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Grecia. Il catalogo delle crudeltà

Ma cosa è stato imposto al governo greco? La ridda di voci spezzettate rischia di non capire la dimensione economica, la portata antidemocratica, l’esproprio diretto del paese che caratterizzano il “piano” approvato a Bruxelles ieri mattina.

Per semplificare – e rimandando comunque al testo completo, in inglese () – ci aiutiamo con lo schemino sintetico elaborato da IlSole24Ore, che certo è il giornale con maggiore dimestichezza nelle questioni economiche, quindi anche sugli effetti pratici di “frasi” che sembrano significare altro.

1. Riforma dell’Iva e tasse

È una delle misure da approvare in Parlamento entro domani. La razionalizzazione dell’Iva – un unico sistema di tre aliquote (23,13 e 6%), valido per tutto il Paese, isole comprese – era uno degli impegni che il governo greco si era assunto già nell’ultima proposta inviata a Bruxelles, dopo un lungo braccio di ferro sulla richiesta di sconti appunto per le isole e di agevolazioni per i ristoranti, che ricadranno invece sotto l’aliquota standard del 23% (Atene chiedeva di esentare almeno quelle più lontane dalla terraferma, ma il comunicato dell’eurosummit non scende a questo dettaglio). Contestuale anche l’impegno ad eliminare agevolazioni per alcune categorie, come gli agricoltori, per allargare la base e aumentare le entrate.

Contropiano. Di fatto è un aumento generalizzato dei prezzi di qualsiasi genere o servizio, che mira ad aumentare il gettito delle entrate dello Stato. Se questo surplus potesse essere reimpiegato per sostenere la crescita produttiva, magari con investimenti pubblici diretti (non infrastrutture e basta!), sarebbe una scelta dura con la popolazione, ma almeno capace di costruire un salto di qualità del paese. Naturalmente, invece, questo surplus andrà a ripagare il debito. Quindi è un trasferimento diretto di ricchezza dalle tasche dei cittadini greci – soprattutto quelli più poveri, perché l’aumento delle tasse indirette, come l’Iva, pesa di più sui portafogli semivuoti – ai forzieri dei “creditori” (Fmi, Bce, gli altri stati dell’Unione Europea). Lo sceriffo di Nottingham ne faceva altro uso, ma il meccanismo è lo stesso: spremi il popolo fino all’osso.

 

2. Riforma delle pensioni

Tra le misure più urgenti da approvare c’è la riforma per la sostenibilità del sistema previdenziale. Negli ultimi carteggi con i creditori la Grecia si era impegnata a implementare le riforme 2010 e 2012: età pensionabile alzata entro il 2022 a 67 anni (o 62 anni con 40 di contributi), penalizzazione dei pensionamenti anticipati, eliminazione progressiva (entro il 2019) dell’Ekas, sussidio destinato alle pensioni più basse. Il comunicato dei leader dell’Eurozona chiede poi ad Atene, dopo i primi provvedimenti, entro ottobre ulteriori misure, a cominciare dall’azzeramento degli effetti delle decisioni sulle pensioni della Corte costituzionale, che annullarono i tagli del 2012.

C. Qui non c’è nulla da spiegare, visto che in Italia ci siamo passati da poco (Monti-Fornero) e stiamo per tornarci (Renzi-Poletti). Pù interessante è sottolineare come questa linea tendente a ritardare e svalutare i trattamenti pensionistici è la linea ufficiale per tutta l’Unione Europea (ad eccezione, per ora, di Germania e Francia).

 

3. Conti pubblici e tagli automatici

In ottemperanza al Patto di stabilità, i creditori chiedono ad Atene si rendere subito operativo il Consiglio di bilancio (i cosiddetti “Fiscal Council” sono organismi indipendenti, finalizzati a favorire comportamenti virtuosi dei governi in materia di politiche di bilancio) e di introdurre tagli quasi automatici in caso di scostamento dagli obiettivi di avanzo primario.
Nell’ambito delle trattative Atene stessa aveva ipotizzato l’introduzione di clausole di salvaguardia sul deficit. Dopo le trattative che hanno preceduto l’ultimo vertice, Grecia e creditori si erano accordati sugli obiettivi di medio termine di surplus primario: 1% quest’anno, a seguire 2,3 e 3,5%.

C. Qui diventa esplicita la negazione dei princìpi base della democrazia liberale borghese: dei funzionari tecnici (i “Fiscal Council”) vengono incaricati di supervisionare il bilancio dello Stato, gli effetti delle leggi che emana, fino a decidere di effettuare “tagli automatici” alla spesa per raggiungere gli obiettivi numerici fissati dai creditori. In pratica sono dei commissari liquidatori che espropriano un’intera popolazione da qualsiasi decisione politico-strutturale sul proprio destino.

 

4. Codice di procedura civile

La riforma del Codice di procedura civile è un provvedimento atteso da tempo in Grecia, per colmare i ritardi nei tempi della giustizia civile, tagliare le lungaggini burocratiche e garantire, soprattutto, rispetto dei contratti e certezza dei pagamenti.
Può avere dunque un impatto economico non irrilevante, come sottolinea anche il comunicato dell’eurosummit, che fa riferimento alla “riduzione dei costi”. Alla riforma facevano riferimento già i precedenti carteggi tra governo greco e creditori; la novità sono i tempi serrati, visto che i leader dell’Eurozona chiedono ad Atene di adottare il nuovo codice entro il 22 luglio.

C. Nessuno può seriamente opporsi all’idea della “riforma della giustizia civile”, che in Grecia come in Italia costtuisce un handicap – prima ancora che per l’attività di impresa – per la normale vita civile. Procedure farraginose, tempi biblici, corruzione cancerogena, sistematica prevalenza dei poteri economici forti rispetto ai normali cittadini… La “riforma” è dunque indispensabile. Ma di che tipo? Se ne possono fare indubbiamente molte. Persino una che diò sempre ragione alle imprese, specie se multinazionali… E secondo noi non siamo andati troppo lontani dal vero.

 

 

5. Crisi bancarie

Entro il 22 luglio il Parlamento greco deve recepire la direttiva europea sulla gestione delle crisi bancarie. Si tratta della nuova norma che stabilisce che, dal 2016, i salvataggi e le ristrutturazioni delle banche non dovranno gravare sugli Stati e sui contribuenti, ma sui privati: in prima battuta gli azionisti e i creditori, quindi i correntisti con depositi sopra i 100mila euro. La normativa avrebbe dovuto essere recepita entro il 1° gennaio di quest’anno, ma a maggio diversi Paesi (compresa l’Italia, che l’ha da poco approvata) ancora non l’avevano tradotta in legge. Difficile, al momento, valutare l’efficacia del cosiddetto “bail-in”, che finora ha avuto solo un primo test “pilota” nella crisi di Cipro.

C. Passare dal bail out al bail in è qualcosa di più di un gioco di parole. Il salvataggio con risorse esterne, totalmente pubbliche, è il metodo che è stato usato per rinsanguare le banche, o “salvarle”, dopo il 2007-2008. Un metodo costoso per i bilanci pubblici di tutti gli stati, anche della potente Germania. Con Cipro è stata sperimentata la via opposta: le banche in difficoltà potranno salvarsi attingendo direttamente ai conti correnti dei propri clienti (sotto supervisione dei funzionarri della Troika o dello stato), al di sopra della sogli garantita per legge (100.000 euro). A suo modo, è anche questa una “riforma del codice civile”, per cui la banca vale sempre più di te (certo, bisogna pure aver centomila euro sul conto…).

6. Liberalizzazioni

Durante in negoziati sul vecchio bailout, i creditori avevano accantonato per mancanza di tempo liberalizzazioni e mercato del lavoro. Il secondo blocco di misure chieste ora dall’Europa al governo greco per procedere alla concessione di nuovi aiuti si apre invece proprio con l’adozione di riforme ambiziose nell’ambito delle liberalizzazioni per ciò che concerne il mercato dei prodotti (aperture domenicali, sconti, proprietà delle farmacie) e il mercato del lavoro: accesso a professioni e settori chiusi, compreso il trasporto via mare che invece Atene, anche nell’ultima sua proposta prima del vertice di questo weekend, aveva escluso.

C. Questo capitolo, come la giustizia civile, presenta sempre luci e ombre. Perché in effetti alcune categorie di professionisti godono inspiegabilmente del vantaggio di essere “a numero chiuso”, mentre a livello del lavoro dipendente non si ammettono tutele di nessun tipo. È da questa angolaturaun attacco alla borghesia delle professioni, mirante a “proletarizzarla” progressivamente. Dal lato opposto (orai di apertura, festivi, ecc) è un violentissimo attacco alle condizioni di vita e lavoro di vaste categorie di lavoro dipendente. Peraltro senza quasi effetto sulla “crescita”: se un paese, come la Grecia, continua a ridurre i consumi per mancanza di reddito, non è che si vende di più se i supermercati stanno aperti anche di notte… Anzi, avranno più spese per il personale, l’energia elettrica, ecc.

 

7. Mercato del lavoro

Per quanto riguarda il mercato del lavoro, al governo greco si chiede di intraprendere una revisione e modernizzazione rigorosa della contrattazione collettiva (in linea con le direttive Ue e le migliori prassi in materia), comprese le norme sui licenziamenti, “con un calendario e un approccio concordato con le istituzioni”.
A queste riforme – ripetutamente sollecitate dai creditori, anche se il Paese è già intervenuto su settori critici, come il costo del lavoro e l’orario, senza risultati clamorosi in termini di competività – Atene faceva riferimento nei documenti inviati in precedenza, rimandandole tuttavia all’autunno . Ora diventano più urgenti, visto che sono precondizione per il decollo dei negoziati sul terzo bailout.

C. Il jobs act deve essere esteso anche alla Grecia, che già si era spinta molto avanti su questa strada, ma con meno ferocia dei dispositivi renziani. Notevole la centralità che assume, agli occhi della Troika, la facilità di fare licenziamenti colletttivi…

 

8. Fondo per le privatizzazioni

Per dare impulso alle privatizzazioni, vera e propria nota dolente dei memorandum sottoscritti negli anni dalla Grecia, l’Europa chiede di istituire un fondo indipendente a cui conferire gli asset da privatizzare: dal fondo – che dovrebbe garantire entrate per 50 miliardi – arriveranno 25 miliardi per la ricapitalizzazione delle banche; 12,5 per la riduzione del debito e altrettanti per gli investimenti. Unica concessione, questa, a Tsipras, insieme al fatto di stabilirne la sede ad Atene (e non a Lussemburgo come sembrava in un primo momento). Il fondo sarà tuttavia gestito dalle autorità greche sotto la supervisione delle istituzioni europee.

C. È la misura che sancisce l’esproprio dei beni pubbici ellenici, mettendoli a “garanzia” dei prestiti ricevuti (e che tutti sanno non poter essere ripagati, nemmeno in 60 anni). Da sottolineare come metà della cifre totale (25 miliardi) sia ancora una volta destinata alle banche. Un altro quarto andrà a ripagare i debiti, mentre soltanto un quarto è utilizzabile per investimenti (ovvero per la “crescita”). Il fatto che la sede del fondo venga posta in Grecia è davvero l’unico “successo” che Tsipras può vantare. Sembra improbabile che i greci si mostrino altrettanto entusiasti….

 

9. Il ritorno della Troika

L’ultimo schiaffo a Syriza e al governo di Alexis Tsipras è la richiesta vincolante di far tornare ad Atene la troika (Bce, Fmi e Commissione Ue, anche se, come avviene ormai da tempo, si parla di «istituzioni». Atene – si legge nel comunicato seguito all’eurosummit – si impegna a «normalizzare completamente il metodo di lavoro con le istituzioni, incluso il necessario lavoro sul terreno ad Atene, per migliorare l’implementazione e il monitoraggio del programma». Il governo dovrà anche accordarsi con le isituzioni (compreso l’Fmi, che si stabilisce venga coinvolto alla scadenza dell’attuale programma) sulla legislazione in aree rilevanti. Tra le misure indicate sarà questa una delle più dure da far digerire a Syriza e ai greci.

C. Una punizione vera, crudele, è sempre quella di farti rimangiare quello che hai sputato. La cacciata della Troika da Atene era stato il primo e simbolicamente più significativo atto di ribellione democratica contro lo strapotere dei “creditori”. Un gesto che ripristinava un po’ di sovranità popolare e irrobustiva il profilo di dignità di un governo e di un popolo. Il Tallone di ferro si riconosce da dettagli così…

 

10. Taglio del debito

In fondo al comunicato dell’eurosummit, quasi ad addolcire una pillola amarissima, arriva il riconoscimento della difficile sostenibilità del debito greco e si concede che, nel contesto del futuro programma di aiuti erogati dall’Esm e «in linea con lo spirito del comunicato dell’Eurogruppo del novembre 2012», l’Eurogruppo stesso si dice «pronto a considerare, se necessario, possibili misure addizionali per assicurare la sostenibilità». Nessun taglio del valore nominale, da sempre escluso tassativamente dai tedeschi; c’è però un cauto margine di manovra per l’allungamento del periodo di grazia (quello in cui non si pagano interessi) e il riscadenziamento dei rimborsi.

C. Dovrebbe essere il punto – l’unico – dal lato dell’”avere”, mentre tutti i precedenti erano sulla colonna del “pagare”. Peccato si un punto vuoto, fatto di “possibili”, “eventuali”, “allungamenti”, “vedremo”, ecc. Dei veri e propri “pagherò” politici…

 

 

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