ purtroppo legalmente determinato.

 

Vediamo quindi come la stessa legge pone il singolo cittadino di fronte alla scelta del farmaco senza che questo di fatto abbia le competenze necessarie. L’utente che va in farmacia e si vede proporre un farmaco equivalente dovrebbe leggere prima dell’acquisto il foglietto illustrativo! Ma questa cosa, accade? E anche se accadesse il paziente è in grado di mettere in relazione l’effetto collaterale con le proprie patologie?

Insomma un grande impiccio nel quale medici e pazienti si trovano reciprocamente incastrati.

Il medico poi è costretto a dover giustificare oltre il dovuto la sua scelta terapeutica. Scelta spesso determinata dalla propria esperienza professionale che lo porta a prescrivere un farmaco piuttosto che un’altro e che nell’eventualità di un possibile danno causato da un certo farmaco deve comunque rispondere in prima persona del suo operato.

Le riflessioni su questo argomento sono molte e l’articolo inserito svela tutte le dissonanze di una grande bugia.

Infatti i generici sono di fatto un’altro farmaco di cui non viene nemmeno testata l’efficacia terapeutica.

A questo punto viene spontanea una domanda è perchè i farmaci brand costano di più? la risposta per certi versi ovvia, è che comunque le industrie che producono una molecola nuova devono ammortizzare i costi della ricerca. Questo è verissimo e il brevetto ha questo scopo, anche se i costi spesso sono sovrastimati.

Le industrie farmaceutiche produttrici di farmaci generici o equivalenti, per lo più non fanno sperimentazioni di prodotti nuovi e laddove siano presenti sperimentazioni spesso non riguardano le categorie di farmaci prodotti come generici, perchè come abbiamo visto non è prevista una nuova sperimentazione sul medicinale, in quanto viene considerata esclusivamente solamente l’equivalenza farmacologica del principio attivo.

Detto questo, la seconda domanda perchè una volta scaduto il brevetto, ciòè quando si suppone che l’industria che ha sintetizzato la molecola sia rientrata dei costi, la stessa industria non continua a produrre lo stesso farmaco?

A questa domanda, bisogna rispondere di fantasia. Forse le industrie che fanno ricerca ricevono fondi per produrre altri farmaci? Pare proprio di sì.

Esistono infatti associazioni come la JTI IMI è stata promossa dalla Commissione e dalla Federazione Europea delle Industrie e delle Associazioni Farmaceutiche (EFPIA). Essa si prefigge di favorire il dinamismo e la competitività del settore biofarmaceutico europeo.http://hubmiur.pubblica.istruzione.it/web/ricerca/ricerca-internazionale/jti/imi

 

Allora esiste, ma non ne avevamo alcun dubbio, per le multinazionali del farmaco la necessità di un ‘dinamismo’ produttivo nella ricerca di nuove molecole che porta appunto all’interruzione della produzione di quel determinato prodotto che viene poi commissionato di fatto ad altre industrie, che fanno in un certo senso, la moina di produrre a costi minori la molecola generica. Così avviene spesso “la registrazione di molecole “marginalmente innovative”: farmaci sintetizzati modificando leggermente la formulazione originale, per conferire nuove caratteristiche (per esempio una maggior velocità di assorbimento) ma che sostanzialmente non cambiano l’efficacia del farmaco precedente.

 

Di fatto, queste non essendo profarmaci, costituiscono un’innovazione e quindi sono coperte dal brevetto. Questa possibilità (difficilmente arginabile) ha promosso la corsa all’innovazione a tutti i costi… ragion per cui tra il vecchio farmaco X e il nuovo X’, è l’ultimo ad essere prescritto più spesso. D’altra parte, questa tendenza riflette il consumismo generale: il farmaco nuovo spiazza il più vecchio anche quando non è esattamente necessario, proprio come avviene con i telefoni cellulari. Tuttavia, in questo caso si commette un errore in quanto in medicina il fatto che un farmaco sia “vecchio” eppure ancora disponibile all’avvicinarsi della scadenza del brevetto, significa che è efficace e sicuro.” (5)

 

Infatti in una recente intervista il prof. Franco Berrino dice chiaramente che le cure devono lasciare i pazienti nella cronicità, in quanto ‘clienti’ delle multinazionali. http://blogdieles.altervista.org/lintervista-shock-al-prof-franco-berrino-uno-dei-piu-noticollaboratori- di-veronesi-malati-di-cancro-sono-clienti-devono-tornare/

 

Le industrie che producono generici sono per lo più delocalizzate in paesi emergenti che hanno altre legislazioni ed altri controlli,offrono poche garanzie esattamente come per le scarpe o l’abbigliamento . riporto qui un articolo con relativo blog,di uno dei settimanali più diffusi in Italia per farsi un pò un’idea del casino che c’è dietro. http://www.oggi.it/ posta/lettere/2012/08/14/il-farmaco-generico-un-danno-per-i-pazienti-e-le-casefarmaceutiche-risponde-il-direttore/

 

È lecito chiederci a questo punto se esiste un organo scientifico di controllo che dia indicazione d’indirizzo e di programmazione della ricerca. Si può pensare che questo compito appartenga all’Agenzia Italiana del farmaco. Vediamo quindi cos’è quando è nata.

 

L’AIFA è l’organismo italiano che con l’approvazione del Ministero della Salute e il

 

Ministero dell’Economia collabora con gli enti regionali, l’Istituto Superiore della Sanità, le

 

associazioni dei pazienti, le aziende produttrici, i medici e la società scientifica per

 

garantire il rispetto della normativa vigente in ambito farmaceutico e assicurare la

 

coordinazione dell’informazione relativa alla conoscenza dei nuovi prodotti.

 

È stato istituito d’urgenza nel Decreto legislativo del 30 settembre 2003, aggiornato nel

 

mese di novembre dello stesso anno e successivamente regolato mediante un decreto

 

ministeriale in cui sono stabilite le norme precise per la messa in atto delle procedure.

 

L’AIFA non ha comunque tra i suoi compiti quello d’indirizzo scientifico alla ricerca, la quale

 

ricerca è comunque programmata dall’industria. La funzione di controllo riguarda le

 

procedure e la valutazione di eventuali effetti collaterali.

 

Tempo fa misero in commercio un antidepressivo per infusione, oltre le diverse

 

formulazioni in compresse e gocce, ad uso esclusivamente ospedaliero.

 

Lavoravo in un SPDC, lo provai subito perchè tra gli effetti erano descritti alcuni

 

estremamente interessanti e positivi.

 

Infatti fu così. Le persone ripresero a dormire regolarmente senza bisogno di associare

 

altri farmaci, l’insonnia tenace è uno dei sintomi più nefasti degli stati depressivi.

 

Con grande sorpresa verificammo anche che gli effetti positivi si manifestavano in un

 

tempo più rapido di quello previsto. Nel giro di sei mesi il farmaco sparì dal commercio.

 

Nessuna motivazione sul perchè. L’informatore tornò pubblicizzando una nuova molecola

 

leggermente diversa farmacologicamente, dagli effetti incerti.

 

Chiediamoci perchè. Accordi con altre industrie produttrici di antidepressivi? Poca

 

convenienza per la stessa perchè la rapida risoluzione di una grave crisi depressiva

 

comportava riduzione di farmaci per uso orale, dagli effetti meno incisivi e soprattutto non

 

risolutivi? Senza voler fare apologia di questo farmaco, per cui non riporto nemmeno il

 

nome, senza speranze miracolistiche, vi ho semplicemente raccontato un’esperienza che

 

mi ha dato molto da pensare, anche in relazione all’impossibilità da parte del medico di

 

curare in scienza e coscienza, facendo tesoro dell’esperienza acquisita nel tempo.

 

I protocolli terapeutici a cui siamo soggetti, sono delle gabbie costruite da chi produce

 

farmaci. Questo però è un altro discorso

 

L’episodio raccontato è sintomatico dell’assoluta distanza che si è creata tra la clinica e la

 

ricerca. Non c’è alcun potere d’indirizzo della ricerca da parte dei clinici. Nemmeno

 

l’Istituto Superiore di Sanità ha questa funzione d’indirizzo e di controllo.

 

Incredibile ma vero, le industrie producono ciò che vogliono, per il tempo che ritengono

 

opportuno.

 

Quanto vi ho proposto con questo articolo è un semplice stimolo per riflettere sulla

 

disinformazione riguardo i farmaci generici.

 

In sintesi la differenza è molto maggiore del 20% tra farmaco equivalente e brand, come la

 

disinformazione vorrebbe far credere, infatti tale scarto riguarda la diversa disponibilità nel

 

sangue in un dato tempo per un certo dosaggio e comunque il 20% è comunque

 

parecchio rispetto all’efficacia.

 

Non riguarda l’equivalenza terapeutica, questa infatti non è valutata per il farmaco

 

generico, è solamente supposta per la differenza dovuta ai diversi eccipienti, i cui effetti

 

collaterali possono variare in base a patologie correlate, a intolleranze o alla semplice

 

compliance.

 

Da tener conto anche del grave abuso che il farmacista, che non conosce il paziente,

 

compie a proporre il generico, tenendo anche conto che lo Stato rimborserà al farmacista

 

la stessa somma qualunque farmaco venga venduto. Lo Stato non risparmia nulla sul

 

generico perchè l’eventuale differenza di prezzo è comunque a carico del cittadino, anche

 

con la dicitura nella ricetta medica della non sostituibilità.

 

Purtroppo dobbiamo constatare con grande amarezza che in molti ambienti della sinistra

 

anche radicale c’è stata una campagna oscurantista contro la medicina, che mi preme

 

ricordare, dovrebbe essere un’arte, con tutti i limiti che ciò comporta. Questo ha portato

 

alla sovradeterminazione dell’atto medico, che dovrebbe essere caratterizzata da una

 

relazione interpersonale, necessaria allo stesso medico per affinare la propria pratica e

 

prescrivere il giusto rimedio per quella determinata persona, delegando tutto all’industria la

 

cui mission è esclusivamente economica. La vulgata oscurantista sta portando tra la

 

popolazione a due opposte pratiche. Da una parte l’idea onnipotente di potersi curare da

 

soli, utilizzando in maniera sciocca i farmaci distribuiti ormai nelle catene commerciali,

 

super pubblicizzati, dall’altra ricorrendo nei casi più gravi ai guru o della scienza o delle

 

medicine alternative. I primi per lo più legati al meccanismo sopradescritto di produzione

 

di cronicità, gli altri i ciarlatani di sempre e di ogni epoca. Questo è molto triste per un

 

paese che aveva uno dei SSN più illuminati del mondo.

 

La ricerca è possibile solamente con un feedback costante con la clinica e ad oggi in Italia

 

non ci sono canali diretti tra indirizzi di ricerca e clinici.

 

C’è poco da concludere, le cose che ho scritto sono risapute in linee generali, ho voluto

 

solamente dare sostanza e, non so ce si sono riuscita, puntualizzare e chiarire gli aspetti

 

veramente problematici che stanno dietro alla cura, sarebbe necessaria una sponda

 

politica solida per formulare proposte in questo campo.

 

Purtroppo non c’è: pazienti e curanti sono in balia del caso.

 

 

 

 

 

Note:

 

(1) http://www.galenotech.org/generici.htm

 

(2) Eccipienti sono componenti inattivi la cui funzione è di proteggere il principio attivo dagli agenti esterni, di aumentare il volume per la preparazione di forme farmaceutiche, di stabilizzare le forme farmaceutiche (es. soluzioni e sospensioni) di facilitare l’assorbimento del principio attivo, di rendere il sapore dei medicinali più gradevole, ecc.

 

Gli eccipienti possono essere classificati in:

 

•leganti: danno compattezza alla forma farmaceutica;

 

•disaggreganti: permettono la liberazione del principio attivo;

 

•glidanti: consentono lo scorrimento della miscela principio attivo ed eccipienti per produrre la forma farmaceutica;

 

•coloranti: migliorano lʼaspetto della forma farmaceutica; •aromatizzanti: mascherano eventuali sapori sgradevoli

 

http://nova.colombo58.unimi.it/cms/downloads/corsi/analmed_farm/Implicazioni_chimico-farmaceutiche.pdf

 

(3) infatti, il quesito scientifico non riguarda lʼefficacia della molecola (già ben nota), ma la performance farmaceutica della specifica formulazione del farmaco equivalente.

 

Proprio perché nel farmaco equivalente il principio attivo è lo stesso, ma differiscono gli eccipienti, il quesito scientifico riguarda soprattutto gli aspetti farmaceutici e farmacocinetici: i parametri farmacocinetici che vengono studiati sono in particolare lʼarea sotto la curva delle concentrazioni plasmatiche (AUC), la concentrazione di picco (Cmax). I due parametri devono essere sovrapponibili per il prodotto equivalente e di marca, con un margine di tolleranza del 20%. Due formulazioni sono definite bioequivalenti se si può

 

determinare che la differenza tra le loro biodisponibilità rientri in un intervallo predefinito come “intervallo

 

accettabile” di bioequivalenza, fissato nellʼintervallo 0,80-1,25 convenzionalmente ritenuto compatibile con l’equivalenza terapeutica. Il livello di confidenza è generalmente fissato al 90%; se i limiti di confidenza cadono al di fuori dallʼintervallo prestabilito il prodotto non viene considerato bioequivalente. In alcuni casi, viene considerato anche il tempo (Tmax) in cui viene raggiunta Cmax.

 

http://www.sifweb.org/docs/sif_position_paper_farmaci_equivalenti_ott2010.php

 

(4)http://www.sifweb.org/docs/sif_position_paper_farmaci_equivalenti_ott2010.php

 

(5) http://www.galenotech.org/generici.htm

 * medico

- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO

Ultima modifica: stampa

2 Commenti


  • samirasarapagani

    Mi dispiace ma questo articolo è pieno di scorrettezze. I farmaci generici sono un potentissimo strumento nelle mani dei cittadini e di una sanità pubblica con sempre meno risorse economiche a dispisizione.

    falsità dell’articolo:

    – l’intervista il prof. Franco Berrino NON dice che le cure devono lasciare i pazienti nella cronicità, in quanto ‘clienti’ delle multinazionali.

    http://blogdieles.altervista.org/lintervista-shock-al-prof-franco-berrino-uno-dei-piu-noticollaboratori- di-veronesi-malati-di-cancro-sono-clienti-devono-tornare/

    basta andare a vedere questo link: mostra un video che è del tutto decontestualizzato (guardatelo, dura 2 minuti). il dottor Berrino spiega come l’alimentazione che viene data ai malati oncologici in ospedale sia del tutto inadeguata (argomento che non ha nulla a che vedere con i farmaci generici) e si rammarica di ciò. rammaricandosene dice che è così perchè i malati sono clienti. non si parla ne di case farmaceutiche ne di multinazionali, e l’intervista parlava di un tipo di dieta. a prescindere dal fatto che uno spezzone di intervista di 2 minuti, decontestualizzato non ha senso.

    dunque questa notizia è riportata in modo del tutto erroneo

    – il link che segue: ttp://www.oggi.it/ posta/lettere/2012/08/14/il-farmaco-generico-un-danno-per-i-pazienti-e-le-casefarmaceutiche-risponde-il-direttore/

    non parla affatto della delocalizzazione dei generici ai paesi emergenti!! tanto per cominciare temo che il settimanale oggi non sia una delle migliori fonti di informazione disponibile. in secondo luogo questo è un link ad una lettera di un lettore (dunque un documento di nessuna valenza), in disaccordo con un articolo apparso precedentemente sulla rivista.in ogni caso il direttore, a questa lettera risponde che non vi sono differenze di equivalenza tra generici e non. insomma questo è un articolo che non ci informa e non dice nulla, e non parla dell’argomento per cui è stato citato.

    – dunque gia i due punti sopra esposti mi sembrano sufficienti per smantellare l’intero articolo. non è così che si fa giornalismo. inoltre tutti i link in fondo all’articolo riportano link a letteratura grigia, cioè non a pubblicazioni scientifiche di alcun tipo. la medicina moderma è evidence based medicine, con ciò riferendosi alle più recenti evidenze scientifiche che derivano da trial clinici sperimentali.

    forse l’autrice dell’articolo non ne è a conoscenza, ma la letteratura scientifica è piena di studi clinici in cui vengono confrontati sui pazienti due farmaci (uno generico e uno non) NON sulla base della biodisponibilità, ma degli outcome terapeutici.

    citarli è difficile, perchè per ogni tipologia di farmaco ne sono presenti diversi. naturalmente non si trovano su google, ma sui motori di ricerca che raccolgono articoli di natura accademica come PubMed. Sapendo utilizzare questo tipo di importantissime fonti di informazioni si possono trovare, oltre a randomized clinical trial, anche meta analisi e revisioni sistematiche, le pubblicazioni scientifiche riconociute per avere il più altro livello di evidenza.

    ad esempio:
    http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/22461121
    questo studio mostra come i farmaci antiepilettici generici sian altrettanto efficaci nel controllare le crisi epilettiche per quanto riguarda la frequenza degli attacchi.

    altro esempio: http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/23188124
    questo studio invece mostra come clopidogrel di marca e generico abbiano la stessa efficacia per quanto riguarda il rischio di mortalità per eventi cardiovascolari ed emorragie.

    insomma, di esempi ce ne sarebbero molti. andremmero ricercate evidenze scientifiche riguardo al tipo di farmaco che ci interessa. ma questo tipo di pubblicazioni scientifiche sono prove abbastanza forti, in quanto si riferiscono a studi che non controllano la biodisponibilità del farmaco nel sague, ma seguono i pazienti nel tempo e verificano se il risultato finale (il controllo delle crisi epilettiche, la riduzione di eventi cardiovascolari, per esempio) vari o sia identico. dunque, quando c’è questo tipo di evidenza le obiezioni riguardo agli eccipienti sono nulle.

    -altro punto che giudico abbastanza grave in questo articolo. L’autrice racconta di un farmaco molto efficacie ritirato dal commercio, che hai visto utilizzare in un SPDC.
    benissimo, quale? se non ci viene detto il nome del farmaco questa questione non ha ALCUNA VALENZA, visto il resto dell’articolo, come posso sapere che questa storia è completamente inventata?? mi dovrei fidare dell’autrice? sulla base di cosa?

    giustamente sono state citate le fonti dell’articolo, dovremmo essere messi a conoscenza del nome di questo farmaco, per poter cercare notizie, informazioni, letteratura scientifica su di esso, e per sapere, appunto, che questa storia sia vera

    Per concludere, vergona per questo articolo, pieno di inesattezze, e che calunnia i farmaci generici, provati sicuri dall’evidenza scientifica che abbiamo disponibile.

    le industrie farmaceutiche spendono più soldi in marketing che in ricerca (http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2008/01/08/farmaci-la-dittatura-del-marketing-ecco-come.html)
    dunque i brevetti sono giustificati fino ad un certo punto, ed in ogni caso i brevetti non giustificano gli scandalosi prezzi di alcuni farmaci

    è una vergogna che si continuino a difendere le industrie farmaceutiche che hanno come unico interesse i propri profitti, e che vengano pubblicati articoli che diffondono disinformazione e pregiudizi, proprio su questo sito!


  • Rita Chiavoni

    Premesso che lʼintento di questo articolo è quello di mettere in discussione lʼassioma per cui i farmaci equivalenti sono uguali a quelli originari, costano poco, le industrie produttrici di farmaci innovativi lucrano sulla salute, le industrie degli equivalenti ʻumanitariamenteʼ producono gli stessi farmaci a costi minori.
    Il taglio dellʼarticolo quindi non è affatto quello di una pubblicazione scientifica, dʼaltronde Contropiano non è una rivista scientifica, ma un quotidiano politico. Ciò non toglie che i dati, le perplessità e i riferimenti a ricerche siano più che qualificati; provengono infatti dal mondo scientifico e universitario:
    Gli articoli su cui mi sono basata sono di due ricercatori italiani – Prof. MARCELLO GUIDOTTI DIP. CHIMICA E TECNOLOGIE DEL FARMACO ,Settore Scientifico-Disciplinare: CHIM/08 CHIMICA FARMACEUTICA Università ʻLa Sapienzaʻ Roma
    -Lavoro preparato con il contributo del Gruppo di Studio SIF sui Medicinali Equivalenti e del Consiglio Direttivo della Società Italiana di Farmacologia (SIF)
    Gruppo di Studio SIF sui medicinali equivalenti Alessandro Mugelli (Coordinatore) Liberato Berrino, Corrado Blandizzi,Fabrizio De Ponti,Pierluigi Navarra,Francesco Scaglione, Marcello Tonini
    Sia il professor Guidotti che i componenti del gruppo SIF, forniscono articolata e qualificata bibliografia in merito alle argomentazioni da me messe in luce, di cui mi assumo la responsabilità anche scientifica di quanto sostenuto. Altri articoli citati, per correttezza, sono stati utilizzati per la chiarezza e la sintesi di concetti estremamente complessi, per i non addetti ai lavori e per il contenuto, anche se non propriamente divulgativo, abbastanza chiaro. Ho voluto riportare anche un articolo del settimanale Oggi, travato casualmente durante la mia ricerca, per evidenziare come anche il comune cittadino si pone delle domande che regolarmente vengono zittite dalla stampa meinstream.
    Riguardo alla critica sullʼuso di articoli di internet due appunti: Uno degli usi possibili di internet è una ricerca rapida di alcuni dati o notizie, che in base alle conoscenze possedute, vengono selezionati. Come per qualsiasi testo,vengono quindi riportati gli autori e le fonti, se il prof. Berrino fa delle dichiarazioni ai giornalisti delle IENE e dice testualmente: “mediamente quello che diamo da mangiare nei nostri ospedali è il peggio del peggio, io ritengo che non gli fa bene. Ma sa noi vogliamo bene ai nostri malati, noi vogliamo che tornino da noi… Mettiamola così: se noi ci ammaliamo aumenta il PIL, cʼè crescita, diminuisce lo spred. La sanità è la più grande industria nazionale ricordava il prof. Monti.”
    Bisogna cogliere il messaggio che non riguarda solamente lʼassistenza in senso stretto; ciò che fa aumentare il PIL e fa scendere lo spread sono le industrie operanti come indotto della sanità, in modo particolare la farmaceutica, le industrie produttrici di ecografi, tac,risonanze e quantʼaltro, le aziende elettromedicali, etc. Il messaggio del Prof. Berrino è chiaro proprio perchè allʼinterno di argomentazioni altre, quali lʼalimentazione.
    Il mio articolo è lʼanalisi di un clinico che, partendo da alcune evidenze basate sulla propria esperienza di lavoro trentennale nel SSN, ha constato come la ricerca è stata sempre di più monopolizzata dalle industrie farmaceutiche e che le pubblicazioni scientifiche sono orientate esclusivamente alla conferma di un determinato prodotto sia brend che non e, se nascono contrapposizioni ʻscientificheʼ, queste sono tutte allʼinterno di una ferrea logica di mercato, che rende alquanto opinabile la possibilità di cogliere il vero dal falso.
    È una lettura critica sullo stato dellʼarte medica e sulla deriva che ha preso il farmaco, che proprio perchè ʻrimedioʼ, non può rappresentare la cura nel suo insieme. Gli aspetti della cura sono molteplici in ogni patologia, dallʼambiente in cui si vive, sia come luogo di vita e di lavoro, che come entourage; dallʼalimentazione, al rapporto che il paziente instaura con la propria malattia e con il curante.
    Il discorso cosiddetto scientifico su cui è basata la ricerca delegata alle case farmaceutiche non credo proprio che abbia interesse a considerare la complessità della cura, di fatto anche se volesse non potrebbe. Questa complessità può essere considerata solamente dal medico che il farmaco lo somministra, dal clinico che vede e conosce il paziente e che sarebbe anche colui che dovrebbe avere il diritto/dovere di entrare in un feedback costante con i ricercatori, fornendo dati e indirizzi. Questo in altri paesi accade.
    Il farmaco generico, a parere di scrive, ricopre un ruolo importante per lʼaccaparramento di quote di mercato, le multinazionali si diversificano nella produzione, prendono accordi o si fanno la guerra sopra le teste della popolazione,compresi gli operatori della sanità, con lʼunico scopo di fare profitti. La trovata di produrre farmaci generici, secondo me, ha scopi anche di equilibrare il mercato del farmaco.
    Per un verso infatti allenta la morsa della concorrenza, abbassandone il livello qualitativo , ma mantenendo vivace il mercato dal punto di vista della quantità. Ritengo offensiva e alquanto sciocca la messa in dubbio della veridicità del dato da me riportato sul farmaco antidepressivo, volutamente, non citato proprio perchè non ho alcun interesse a pubblicizzare o denigrare alcunché.
    Sono assolutamente disinteressata a fare la lista dei farmaci buoni e di quelli cattivi, come vorrebbe lʼautrice del commento al mio articolo, purtroppo come ho ampiamente spiegato nellʼarticolo la medicina non è una scienza esatta, ma unʼarte. Ogni medico ha un suo stile di lavoro, e il beneficio ottenuto da una cura dipende da molti fattori e non esclusivamente dal farmaco.
    Le consiglio di cercare qualcosa sul potere dellʼeffetto placebo e forse le sorgeranno parecchie domande. È evidente che lʼarticolo non è stato letto con attenzione e la reazione, molto viscerale dimostra come la pubblicità martellante crea mostri incapaci di ragionare sulla complessità.
    Lʼabstract dellʼarticolo riguardante i farmaci antiepilettici generici e brand messi a confronto, sostiene esattamente parte di ciò da me evidenziato ossia che clinicamente sono simili e che i farmaci brand e generici non sono uguali, ma sono due farmaci diversi, tanto è vero che, nel caso di sostituzione degli uni con gli altri, i pazienti necessitano di un periodo di ricovero ospedaliero più lungo per la giusta valutazione della risposta terapeutica, perchè non cʼè alcuna certezza dellʼequivalenza terapeutica.
    Il tono decisamente denigratorio e le argomentazioni dimostrano la fretta di convalidare un preconcetto senza aver approfondito lʼarticolo, per questo non meriterebbe risposta, la risposta è necessaria per i lettori che potrebbero, per mancanza di conoscenze specifiche, rimanere confusi dal tentativo di Samira Pagani di ʻfinirla in cagnaraʼ, come si dice a Roma, per mancanza di argomentazioni convincenti che contrastino la tesi principale dellʼarticolo:
    La ricerca e la cura sono in mano alle case farmaceutiche e non esistono industrie umanitarie, esattamente come non esistono guerre umanitarie. Il mercato del farmaco come quello delle armi sono gli unici a tenere nellʼattuale crisi del capitale. Il farmaco generico o cosiddetto equivalente è una copia ed è da considerarsi un altro farmaco con caratteristiche simili, prodotto nella stragrande maggioranza dei casi da industrie, che non svolgono attività di ricerca e, la sperimentazione dei nuovi farmaci equivalenti per lo più non è prevista, in quanto per definizione viene accettata come equivalenza terapeutica lʼequivalenza legata alla biodisponibilità. Anche chi produce generici ha un consistente investimento pubblicitario, più o meno trasparente.
    Il punto fondamentale è comunque che la ricerca non è pubblica, nemmeno nelle linee dʼindirizzo, che quantomeno dovrebbero essere rivolte a quelle industrie che producono farmaci innovatori, non esistendo in Italia, né centri forti di ricerca farmaceutica, né unʼindustria pubblica di produzione, fuori dalle logiche di mercato, la ricerca e la cura sono eterodirette dallʼindustria.
    Due notizie recenti sulla sorte della sperimentazione del vaccino per HIV: http:// reportagedalmondo.altervista.org/blog/aids-vaccino-italiano-costato-49-milioni-in-mano- privati/ Lʼaltra il racket dei farmaci antitumorali http://www.corriere.it/salute/14_maggio_02/racket- farmaci-anti-tumorali-un-euro-business-camorra-c23c1140-d1c6-11e3-8ed3- fdcfbf1b09b2.shtml domanda come vengono riciclati sul mercato? Staremo a vedere!
    La salute non dovrebbe essere una merce, ricordiamolo sempre.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *