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Expomostro, Milano, 2015

La Milano 2015 dell’Expo è la rea­liz­za­zione, in anti­cipo di 4 anni, degli incubi di Blade Run­ner, ambien­tato a Los Ange­les 2019. Enormi distese di capan­noni ed edi­fici che non si discerne se siano ancora in costru­zione o già fati­scenti: o forse sono entrambe le cose.

Folle stra­boc­che­voli, con molti orien­tali, bru­li­cano in coda per qual­siasi cosa. Puzza di cibo fast­food spaz­za­tura per­vade l’aria. Luci giorno e notte sui capan­noni, e intorno un grande buio. Nulla di natu­rale, di non arte­fatto, a per­dita d’occhio.

Le Espo­si­zioni Uni­ver­sali esi­stono da quasi due secoli, e sono nate con l’ascesa del capi­ta­li­smo e dell’era indu­striale; pen­siamo alle otto­cen­te­sche, a quella di Parigi che lasciò alla città la Tour Eif­fel, o più mode­sta­mente alla nostra di Torino che ci ha lasciato il pic­colo “Borgo Medie­vale” al parco del Valentino.

Se pur ci si possa chie­dere il senso — oggi — di tali mega­ker­messe, in ogni caso — aggiu­di­cata che fosse la sede di Milano — l’Expo poteva essere rea­liz­zata in maniera inno­va­tiva e diversa: si poteva tener fuori il malaf­fare, le mul­ti­na­zio­nali, il cibo spaz­za­tura, il lavoro gra­tuito. Una fiera uni­ver­sale può anche non essere magne­fi­cente, ma sem­pli­ce­mente magni­fica nella sua magni­fica sem­pli­cità; può anche non essere ele­fan­tiaca e gigan­te­sca, ma pic­cola e mera­vi­gliosa, mostrando per ogni paese una pic­cola, mera­vi­gliosa cosa, o impresa, o pro­dotto della Terra otte­nuto fuori dal cir­cuito dei Grandi Ladri. E sulla quale i Grandi Ladri non pos­sano speculare.

L’Expo poteva stu­pire tutto il mondo, sce­gliendo di essere un pic­colo gio­iello natu­rale, a basso costo, a basso impatto, uti­liz­zando come area fie­ri­stica una di quelle già esi­stenti. Oppure tra­sfor­mare un’area peri­fe­rica cemen­ti­fi­cata, squal­lida e abban­do­nata ( Milano ne ha decine) in un bosco e un prato, e tenerla lì, l’Expo.

Un’Expo avan­za­tis­sima, certo, ma dal punto di vista dell’ottenere il neces­sa­rio con la minima impronta eco­lo­gica sulla Natura. Da visi­tare come una mera­vi­glia, ma in punta di piedi e in silen­zio, come si visita — fac­cio un esem­pio che calza a me — la casetta di Albert Ein­stein a Prin­ce­ton. O se pre­fe­rite, quella di Topo­lino a Disney­land. O una grotta natu­rale con sta­lat­titi e pit­ture rupestri.

Sobrietà, respon­sa­bi­lità verso la Terra e i suoi abi­tanti, pic­coli e mera­vi­gliosi, per un futuro migliore. Que­sto poteva essere un tema. Poteva essere un’occasione, ed essere ricor­data — negli anni — coma la prima di un nuovo genere, non l’ennesima di una serie e pro­ba­bil­mente la peggiore.

Ma pur­troppo, scrivo tutto ciò inu­til­mente. Le menti che ci gover­nano ed hanno par­to­rito l’Expomostro 2015 non rie­scono, ed è que­sto il guaio, a con­ce­pire nulla di diverso da que­sto; cam­biano ogni cosa sì, ma in peg­gio, e in ogni pos­si­bile senso.

Ana­liz­ziamo il tema di Expo2015, ed entriamo in det­ta­glio: “Nutrire il pia­neta, ener­gia per la vita”. Tema impe­gna­tivo. Ogni anno, 10 milioni di per­sone nel mondo muo­iono di fame, men­tre un terzo degli ali­menti pro­dotti sul pia­neta viene spre­cato. Lo spreco, la fame, le guerre, tutte le noci­vità sono un affare. Per chi le genera e poi per chi offre soluzioni.

“Nutrire il pia­neta, ener­gia per la vita”? Il modello che Expo pro­pone con­tri­bui­sce ad affa­mare, il pia­neta, caso­mai. Un miliardo e mezzo di euro di denaro pub­blico è stato usato per pub­bli­ciz­zare il cibo delle mul­ti­na­zio­nali McDo­nalds e Coca­cola, e pro­pa­gan­dare l’operato dei governi che le sostengono.

L’Expo — pur­troppo — reca nel suo titolo men­dace ciò che in realtà è: una truffa. La realtà dell’organizzazione capi­ta­li­stica di pro­du­zione e con­sumo di cibo, che di Expo 2015 è padrona, è fatta di spreco e sac­cheg­gio di risorse, schia­vitù di intere popo­la­zioni e deva­sta­zione del pia­neta; logi­che di domi­nio e pre­va­ri­ca­zione di ric­chi con­tro poveri, di satolli con­tro affa­mati; ricerca bio-tech, pro­du­zione di OGM, con­trollo delle mul­ti­na­zio­nali sull’agricoltura anche pic­cola; uti­lizzo cri­mi­nale di fondi pub­blici per inte­ressi pri­vati; sfrut­ta­mento di risorse umane per lavori non retri­buiti e sot­to­pa­gati; spe­cu­la­zioni edi­li­zie deva­stanti, inqui­na­mento e cementificazione.

L’Expo non crea lavoro, ne è invece uno scan­dalo. Appro­fit­tando della con­di­zione di pre­ca­rietà in cui ver­sano milioni di lavo­ra­tori, ulte­rior­mente aggra­vata dal Jobs Act, sono migliaia i posti di lavoro NON RETRIBUITI, men­tre i pochi pagati hanno con­di­zioni di con­tratto in deroga a quelli nazionali.

L’Expo non è una manna per Milano, ma una scia­gura. L’espulsione dei resi­denti e degli occu­panti verso le peri­fe­rie abban­do­nate causa l’aumento degli affitti e degli sfratti, lasciando il cen­tro della città in mano alla finanza inter­na­zio­nale. La con­ge­stione delle comu­ni­ca­zioni fer­ro­via­rie e stra­dali a Milano, in vista del col­lasso, è già ora evidente.

L’Expo non è un lustro per l’Italia, ma un ver­go­gnoso scan­dalo. Arre­sti, inchie­ste per mafia, cor­ru­zioni, abusi e tan­genti; ad un mese dalla inau­gu­ra­zione solo 1/5 dei lavori era stato com­ple­tato, nono­stante i fiumi di denaro pub­blico spesi.

L’Expo non sostiene la pic­cola pro­du­zione dell’agro-alimentare se non in minima parte. I mag­giori spon­sor sono la grande distri­bu­zione e le grandi mul­ti­na­zio­nali mono­po­li­sti­che dell’industria ali­men­tare, che non sono affatto sulla via del rav­ve­di­mento ma anzi aumen­tano i pro­fitti, anche caval­cando il mer­cato della green eco­nomy: non a caso, sono loro ad aver mas­sic­cia­mente finan­ziato i sin­goli padi­glioni nazionali.

A que­sto punto — a malin­cuore — dob­biamo schie­rarci. Coloro che rifiu­tano le poli­ti­che di sfrut­ta­mento di que­sta Terra e di chi l’abita non pos­sono legit­ti­mare la squal­lida spe­cu­la­zione messa in campo da Expo 2015.

Non ci si può dire con­tro, dichia­rarsi per la soste­ni­bi­lità ed essere com­plici di Expo. Boi­cot­tiamo Expo 2015 evi­tando di visi­tarla: faremo un favore a noi stessi, al Pia­neta, e per­sino a loro, dato che sono in mostruoso ritardo e total­mente impre­pa­rati anche a livello logistico.

Se dob­biamo fare una coda, fac­cia­mola per visi­tare un museo, o per andare a una par­tita, o a un con­certo. Con un certo dispia­cere, ovvia­mente, per l’ennesima occa­sione perduta.

Si par­lerà di tutto que­sto anche in un Con­ve­gno a Torino.

EXPO 2015 : IL CIBO CHE AFFAMA

DOMENICA 26 APRILE ORE 9.30– 17

Nel salone della Cascina Roc­ca­franca, via Rubino 45 Torino

Rin­gra­zio gli orga­niz­za­tori e il Movi­mento NoExpo dai quali ho tratto parte dei con­te­nuti dell’articolo nella sua por­zione finale.

dal blog di Massimo Zucchetti su http://ilmanifesto.info

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