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25 luglio 1943. La caduta del fascismo

Oggi ricorre il settantaduesimo anniversario della caduta del fascismo: una data che non deve mai essere lasciata all’oblio.

Nella notte tra il 24 e il 25 luglio 1943, infatti, il Gran Consiglio del Fascismo votò un ordine del giorno contrario a Mussolini, invocando sostanzialmente il “ritorno allo Statuto”.

Di fronte alle sconfitte militari il “fronte interno” italiano aveva mostrato tutta la sua debolezza, mettendo in luce il divario ormai profondissimo fra il regime fascista, che aveva promesso una grandezza imperiale e militare che si era rivelata un bluff, e le masse popolari, colpite sempre di più duramente nel loro tenore di vita da restrizioni di ogni genere e ormai consce della catastrofe che andava avvicinandosi.

Massicci bombardamenti colpivano le grandi città.

Il Partito fascista, che nel giugno del 1943 aveva raggiunto ben 4.70.770 iscritti era un organismo elefantiaco senza vigore, frutto di un’iscrizione di fatto obbligatoria.

Le promesse di Mussolini di riconquista dell’Africa e di capovolgimento delle sorti del conflitto suonavano come propaganda irresponsabile.

La conquista della Tunisia da parte degli alleati costituì il preludio per l’invasione della Sicilia.

L’isola fortificata di Pantelleria cadde nel giugno 1943, lasciando aperta la strada della Sicilia.

Questa venne investita da forze anglo-canadesi-statunitensi il 9 Luglio, il 10 Luglio le forze alleate sbarcarono e la conquista dell’isola venne portata a termine a metà agosto.

Un altro segno assai grave per il regime dall’interno erano stati gli scioperi verificatisi nel mese di Marzo 1943 nelle fabbriche dell’Italia settentrionale.

La crisi del regime si profilava sempre più.

Dopo che il 19 Luglio, mentre era in atto l’occupazione della Sicilia, Mussolini incontratosi a Feltre con Hitler, non aveva saputo mettere in atto alcuna politica che tirasse in qualche modo le somme della situazione.

A questo punto il re, che intendeva attuare una manovra d sganciamento dalle sorti del vacillante regime su una base politico – sociale conservatrice, maturò il proposito di eliminare Mussolini.

Anche all’interno del vertice fascista le acque andavano muovendosi precipitosamente.

Dino Grandi assunse l’iniziativa di mettere in minoranza Mussolini in una seduta del Gran Consiglio del Fascismo (24-25 Luglio) sulla base di un ordine del giorno che prevedeva l’eliminazione delle strutture totalitarie, il ripristino dello Statuto e la riassunzione da parte del re delle prerogative costituzionali e del comando delle forze armate.

L’ordine del giorno Grandi fu approvato con 19 voti contro 7 con una astensione.

Il re, messo di fronte alla crisi del regime nominò il maresciallo Badoglio, capo del governo, quindi fece arrestare Mussolini.

Nella notte fra il 25 e il 26 Luglio, in tutta Italia esplose l’entusiasmo popolare.

Badoglio costituì il 26 Luglio un governo di militari e alti burocrati e procedette sia a smantellare gli apparati della dittatura fascista, sia a organizzare la repressione, che in alcuni casi fu assai dura con morti e feriti, di ogni manifestazione popolare.

I partiti antifascisti, riemersi alla luce, erano rimasti, di fatto, estranei al colpo di Stato del 25 Luglio ma seppero nelle ore immediatamente seguenti l’armistizio dell’8 Settembre a costituirsi in Comitato di Liberazione Nazionale proponendosi come guida del Paese nel momento più difficile della propria storia.

Infatti, dopo trattative segrete il governo Badoglio firmò, l’8 Settembre, a Cassibile (in provincia di Siracusa) un armistizio con gli anglo-americani.

L’armistizio gettò nel panico la maggio parte dei capi militari e le truppe lasciate da Badoglio senza istruzioni operative.

L’esercito, nei giorni seguenti, si disgregò lasciando l’Italia in mano al controllo militare dei tedeschi.

Il 9 Settembre il re e Badoglio abbandonarono Roma, e fuggirono prima a Pescara e quindi a Brindisi, in zona occupata dagli alleati, dove prese sede il governo.

Il governo Badoglio dei “quarantacinque giorni” (25 luglio – 8 settembre 1943) aveva così portato l’Italia fuori dall’alleanza tedesca, ma in modo talmente inefficiente da determinare una tragedia lasciando campo libero ai tedeschi in tutto il paese e causando una catastrofe di portata epocale.

Una tragedia dalla quale il popolo italiano seppe uscire attraverso lutti e sacrifici e una sanguinosa lotta di Resistenza dalla quale ebbero origine la Repubblica e la Costituzione.

La memoria di quel tempo deve essere conservata nella sua interezza, perché troppo forte in questi tempi così difficili, appare la spinta di un inopinato revisionismo attraverso revisioni costituzionali di segno autoritario, di pericolo ritorno al personalismo.

La conservazione della memoria è quindi operazione necessaria e sacrosanta.

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