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Isis. Avanzi di quali galere?

Scivolano nel grottesco i tentativi di presentare Assad come “complice” dei famigerati miliziani dell’ISIS, ultimo “brand” delle tante bande che da anni insanguinano la Siria. La dichiarazione di Renzi e degli altri Capi di governo al Summit NATO nel Galles – «Il regime di Assad ha contribuito all’emergere dell’Isis in Siria e alla sua espansione al di là di questo paese» – fa testo, ma gli innumerevoli editoriali di sedicenti “esperti in terrorismo” (basti vedere qui e qui) che supportano questa bufala non sono da meno. Il tutto basato su due “prove”: 1) Assad avrebbe lasciato i “ribelli sbranarsi tra loro favorendo così, oggettivamente, il predominio dell’Isis: 2) Assad avrebbe liberato dalle sue prigioni terroristi poi confluiti nell’Isis.

Riguardo al primo punto, non possiamo che liquidarlo facendo nostre le parole di Michele Giorgio su “Il Manifesto”: «E’ vero che Assad per un lungo periodo ha osservato con soddisfazione lo scontro armato tra l’Isis e le altre milizie ribelli. Ma quale parte in guerra non guarda con compiacimento ai nemici che si ammazzano tra di loro?»

Il secondo punto merita, invece, una puntigliosa documentazione.

Nel gennaio 2012 i media occidentali danno notizia di una “prima amnistia” concessa da Assad per “tutti i reati commessi durante le proteste, tra il 15 marzo 2011 e il 15 gennaio 2012”. Non era la prima. Già nel novembre 2011, il governo di Damasco aveva, annunciato la liberazione dei 4mila detenuti che “non hanno le mani sporche di sangue” e proclamato una sanatoria per i possessori di pistole che le avessero consegnate alle autorità entro otto giorni. Altri provvedimenti erano avvenuti il 31 maggio 2011 con la scarcerazione di detenuti politici, compresi i membri della Fratellanza musulmana, rinchiusi prevalentemente nella famigerata prigione di Sednaya. Un altro provvedimento di grazia c’era stato il 21 giugno per tutti i reati commessi fino al giorno prima. Nonostante ciò, c’è chi protestava per la “ristrettezza” di questi provvedimenti: Amnesty International, ad esempio.

Nel giugno 2014, dopo il trionfo elettorale (88% dei votanti), Assad annuncia una nuova amnistia: interessa anche gli stranieri che combattono in Siria e che decidono di arrendersi, trasforma in ergastoli alcune pene capitali, l’ergastolo in 20 anni di detenzione, riduce il tempo di detenzione provvisoria per diverse accuse, rimette in libertà detenuti malati terminali e coloro che hanno più di 70 anni; pene lievi per i rapitori che – entro un mese dalla data del provvedimento – liberino i sequestrati senza il pagamento di un riscatto. Anche per questo provvedimento c’è chi protesta per la sua “ristrettezza”: L’Osservatorio per i Diritti Umani, ad esempio, perché non sono stati liberati tutti i detenuti della prigione di Adra “che il regime di Assad considera terroristi”, qualche altro, invece, – enigmaticamente – perché sarebbero state escluse dai benefici dell’amnistia le non meglio precisabili “azioni delle opposizioni” .

Ma lasciando alle loro lamentele i difensori stelle&strisce dei “diritti umani”, poniamoci una domanda. È possibile che qualcuno tra i tanti detenuti scarcerati si sia poi unito a qualche banda di jaidisti? Ovviamente si. È possibile, anzi probabile. Del resto, qui da noi, oltre la metà degli ex detenuti sono destinati a tornare in cella. E parliamo dell’Italia; figuriamoci in Siria dove arruolarsi in qualche banda può essere anche una “soluzione” per sopravvivere alla fame imperante. L’ovvietà della risposta ha imposto, quindi, ai teorizzatori dell’alleanza Assad-Isis qualcosa di più sofisticato. Ad esempio la tenebrosa faccenda del carcere di Sednaya dal quale Assad, nel maggio 2011 avrebbe fatto uscire pericolosi terroristi poi confluiti nell’Isis; anzi, per permettere a questi di costruire l’Isis.

Come già detto, nel 2011 anche il carcere di Sednaya, già teatro di sanguinose rivolte e affollato fino all’inverosimile (ben 5.000 detenuti in condizioni davvero disumane) beneficiò dell’amnistia. Come già detto, è possibile che qualcuno tra gli innumerevoli scarcerati da Sednaya abbia preso o ripreso le armi. Chi?

Nessun rapporto di organizzazioni “umanitarie”, pure non tenere con Assad – come Human Rights Watch – ha mai fornito un solo nome di detenuti scarcerati da Sednaya diventati miliziani o elementi di spicco dell’ISIS, neanche per paragonarli ai tanti che restano ancora lì imprigionati. E l’unica “fonte” a riguardo resta un articolo pubblicato nel gennaio 2014 – e redatto per ammissione degli stessi autori su informazioni dei servizi segreti turchi – che denuncia la liberazione, nel marzo 2011, da Sednaya (oltre che di tali Abdul Rahman Suweis, Hassan Aboud, Ahmad Aisa Al Sheikh) di Zahran Aloush, comandante del Jaish Al Islam poi confluito nell’Isis. Le autorità siriane hanno sempre smentito sia queste liberazioni sia che i quattro fossero detenuti in carceri siriane. Ma, al di là di ciò, ci sarebbe da domandarsi perché mai i media occidentali abbiano aspettato tre anni per denunciare questa “scarcerazione” nonostante Zahran Aloush si fosse nel frattempo reso responsabile di efferatezze inaudite.

Ma ci sarebbe un’altra obiezione. Che interesse avrebbe avuto Assad a liberare futuri terroristi dell’Isis nel 2011, quando, cioè, la “rivolta” siriana sembrava già domata e non era ancora cominciato il reclutamento in Libia e la successiva invasione di mercenari in Siria? Nessuno tra gli “autorevoli esperti di terrorismo” che dilagano sui mass media si pone questa domanda.

Ma le confuse accuse ad Assad di aver, con cognizione di causa, “scarcerato terroristi” impallidiscono di fronte a quello che gli USA hanno, invece, fatto. Parliamo intanto di Abu Bakr Al Baghdadi, l’attuale capo dell’Isis. Detenuto dal 2004 nella prigione USA di Camp Bucca, in Iraq per aver fatto sgozzare centinaia di persone, nel 2009 viene rimesso in libertà grazie all’indicazione di una commissione – Combined Review and Release Board – che ne raccomanda il “rilascio incondizionato”. E perché mai? Secondo Gianni Riotta de “La Stampa” “si tratta dei soliti errori della burocrazia”. Sarà, ma per altri il rilascio di Al Baghdadi fa parte della trama USA per procurarsi sanguinari fanatici da utilizzare nei teatri di guerra. Del resto, più o meno nello stesso periodo, nonostante il suo terrificante curriculum, viene scarcerato da Guantanamo – dopo sei anni di detenzione – Sufyan bin Qumu che finirà per capitanare la “rivolta” contro Gheddafi. E sono numerose altre le scarcerazioni, a di poco, “sospette” quelle desecretate da WlikiLeaks.

Del resto, dopo la farlocca esecuzione (2 maggio 2011) dell’ormai impresentabile Osama bin Laden, Al-Qaida comincia, sempre più apertamente, ad essere utilizzata dagli USA. Cambiano i nomi delle organizzazioni (Al-Qaida, Al Nusra, Isis…) ma lo scopo è sempre lo stesso. E c’è sempre qualche giornalista che fa finta di stracciarsi le vesti parlando di un “mostro di Frankenstein” diventato incontrollabile. Non è così: il “mostro” è sempre al guinzaglio degli USA.

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