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CNR Pisa: dagli scandali ai licenziamenti. La crisi della ricerca pubblica in un paese alla periferia dell’Ue

La recente mobilitazione dell’Unione Sindacale di Base al fianco delle quattro precarie del CNR a rischio licenziamento ha rotto il silenzio calato sullo scandalo dell’Istituto di Fisiologia Clinica (IFC), sul quale la Magistratura sta ancora indagando. Le lavoratrici sono le prime vittime dell’ammanco milionario, alle quali seguiranno, se non si svilupperà una forte e determinata mobilitazione, molte altre.
Gli elementi principali emersi dall’inchiesta che ha coinvolto l’IFC, a nostro parere, evidenziano lo stato in cui versa la ricerca pubblica nel nostro paese. Un ex custode (Marco Borbotti) partecipa e vince un concorso interno presentando un certificato di laurea falso, diventa responsabile dell’ufficio progetti dell’IFC, cioè chi valuta le proposte di studio per le quali sono richiesti finanziamenti. Un Direttore (Eugenio Picano) che delega la funzione principale per la sopravvivenza dell’Istituto a questo personaggio, senza svolgere le minime funzioni di controllo, anche perché impegnato in Kazakistan come Professore ordinario di Medicina. Risultato? Finanziamenti fasulli su progetti inesistenti per 10 milioni di euro.

Ci auspichiamo che la Magistratura faccia emergere chi si cela dietro prestanome e direttori assenteisti, ma mentre essa prosegue nelle sue indagini, a noi spetta il compito di una prima analisi su alcuni elementi che sovra – determinano questo scandalo, non ultimo la continua, spasmodica ricerca di finanziamenti attraverso bandi, gare, progetti europei, per inseguire i quali si dilapidano enormi energie intellettuali, distolte dalla funzione principale che funzionari e ricercatori dovrebbero svolgere all’interno del CNR: la ricerca, appunto.

È noto come nel nostro paese la spesa pubblica e gli investimenti privati in ricerca siano insignificanti: 1,26% sul PIL, fanalino di coda di un’Europa che vede ben altri numeri e tecnologie.  Spese e investimenti talmente bassi da produrre un doppio fenomeno: aumento progressivo della precarietà, supersfruttamento dei lavoratori del settore e fuga di cervelli verso l’estero.

Il finanziamento pubblico (dal governo centrale e dalle regioni), per ricerca e sviluppo è passato da 9.778 milioni di euro del 2009 a 8.822 del 2012, con una diminuzione in termini monetari del 9,8 % e in termini reali del 12,7 %. I fondi per i progetti di ricerca universitaria (Prin, Firb, ecc.) sono passati nei quattro anni da 711 a 95 milioni di euro. Un trend che peggiora di anno in anno.

In questa situazione il finanziamento dell’attività ordinaria del CNR nel periodo tra il 2005 al 2014 è sceso da 543 a 500 milioni di euro (del 20% in termini reali), mentre è aumentato in maniera esponenziale quello legato ad assegnazioni vincolate a specifici progetti ed obiettivi: di 20 volte nel decennio considerato, con una punta di 34 volte tra il 2005 ed il 2013.

Le spese “cogenti” dell’ente, e cioè quelle relative agli stipendi ed al funzionamento della struttura (affitti, luce, gas, ecc.), sono dell’ordine dei 620 milioni. Nel 2014 sono mancati all’appello 120 milioni di euro.

Ciò significa che il CNR ha perso completamente la propria autonomia e che, per pagare gli stipendi e per aprire le porte dei laboratori di ricerca, deve passare per le forche caudine dei committenti che orientano la ricerca ai propri fini.

Il fatto che il CNR non dipende più dallo Stato, ma dal mercato si evince dalle entrate di bilancio. La metà delle fonti finanziarie (51,8%) è costituita dal Fondo di finanziamento ordinario del MIUR; le altre provengono da un insieme di attività tecnico-scientifiche che rientrano nella missione dell’ente (servizi tecnici, trasferimento tecnologico, consulenze, ecc.), ma che non contribuiscono a un vero avanzamento delle conoscenze.

I Governi che in questi anni si sono susseguiti nella gestione del paese e dello Stato, come si evince da questi e da molti altri dati inerenti altri settori strategici come la formazione, la scuola e l’Università, stanno progressivamente riducendo il proprio sostegno alla ricerca pubblica, “privatizzando” le istituzioni pubbliche.

Un fenomeno che vale per molti settori, ma non per tutti. 

Il 21 gennaio 2014 il CNR sigla con il Segretario generale della difesa e direttore nazionale degli armamenti un Accordo quadro finalizzato alla collaborazione su temi di ricerca tecnologica d’interesse comune. Alla luce delle politiche militariste del governo Renzi, impegnato ogni giorno a inviare uomini e mezzi nei vari fronti di guerra, dall’Afghanistan all’Iraq e prossimamente in Libia, siamo sicuri che per questa branca di R&S non mancheranno risorse.

La denuncia di quest’accordo militare ci permette di evidenziare – al netto delle sicure responsabilità specifiche di una classe dominante parassitaria, criminogena e familista – gli ambiti entro i quali al nostro “sistema paese” è permesso agire, dettati da regole “esterne” al paese stesso, oltre che da una condizione oggettiva che interessa tutto il pianeta.

La condizione oggettiva è la crisi in atto, di carattere sistemico, che costringe tutte le economie capitalistiche a cercare di recuperare margini di profitto sulla pelle dei lavoratori, attraverso le ben note politiche di distruzione sistematica dei diritti individuali (Jobs Act) e generali sui posti di lavoro (cancellazione del CCNL, attacco al sindacato come strumento e al sindacalismo di classe e indipendente come sua forma concreta), l’aumento costante di sfruttamento quantitativo e qualitativo (estensione dell’orario di lavoro e intensificazione dello sfruttamento), la distruzione del welfare (sanità, previdenza, assistenza sociale, formazione) .

Le regole esterne sono quelle imposte dall’Unione Europea, attraverso trattati, memorandum, linee di indirizzo, sanzioni, ricatti e minacce. Un potere sovranazionale dominato dai paesi del Nord Europa, con al centro la Germania, impegnati a piegare le economie del Sud Europa alle loro esigenze di esportazione, di assunzione di mano d’opera specializzata e a basso costo, di acquisizione di industrie avviate al fallimento per essere svendute a costi irrisori.

La ricerca pubblica non sfugge a queste regole e condizioni. Insieme a tutto il sistema della formazione, essa subisce sia le conseguenze di una crisi devastante, sia i diktat di un’Unione Europea che delimita ruoli e funzioni di ogni paese. 

Il costituendo “Partito della Nazione” di Renzi e i poteri forti che rappresenta (Finmeccanica, ENI, Lega delle Cooperative, UniCredit, FIAT…), sta adeguando il sistema produttivo, delle relazioni industriali, dei servizi e della ricerca alla posizione assegnata all’Italia. Dal lavoro alla rendita parassitaria, dallo Stato sociale alle produzioni belliche, immense risorse sono spostate per la realizzazione di questo progetto d’integrazione continentale, dalle chiare caratteristiche imperialistiche e neo coloniali.

Un quadro d’insieme che progressivamente fa saltare equilibri che per lungo tempo hanno garantito, pur in condizioni di precarietà, migliaia di posti di lavoro, come nel caso del CNR.

In questa logica mercantilista a che servono le ricerche epidemiologiche e sulle dipendenze degli adolescenti svolte dall’IFC?  La strada è tracciata, e prevede ben altri obiettivi e collaborazioni, come i menzionati progetti di ricerca nel settore militare, anche se i posti di lavoro al servizio della guerra non saranno mai sufficienti a coprire le contemporanee perdite occupazionali.

Difendere i posti di lavoro delle ricercatrici dell’IFC, più in generale di tutto il personale precario che nell’arco del prossimo anno rischia di perdere il proprio posto di lavoro, sarà un obiettivo centrale del sindacalismo indipendente e non concertativo.

Dal quadro d’insieme sommariamente descritto in queste note, emerge però un’evidenza: la sola lotta in difesa dell’occupazione in questo settore strategico per lo sviluppo del paese è insufficiente. La ricerca, la formazione, la produzione culturale devono essere strappate dalle mani di una classe dominante che sta portando l’intero continente europeo alla rovina, al sono fine di difendere interessi particolari, legati alla massimizzazione dei profitti di banche e industrie energivore, sempre più legate al settore militare.

Occorre che le immense risorse intellettuali oggi piegate e dilapidate a questi interessi asfittici e guerrafondai inizino a elaborare nuovi modelli di sviluppo, in grado di far uscire il paese dalla spirale recessiva e di crisi nella quale è sprofondata. Solo una visone radicalmente alternativa al modello dominante imposto dall’Unione Europea, attraverso governanti vassalli come quello di Matteo Renzi, può dare prospettive al conflitto che i lavoratori e le lavoratrici devono iniziare ad ingaggiare. Le singole lotte in difesa dell’occupazione al CNR, così come in tutti i settori della ricerca e della formazione, troveranno così linfa e prospettiva.

Rete dei Comunisti – Pisa

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