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La fabbrica della disperazione/2

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Settembre 2008. Trascorsi quattro mesi dal trasferimento coatto di 316 lavoratori dal “Giambattista Vico” al “World Class Logistic” (WCL) di Nola, ci si aspetta l’avvento della grande rivoluzione logistica, quella che secondo i cantori del Marchionne pensiero dovrebbe salvare il futuro di Pomigliano e rilanciare l’efficienza di tutti gli impianti meridionali del gruppo Fiat. Ma invece della “rivoluzione” … arriva la cassa integrazione.

Per i 316 lavoratori del WCL scatta la Cigo. No, non la Cassa Integrazione Ordinaria, ma la Cassa Integrazione ad Oltranza, nel senso che a Nola, dove hanno fatto appena in tempo a metter piede, a lavorare non ritorneranno più.

E perché mai dovrebbero ? Il World Class Logistic ha già svolto pienamente il suo ruolo, che non è certo quello di diventare un polo logistico di eccellenza.  Il suo destino non si compie nemmeno nella “terziarizzazione”, che tanto preoccupa gli operai, cioè la cessione di ramo d’azienda a qualche gestore di servizi pronto a fare il lavoro sporco per conto della Fiat. Non sarebbe la prima volta che succede: già dagli anni ’90 i lavoratori della logistica dell’Alfa Sud di Pomigliano furono ceduti alla Arcese, alla Smet, alla Novaferro, alla TNT e infine alla DHL. Nel corso di 15 anni di passaggi di mano calarono da 900 a 400, e molti furono indotti al licenziamento per le terribili condizioni di lavoro1. Ma non è questa la fine del WCL. Chi se lo accatterebbe, infatti, un bidone vuoto ?

Che il bidone sia vuoto lo dimostra il fatto che nessuno degli stabilimenti che Nola dovrebbe servire ha ridimensionato i propri reparti logistici. Fra l’altro l’organizzazione del World Class Logistic, per attuarsi, dovrebbe destrutturare e ricomporre in tutt’altro modo l’intero indotto Fiat, che è spesso cresciuto proprio in prossimità di ogni polo di assemblaggio.  Con quale logica i fornitori lucani della Fiat/Sata dovrebbero spedire i pezzi in Campania per poi vederli ritornare a Melfi ?  E comunque, qualora Marchionne avesse voluto davvero creare una centrale unica di approvvigionamento per le fabbriche del sud, non vi avrebbe certo concentrato gli operai più combattivi, mettendoli in grado, in caso di sciopero, di bloccare la produzione di Pomigliano, Melfi, Cassino e Termini Imerese.

Questo non vuol dire che egli non affidi una specifica “mission” al polo logistico fantasma: la sua creazione è infatti l’atto propedeutico per la prova di forza che il manager tiene in serbo per lo stabilimento di Pomigliano.

Propedeutica è l’espulsione dalla fabbrica degli operai più coscienti e determinati, degli incorruttibili, quelli che non potrebbero mai subire la ristrutturazione di Pomigliano senza lottare. Il loro esilio è la sperimentazione su scala ridotta di quella che di lì a poco sarà l’estromissione di massa della Fiom dal “Giambattista Vico”.

Propedeutica è l’espulsione dalla fabbrica dei soggetti  con ridotta capacità lavorativa, quelli che non potranno reggere fisicamente l’impatto con ritmi/turni/orari progettati per piegare anche i sani e i forti. Gente non adatta alla riorganizzazione del lavoro basata sull’ Ergo UAS, la  nuova frontiera dell’annientamento operaio.

Nato dalla collaborazione fra il Politecnico di Torino e l’Università di Darmstadt, l’Ergo UAS è un’aberrazione della logica dell’ergonomia, il classico esempio di come si possa rivolgere contro gli operai una scienza che in linea teorica dovrebbe salvaguardare la loro salute. Comporta una notevole sottostima dei fattori di rischio ergonomico2, ma soprattutto sterilizza ogni miglioramento ottenuto con la riorganizzazione delle postazioni e delle modalità di lavoro, finalizzandolo al mero recupero della produttività, e non al benessere dell’operaio. Il concetto è : dal momento che – grazie alla riorganizzazione ergonomica – sulle linee “si fa meno fatica”, allora ci si può riposare di meno e si può andare più in fretta. Su questa “base scientifica” si procede al taglio delle pause, all’aumento dei carichi di lavoro, alla saturazione dei tempi, con il risultato “ergonomico” di spezzare il lavoratore nel fisico e nella mente.

La dirigenza Fiat sa che l’avvento di questo tipo di “modernità”  nello stabilimento di Pomigliano non potrà passare senza conflitto. Per questo ha bisogno di preparare il terreno. In questo senso la creazione del WCL rappresenta una sorta di prova generale, che gli permette di verificare e soppesare la capacità di opposizione operaia davanti ai soprusi, la reazione delle istituzioni e della stampa, la fedeltà dei servi sciocchi. E di concludere che le condizioni sono ottimali: la rappresentanza operaia è divisa, la stampa subalterna, i servi sciocchi plaudono alla semplice promessa di nuovi ipotetici investimenti. Quanto alle istituzioni, se il ministro del lavoro uscente,  Cesare Damiano, non ha mai posto ostacoli ai desiderata della Fiat (facilitandole, peraltro, l’espulsione di 2000 operai in mobilità lunga3 ), con il IV governo Berlusconi il ministero guidato da Maurizio Sacconi raggiunge livelli di complicità assoluta.

Dulcis in fundo,  l’ultima condizione che concorre alla maturazione dei tempi di una prova di forza è l’arrivo della crisi. E nell’uso capitalistico della crisi Marchionne non si tira certo indietro. Nel settembre 2008, infatti, “causa avverse condizioni di mercato”, oltre che per gli operai del WCL scatta la cassa integrazione anche per i 5000 lavoratori del “Giambattista Vico” e per 15.000 del suo indotto.

Migliaia di persone costrette a campare le famiglie, in maggioranza monoreddito, con 700 euro al mese, in un contesto economico che non offre alcuna alternativa. Significa mettere in discussione l’istruzione dei figli o le cure mediche, prendere i pacchi viveri alla Caritas, significa lo sfratto, non riuscire a pagare il mutuo, l’umiliazione di chiedere aiuto ai parenti, il ricorso ai cravattari. Significa la crescita dell’angoscia, dell’aggressività, della depressione dentro le mura domestiche. Come per un assedio, Marchionne sa che il nemico si prende per fame, aspettando che accetti la resa spinto dalla disperazione. Tanto lui può attendere, che gli frega ? Solo nel biennio 2008/09  si becca 8,2 milioni di euro di stipendio (tassati in Svizzera)4.

Robot11Una volta accollata all’Inps la (mera) sopravvivenza delle maestranze italiane, il “manager col maglioncino blu” (come “simpaticamente” viene descritto dalla stampa) può dunque concentrarsi con maggior vigore allo sfruttamento delle opportunità che la crisi  gli offre anche oltreoceano.  A Detroit l’acquisizione della Chrysler in bancarotta si accompagna a pesanti riduzioni dei salari (dimezzati per i nuovi assunti), intensificazione dei ritmi, moratoria di sei anni sugli scioperi5. Lo stesso copione che verrà presto recitato a Pomigliano: l’imposizione del potere assoluto sotto la minaccia di chiusura della fabbrica.

Marchionne affronta fiducioso le trasferte negli States: sa che in sua assenza, Sacconi sta lavorando per lui. Nell’aprile 2009 il ministro del lavoro, in concerto con Cisl, Uil e Confindustria, promuove l’Accordo interconfederale sulla riforma degli assetti contrattuali che scardina i contratti collettivi nazionali di lavoro, attribuendo alla contrattazione aziendale il potere derogatorio in peius delle clausole dei CCNL6. Costruisce così il fondamento normativo su cui potrà basarsi il futuro accordo separato di Pomigliano.

Va inoltre aggiunta ai “meriti” di Sacconi la sua puntuale opera di peggioramento della normativa sull’orario di lavoro, che permette la derogabilità delle clausole sui livelli minimi del riposo giornaliero, sui limiti al lavoro notturno, sulle pause di lavoro7. Tutte deroghe a cui la Fiat attingerà a piene mani. (Continua)

Pubblicato il 15 giugno 2014 · in Controinformazione ·


  1. Circolo PRC Fiat Auto-Avio di Pomigliano D’Arco, Pomigliano non si piega. Storia di una lotta operaia raccontata dai lavoratori, A.C. Editoriale Coop., 2001, pp. 77/78. 
  2. Francesco Tuccino, Il sistema ErgoUas e le modalità di utilizzo in Fiat, p. 23 

  3. Accordo Fiat-governo-sindacati. Mobilità lunga per 2.000 operai, La Repubblica, 19/02/07. 

  4. Fiat, crescono gli stipendi: 4,8 milioni a Marchionne, 5,2 a Montezemolo, Il Messaggero, 19/02/10.  

  5. Giordano Sivini,  Chrysler, storia di finanza e di sfruttamento operaio, Inchiesta, 12/04/12. 

  6. Accordo interconfederale 15 aprile 2009, art. 5  

  7. Decreto 112/2008: le novita’ in relazione agli orari di lavoro, Punto Sicuro, 2/09/08. 

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