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Ross@. Report del convegno “Oltre l’Europa neoliberale” di Parma

Sabato 14 marzo a Parma, Ross@ ha presentato la sua analisi e proposta politica “Sull’Europa e l’Euro”. Prima di procedere con ogni altra considerazione ci sembra doveroso ringraziare tutti coloro che sono intervenuti, rendendo possibile un piccolo successo in termini di pubblico nel corso di tutta la giornata, oltre che di riflessione, di dibattito e di proposte. Un ulteriore doveroso ringraziamento va ai relatori: Sergio Cesaratto, Mimmo Porcaro, Lidia Undiemi, Emiliano Brancaccio, Roberto Musacchio, Giorgio Cremaschi, Franco Russo, Ernesto Screpanti, Carlo Formenti – quest’ultimi quattro impegnati in prima persona nel progetto politico di Ross@.

Eravamo convinti e lo siamo ancora e a maggior ragione dopo l’appuntamento del 14 marzo, che dibattere di questi temi non sia un atto di “politica culturale”, ma sia un atto di per sé politico, necessario sia per Ross@, sia per iniziare a pensare e ad operare in direzione di un’unione delle membra sparse e minoritarie della sinistra anticapitalista italiana a partire dai contenuti di fondo, piuttosto che dalle esigenze di sopravvivenza, equilibrio o ricomposizione tra le singole forze.

L’appuntamento ha trovato fondamento, sin dalla sua ideazione, nelle parole d’ordine “Rottura e Unità”. Rottura con l’Unione Europea e la sua governance e unità di tutti quei singoli e forze che si identificano nella dimensione della rottura.

Il concetto emerso in modo forte e chiaro dalla giornata, a partire dalla piattaforma proposta da Ross@ stessa, nonché dalle posizioni – pur differenti e declinate in modi diversi – dei relatori e dagli interventi del pubblico, è stato: l’Unione Europea non è riformabile, quindi deve essere rotta. Rottura con l’UE se vogliamo avere un futuro che non sia fatto di sfruttamento, precarietà del lavoro e delle vite, singolarità in competizione costante, differenza tra paesi “core” e “periferie” e guerre imperialistiche.

L’introduzione, fatta da Giorgio Cremaschi, non ha esitato in merito ai concetti sopra esposti – la dimensione politica della discussione e l’irriformabilità dell’Unione Europea – comprovati dagli accadimenti del governo greco. Governo che alle prese con le imposizioni della “governance UE” non ha messo in discussione radicalmente l’architettura dell’Unione nei suoi principi costituenti, tentando invece di agire politiche riformatrici della stessa. Ma, proprio perché la costruzione UE non è riformabile, l’azione del governo greco si sta rivelando impotente, dal momento che non gli è concessa alcuna lotta alla distruzione dello stato sociale, alla povertà e all’austerità che metta minimamente in discussione la gabbia neoliberale costruita dai Trattati. Diversa declinazione della stessa logica troviamo applicata in Italia, dove le riforme costituzionali  chiudono definitivamente la bara della defunta liberaldemocrazia per come si è conosciuta.

L’irriformabilità in senso democratico dell’Unione Europea va letta, dunque, a partire dalle sue caratteristiche costituenti, dalla sua storia ed attualità. L’analisi e la proposta di Ross@, presentata da Diego Melegari, hanno evidenziato, appunto, come tale costrutto non sia considerabile come una semplice integrazione economica alla quale mancherebbe ancora qualcosa – democrazia, costituzione, stato, popolo, ecc. – ma  come un progetto anche e soprattutto politico, di lungo periodo, nato a valle della seconda guerra mondiale. Un progetto politico che trova fondamento nell’Ordoliberalismo e nel Funzionalismo. Ad emergere non è né un super stato né una federazione, ma piuttosto una super-struttura parastatale, contenente il “con”, il “fra” e l’“oltre” gli stati. Una struttura che tiene insieme residuali pezzi di classica forma stato (“con”), facendoli interagire (“fra”), ma che, allo stesso tempo è capace di creare un nuovo ordine integrato al mercato (“oltre”). Una “governance multilivello” che si ripartisce su tre piani – locale, nazionale ed internazionale – e che in Italia è incarnata dal sistema del Partito Democratico. Questa costruzione trova nei trattati il suo fondamento giuridico ed esecutivo, di cui l’Euro, strumento politico della “governance” dell’Unione, è parte integrante e non disgiungibile. Mettere in discussione i trattati e l’Euro come campo strategico e indicare la rottura con essi come leva contingente, senza condizionare questa presa di posizione politica nessuno scenario aprioristicamente costituito, è quindi essenziale per mettere in discussione l’orizzonte dell’Europa neoliberale e iniziare a guardare oltre esso. Per motivi di brevità di questo report, rimandiamo al documento di Ross@ “sull’Europa e l’Euro” per maggiori approfondimenti sui concetti appena esposti).

A riguardo, numerosi gli aspetti toccati dalla discussione con il pubblico e dai relatori, chiamati ad intervenire in due ambiti di discussione:  “Politica ed economia dell’UE: verso una nuova forma stato” e Capitalismo finanziario: l’Euro come strumento politico della governance, gli accordi commerciali internazionali (TTIP) e risvolti geopolitici”. Ogni intervenuto ha posto l’accento suo ciò ritiene essere il “focus” principale da mettere nel mirino di un pensiero e di una pratica politica che muovano dalla presa d’atto della non riformabilità dell’Unione Europea. Di seguito cerchiamo di riportare quelli che secondo noi sono i concetti che i relatori hanno voluto lasciare, dibattere e fare incrociare con l’analisi e la proposta di Ross@. Sempre per motivi di brevità non possiamo riportare in modo esaustivo i rispettivi interventi, sicuramente più complessi e articolati. Per questo rimandiamo i lettori a prendere visione della registrazione video della giornata, disponibile nelle pagine Facebook di Ross@.

Franco Russo: “La costruzione europea è un sistema di diritto e non si può sostenere che non vi sia politica. L’economia è politica e la politica è economia – esercitata attraverso i tre bracci politici dell’UE: politica monetaria, controllo sui bilanci degli Stati, riforme liberiste (spesso affermati e agiti attraverso pronunciamenti della Corte di Giustizia Europea). In questo modo hanno ucciso la democrazia”.

Sergio Cesaratto: “La situazione in Grecia è tragica. Non ci sono fondi e stanno raschiando il fondo del barile. Il debito estero ha raggiunto livelli maggiori del PIL e il taglio del debito pubblico non è stato nemmeno preso in considerazione dal governo. Questa è una sconfitta, è una ritirata vittoriosa e ci stiamo prendendo in giro se affermiamo il contrario. Un’altra Europa non ci sarà mai e stupisce che una certa parte della sinistra ci creda ancora, come è effimero pensare che vi possano essere soluzioni alternative affidate a tecnicismi come quello della doppia moneta. Dobbiamo assolutamente riportare occupazione e salario al centro della politica, della nostra politica e dobbiamo riconoscerci che senza lo stato nazionale non c’è più il conflitto di classe, per tale motivo dobbiamo ripensare ad un nazionalismo inclusivo, anche come sola e unica via per combattere la destra”.

Carlo Formenti: “La lotta di classe va pensata considerando la mobilità crescente del capitale e agita in primis dalle classi subordinate e vincolate ai territori. L’esempio della Valle Susa e la repressione del movimento migrante lo dimostrano. Il conflitto di classe può agire solo dalla dimensione locale e territoriale e la classe va oggi intesa come concetto politico e non economicistico. Viviamo in un regime postdemocratico in cui anche il pensiero di sinistra (ad esempio Toni Negri) ha fornito l’apparato ideologico all’ordoliberalismo. Rimangono inevase molte domande a cui occorre dare risposta per una politica contemporanea. Che tipo di sovranità e quale governo? Quale dimensione territoriale? Il nemico che abbiamo di fronte è chiaro, ma ha avuto mano libera per così tanto tempo che nulla può essere considerato facile”.

Mimmo Porcaro: “Giusta la rottura dell’Unione Europea, ma dobbiamo ammettere che in realtà ci troviamo di fronte anche alla crisi di un modello rivoluzionario europeo, pensato come agito esclusivamente dal basso e che, in realtà, si coniuga con la governance europea. Il pensiero di Negri è la sintesi di questo modo di vedere. Occorre un altro approccio. Mentre ci affrettavamo a dire che lo stato non serve più a niente, la classe dominante se lo è preso, affermando una centralità capitalistica dello stesso. Economia e politica si stanno rinazionalizzando e il QE di Mario Draghi lo dimostra. Anche la Politica UE è frutto della contrattazione e dei rapporti di forza tra stati. Torna centrale, allora, la conquista e la ridefinizione del potere politico, per scardinare l’Unione Europea. La classe operaia organizzata e tradizionale non può più essere intesa come il nostro primo interlocutore per la rottura e dobbiamo allargare lo sguardo, considerando come interlocutori sia i  nuovi soggetti sfruttati e precari sia le piccole imprese in difficoltà. Non è più sufficiente lo slogan No euro perché è un campo già occupato dalla destra. Occorre considerare un nazionalismo democratico”.

Lidia Undiemi: “Va ricordato che la Troika siamo anche noi. L’Italia è il terzo paese come forza economica a fare parte della Troika, se si escludono gli Stati Uniti (tramite il Fondo Monetario Internazionale). Non possiamo dimenticare la centralità delle multinazionali nella costruzione europea data la loro influenza lobbistica e quindi il loro ruolo di alterazione degli spazi democratici. Un passaggio fondamentale nella costruzione dell’Unione Europea per come la conosciamo avviene nel 2008, con l’avvento della crisi. Infatti l’Unione decide che risulta prioritario uscire dalla crisi economica anche a discapito dei trattati fondamentali che la costituiscono e si instaura il MES…(“fondo salva-stati” tutto interno alla logica ricattatoria del debito)”

Ernesto Screpanti: “Il Giappone insegna come una piccola economia non possa reggere da sola nel capitalismo globalizzato. La considerazione vale anche per la Germania, che, come l’Italia, dipende troppo dalle esportazioni. Le economie rilevanti sono quelle con un relativo mercato interno, quali l’Europa nel suo complesso, gli Usa, la Cina, l’India ecc. Il capitale ha instaurato una sua governance globale esautorando lo stato ed instaurando la sovranità dei mercati, Questo è stato fatto in Europa, una sottrazione funzionale – nella sostanza, non nella forma – di sovranità ai popoli, senza scordarsi che la testa delle multinazionali ha comunque sempre un riferimento nazionale. Per ciò che concerne il caso Europa, si può sottolineare come agli stati è stata di fatto sottratta la possibilità di dotarsi di una politica economica (tranne alla Germania)”.

Emiliano Brancaccio: “Non c’è una tendenza lineare alla globalizzazione del capitale, anzi attualmente vi sono tendenze e si affermano situazioni contrarie, lo dimostrano le ottocento misure protezionistiche ultimamente adottate dai paesi maggiori. La situazione Greca è da analizzare, capire, volendo anche criticare, proprio perché rappresenta un laboratorio del nostro futuro. L’euro è ineluttabile? Chi dice che la solidarietà di classe deve stare nel quadro dell’Euro? D’altra parte non possiamo affermare che sia l’Euro il solo nemico di classe. Considerando sempre il caso della Grecia è impensabile che da sola essa possa reggere un’uscita dalla moneta unica, dato il sistema produttivo esiguo che si ritrova (tanto più dopo l’applicazione delle misure di “austerità”). L’uscita potrebbe essere considerata solo aprendo ad un accordo con la Russia o la Cina, ma non dimentichiamo che la Grecia rappresenta un importante avamposto NATO. Questo per dire che occorre considerare anche le dinamiche geopolitiche”.

Il convegno di Parma, quindi, ha sicuramente dato un messaggio chiaro sull’irriformabilità in senso democratico dell’Unione Europea e su come l’unica via alternativa non sia un’altra Europa, ma la rottura. Condivisa nelle sue linee generali è stata anche l’analisi proposta da Ross@ in merito alla costruzione dell’Unione, sia nei suoi elementi costituenti sia in quelli esecutivi di governance. Da qui si tratta di ripartire, sia sul piano analitico, sia in merito alle possibili campagne per iniziare un’operazione critica dell’UE che tenga conto di tutti i livelli in cui si articola la sua governance (trattati ed Euro).

 

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