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Turchia: riconferma di Erdogan tra luci e ombre. Un’analisi del voto

  1. Una vittoria scontata (?)

Le elezioni del 24 Giugno confermano il quadro politico turco, con l’unica novità rappresentata dal cambiamento sostanziale del ruolo del Presidente della Repubblica, in seguito alle modifiche costituzionali scaturite dalla vittoria del referendum dello scorso anno. Dall’affermazione del “si” alla proposta del governo di cambiare la Costituzione, che ha inaugurato il nuovo corso presidenzialista, Erdoğan ha cercato di creare le condizioni per andare subito al voto e poter diventare Presidente della Repubblica, in modo da incassare in pieno la vittoria referendaria. Per riuscire nel suo intento ha perpetrato un clima di tensione, facendo ogni sforzo per andare ad elezioni anticipate, che da più parti sono state definite illegittime proprio in virtù del contesto fortemente autoritario ed antidemocratico in cui si sono svolte. Il risultato positivo non era del tutto scontato, anche se largamente prevedibile e alla portata di Erdoğan. Non ci sono state sorprese ma, guardando attentamente gli esiti del voto, il Presidente non è riuscito ad incassare un successo netto, come accaduto in passato, e lo scenario politico nasconde delle possibili insidie per i piani dell’aspirante Sultano. Senza dimenticare il momento cruciale per l’economia del Paese, che sta vivendo un periodo di forte difficoltà, legato soprattutto all’inflazione e alla svalutazione costante della lira turca (leggi di più qui). Uno scoglio facile da arginare solo nel medio-breve termine, ulteriore motivo per cui Erdoğan è voluto subito correre ai ripari andando ad elezioni anticipate, in modo da non dover misurarsi con una campagna elettorale, magari tra qualche mese, in cui il peso del fattore economico sarebbe stato cruciale. Molti analisti credono che se non saranno adottate misure adeguate, ma si continuerà sulla strada percorsa finora, ovvero quella di usare semplici palliativi a fini elettorali, in Turchia potrebbero aprirsi le porte di una seria crisi economica, i cui effetti incideranno, come ovvio, non solo sulla vita delle persone, ma anche sugli scenari politici futuri (leggi di più qui). Situazione che non dovrebbe far dormire sogni tranquilli ad Erdoğan, visto che, nonostante tutti gli sforzi fatti, tra repressione, stato di emergenza, riproposizione del capro espiatorio del nemico interno curdo e richiamo all’esigenza di stabilità politica, già questa tornata elettorale ha messo in luce i segnali di un preoccupante calo di consensi.

L’AKP nonostante la vittoria al primo turno delle Presidenziali e la conferma della maggioranza della sua coalizione in Parlamento (leggi di più qui), registra una discreta perdita di voti che in termini percentuali si attesta a circa il 7 % delle preferenze in meno rispetto alla scorsa tornata elettorale, passando dal 49,5 al 42,6 Una percentuale significativa che indica un’erosione del consenso di Erdoğan, soprattutto se pensiamo al clima in cui si sono svolte queste elezioni, con l’enorme repressione delle opposizioni, soprattutto di quelle di sinistra capitanate dall’HDP (leggi di più), con la continuazione dello stato di emergenza e con la propaganda a senso unico pro-Erdoğan dei principali media del Paese. L’ombra più preoccupante che si addensa sulla vittoria elettorale e politica di Erdoğan arriva ancora una volta da Est. Erdoğan, evidentemente, nonostante i grandissimi “sforzi” profusi, non è riuscito a porsi come l’uomo della provvidenza in grado di risolvere una volta per tutte la questione Kurda, ed ha pagato contestualmente anche lo scotto di non essere riuscito a ripulire totalmente la sua immagine dal sangue e la sofferenza inflitta a migliaia e migliaia di persone. Se torniamo a guardare i dati, però, tenendo presente il divario – in termini di importanza – tra questa e la scorsa tornata elettorale per l’elezione del Presidente della Repubblica del 2014, possiamo notare comunque come Erdoğan si sia attestato sulle stesse percentuali, con la sostanziale differenza che alle scorse elezioni presidenziali correva sostenuto solo dal suo partito, mentre questa volta era il candidato unico dell’asse tra il suo movimento politico e il MHP (leggi di più).

  1. Un paese sempre più a destra

Ed è proprio il ruolo del MHP nell’andamento del voto del 24 giugno che necessita di un’attenta analisi. La storica compagine politica ultranazionalista di estrema destra, a dispetto delle previsioni che la davano in forte crisi dopo la scissione interna da cui è nato il partito iyi parti, ha invece sostanzialmente confermato la percentuale di voti ottenuta alle scorse elezioni politiche del 1 novembre 2015, risultando decisiva ai fini della vittoria di Erdoğan. La tenuta del MHP probabilmente è stata una delle maggiori sorprese di questa tornata elettorale. Sicuramente favorita dall’alleanza con l’AKP che gli ha permesso di essere presente dappertutto con una importante copertura mediatica, il MHP si è confermato ancora una volta il punto di riferimento dell’elettorato sciovinista. Ha condotto una campagna elettorale spregiudicata, in cui non sono mancate ombre inquietanti, come l’esplicito appoggio, corredato da incontri ufficiali, del leader del MHP Bahçeli con personalità legate alla storia più nera della Turchia, fatta di commistione tra ultranazionalisti, servizi segreti e criminalità organizzata, quali ad esempio Alaatin Çakıc (leggi di più). Insomma il partito espressione dei cosiddetti lupi grigi ha mostrato apertamente il suo volto, richiamando a raccolta lo zoccolo duro del suo elettorato di riferimento che ha risposto presente, proiettandolo all’interno del nuovo Parlamento come il partito decisivo per le sorti e la stabilità del futuro governo.

Si conferma, dunque, uno spostamento del Parlamento turco sempre più a destra, dal momento che oltre al blocco islamico-nazionalista dell’AKP e MHP che ha conquistato circa il 53% dei voti, una fetta del circa 10 % è stata ottenuta dal neonato partito Iyi Parti, sorto da una fronda dissidente del MHP, capitanata da Meral Aksener, figura storica della destra turca. Il nuovo partito era dato su percentuali più alte, ma soprattutto era visto come possibile rottamatore del MHP. Secondo i maggiori sondaggi pre elettorali, l’ Iyi Parti avrebbe dovuto erodere almeno la metà dei voti diretti al MHP, riducendo la sua percentuale del 5-6 %. Previsione che non si è verificata, con la riconferma del peso elettorale del MHP. L’ Iyi Parti ha rappresentato, a fronte dell’alleanza tra MHP e AKP, una valida alternativa al CHP, storica espressione del kemalismo, per la parte conservatrice dell’elettorato kemalista. Bisognerà vedere se la Aksener darà peso a questa analisi, cercando di sottrarre la leadership dell’opposizione al CHP, oppure tenterà di stringere ancor di più l’alleanza con esso in funzione anti Erdoğan perseguendo l’obiettivo originario di sottrarre voti al MHP. Anche se sul ruolo che avrà all’opposizione l’ Iyi Parti già iniziano a crearsi forti perplessità, vista l’area politica di riferimento del partito, che potrebbe convergere con la coalizione AKP-MHP su diversi temi, uno su tutti la questione curda. Staremo a vedere cosa accadrà.

  1. La sconfitta del CHP

In un contesto politico che mostra diverse incertezze una conferma è rappresentata dall’ennesima cocente sconfitta del CHP, la quale mai come questa volta potrebbe davvero mettere in crisi il partito. Se la figura di Ince, infatti, ha grossomodo convinto, attestandosi su un risultato non del tutto deludente nonostante la sconfitta, il suo partito ne è uscito fortemente ridimensionato registrando un’ulteriore perdita di consenso (leggi di più). La discrepanza di voti tra quelli ottenuti in qualità di candidato presidente e quelli ottenuti dal partito alle politiche rappresenta una sonora bocciatura per la vecchia dirigenza del CHP figlia dell’incapacità di un rinnovamento reale del partito. Ince, infatti, ha saputo rappresentare la parte dissidente del CHP, quella maggiormente attenta alle questioni democratiche e sociali del paese e quella più aperta all’ascolto delle istanze della società civile e della sinistra. In tal senso, mentre i segnali di apertura di Ince all’HDP, durante la sua campagna elettorale, pare abbiano in parte pagato aumentando – almeno sulla carta – le sue chance di arrivare al ballottaggio, la decisione del partito di allearsi con le forze reazionarie di destra quali l’ Iyi Parti e il Saadet Partisi[14] si è rivelato un grandissimo errore di valutazione, vanificando quanto di buono fatto dal suo candidato presidente. Per cercare di rovesciare un potere costituito forte e consolidato come quello di Erdoğan e del suo AKP, è necessario praticare una rottura significativa, anche solamente simbolica, mostrandosi come alternativa reale al conservatorismo autoritario e nazionalista. La scelta del CHP di fare fronte comune con le forze altrettanto conservatrici e nazionaliste turche, in questo senso, non si è dimostrata la strategia vincente. Una lezione che il CHP non ha ancora appreso evidentemente e che risulta decisiva adesso per il futuro del partito, se non vuole restare relegato solo nei suoi feudi della costa egea, ma provare a diventare un soggetto di opposizione credibile, che possa presentarsi alle prossime tornate come un competitor reale di Erdoğan.

  1. La riconferma dell’HDP

Chi, invece, sicuramente continuerà a fare opposizione reale ad Erdoğan e alle sue politiche reazionarie sarà l’HDP che, anche stavolta, è riuscito a superare l’assurda soglia del 10%, eleggendo ben 67 parlamentari (contro gli 80 del 2015) nonostante sia stata la tornata elettorale più antidemocratica, iniqua, repressiva e sanguinosa della storia moderna della Turchia[15]. Nonostante la guerra a tutto campo che negli ultimi tempi il governo del Sultano ha dichiarato apertamente alla compagine filo kurda e a tutti i suoi oppositori. Una guerra che parla di 222 giornalisti arrestati. Centinaia di persone arrestate per le loro posizioni e attività sui social media; 200.000 impiegati statali licenziati senza alcuna motivazione né tanto meno un processo. Una propaganda elettorale che per l’80% ha dato spazio all’AKP o alle alternative a destra all’AKP quali l’ Iyi Parti di Akşener e il Saadet Partisi di Karamollaoğlu, censurando mediaticamente i partiti d’opposizione e attaccando fisicamente alcuni loro esponenti in diverse province. Censura, coprifuoco, repressione, arresti, assassinii e incarcerazioni non sono bastati a fiaccare la resistenza di un’intera fascia della popolazione e del partito di Demirtaş (che ancora oggi è in carcere) che – sebbene perda l’1.65% rispetto alle parlamentari del 2015 (Qui le percentuali delle principali città in cui è presente il partito) – si pone ancora una volta come unica vera e grande opposizione ai progetti del dittatore turco. E’ utile ed interessante, in questo senso, analizzare i dati di questo che, alla luce di quanto precedentemente scritto, rappresenta un successo per l’HDP (che ricordiamo non si presentava in colazione con nessun altro partito) e una vera vittoria democratica delle classi oppresse di tutto il mondo, andando al di là dei freddi numeri percentuali. Un dato su tutti è da tenere in altissima considerazione: per la prima volta l’HDP ha fatto registrare risultati importanti anche al di fuori della zona Kurda della Turchia, aumentando la percentuale di voti ottenuti rispetto la scorsa tornata elettorale ed eleggendo più parlamentari in diverse delle principali città:

  • ad Istanbul con un +2.45% sono ben 12 i parlamentari eletti;

  • ad Izmir storica roccaforte dei Kemalisti con un + 2.67% sono 2 i parlamentari eletti;

  • ad Ankara con un +2.02% l’HDP elegge il suo primo deputato contro ogni pronostico;

  • a Kocaeli, importante centro industriale della nazione, e ad Antalya, tra le principali città turistiche della Turchia, sono stati eletti altri due parlamentari (leggi di più);

L’HDP è in una fase di crescita e va via via imponendosi come forza politica a tutto tondo che alla lotta per la liberazione dei prigionieri politici, per la revoca dello stato di emergenza e il raggiungimento della democrazia e dell’uguaglianza, affianca una seria lotta e opposizione alle politiche neoliberali e capitaliste del governo di Erdoğan, provando a porsi come vero e proprio punto di riferimento per tutti i lavoratori e le lavoratrici nonché per tutti i poveri del paese. Altro dato da tenere in considerazione, ai fini di una corretta valutazione dell’esito elettorale, è l’allargamento dell’elettorato che è riuscito in questi anni a creare l’HDP, avendo coinvolto anche una parte di quell’elettorato kurdo più moderato e conservatore che fino alle scorse elezioni non vedeva tanto di buon occhio il partito di Demirtaş, ritenuto – probabilmente – poco affidabile. L’HDP, con il coinvolgimento attivo di molti partiti ed organizzazioni di sinistra e filo kurdi, ha rafforzato ancora di più il suo carattere di blocco democratico, provando a porsi – utilizzando un concetto gramsciano – come “blocco storico” degli oppressi. Ancora più interessante, forse, è il dato che parla di un consistente numero di elettori del CHP che hanno votato per l’HDP alle parlamentari proprio per aiutare il partito a raggiungere il 10% e garantirgli così una propria squadra di deputati in Parlamento in grado di opporsi a Erdoğan e perché no di perseguire, parallelamente, in quel tentativo di avvicinamento tra le due compagini già avviato da Ince. Il dato politico che ci lascia questa tornata elettorale, al netto di queste che, ad oggi, sono solo speculazioni politiche, è che spetterà ancora una volta all’HDP prendersi la responsabilità di fare opposizione in un contesto sociale e politico di certo non favorevole ma comunque ancora in divenire e con diversi punti interrogativi che potrebbero nel giro di qualche tempo portare ad un’ulteriore erosione di consenso e credibilità di quello che ad oggi è il padrone indiscusso di un intero paese, favorendo l’ascesa dell’HDP e delle sue rivendicazioni.

INTERVISTA AD ALP ALTINÖRS

GIA’ VICEPRESIDENTE DELL’HDP,

STUDIOSO E SCRITTORE MARXISTA

Di seguito pubblichiamo una breve intervista rilasciataci da Alp Altinörs all’indomani delle elezioni del 24 giugno per meglio approfondire il dibattito all’interno del partito filo-kurdo dell’HDP, per avere un resoconto di come, più in generale, vengono analizzati dal partito i risultati di quest’ultima tornata elettorale, ed, infine, per capire cosa ci si deve aspettare in futuro dal partito di Demirtaş

1: Come valuti i risultati elettorali? Erdoğan è il vero vincitore? O c’è qualche “ombra”, dal momento che non avrà la maggioranza qualificata in Parlamento, nonostante l’alleanza con l’MHP?

Le elezioni parlamentari e presidenziali del 24 giugno sono state sicuramente le più antidemocratiche, inique, repressive e sanguinarie elezioni di tutta la storia moderna del nostro Paese. Il partito al governo (AKP) ha interpretato queste elezioni come una vera e propria “guerra elettorale” come affermato dal Ministro dell’Energia e dal genero Berat Albayrak. Mentre le opposizioni le hanno interpretate come “resistenza elettorale”. Per questo i risultati non devono essere analizzati superficialmente. Le elezioni si sono tenute in un clima particolare con lo Stato d’Emergenza ancora in vigore a fornire potere illimitati al Presidente della Repubblica e al suo Governo. Con il potere giudiziario completamente nelle mani di Erdoğan e la possibilità di imprigionare chiunque su sua richiesta. Con un candidato presidenziale, Selahattin Demirtaş dietro le sbarre di una cella di sicurezza di alta sicurezza, così come altri 11 deputati del nostro partito. Con gli uffici dell’HDP e le opere di propaganda attaccati sistematicamente in tutto il paese. Con tutti i media mainstream direttamente nelle mani del partito al governo. Con 222 giornalisti in prigione. Con il Ministro degli Interni, Suleyman Soylu, che minacciava quotidianamente i partiti dell’opposizione. Con centinaia di persone arrestate per le loro condivisioni sui social media. Con 200.000 impiegati statali purgati senza alcuna indagine o processo. Con l’80% di tutte le spese elettorali appartenenti all’AKP. Con le “alternative” di destra all’AKP (l’Iyi Parti di Akşener e il Saadet Partisi di Karamollaoğlu) rigorosamente censurate da tutti i media e fisicamente attaccate in molte province. Questi sono solo alcuni dati che restituiscono la ferocia della repressione di stato guidata dalla dipendenza di potere di Tayyip Erdoğan. Questa era l’atmosfera in cui si sono tenute queste elezioni. Ma anche in queste condizioni, in un’elezione improvvisa, dichiarata solo 66 giorni prima, l’opposizione borghese e popolare ha mostrato una grande vitalità, forza e coraggio. I risultati dicono che l’AKP ha perso 10 punti percentuali e che Erdoğan è stato eletto solo con il supporto del partito fascista dell’MHP. L’AKP ha perso la maggioranza parlamentare, raggiunta solo grazie all’alleanza con l’MHP ma nonostante ciò non hanno raggiunto la maggioranza assoluta per poter cambiare la costituzione. Erdoğan, nonostante ciò, avrà molto più potere grazie alla sua riforma che concede ampi poteri al Presidente della Repubblica. Questo è un nuovo periodo di lotta. Abbiamo visto, inoltre, che le cosiddette “alternative” a destra dell’AKP hanno ottenuto pochissimi voti (Akşener, che sosteneva che sarebbe passata al secondo turno, ha ottenuto solo il 7% dei voti) e che, quindi, l’alternativa all’AKP non può essere rappresentata da un altro partito di destra.

2: L’HDP è stato in grado di superare l’assurda soglia del 10%. Ed è senza dubbio la migliore notizia. Avrete 67 parlamentari. Nonostante arresti, repressione e censura, il vostro lavoro politico e sociale in tutto il sud-est della Turchia vi ha ricompensato anche in termini di consenso elettorale. Questa volta avete ottenuto ottimi risultati anche nelle grandi città (molto meglio dell’ultima volta), e anche tra un elettorato più conservatore, che – attualmente – vi guarda come l’unica organizzazione in grado di opporsi a Erdoğan, sostenendo anche le rivendicazioni storiche del Popolo Kurdo. Cosa pensi che vedremo nei prossimi mesi?

L’HDP ha raccolto l’11.7% dei voti, eleggendo 67 parlamentari in tutto il Paese. I nostri voti non si sono concentrati solo nelle città kurde ma anche nelle grandi città come Ankara, Istanbul ed Izmir. Ad Istanbul, ad esempio, abbiamo eletto 12 parlamentari. Altri ne abbiamo eletti in città come quella industriale di Kocaeli e in una turistica come Antalya. Questo dimostra che il “paradigma” dell’HDP è radicato nella società e che l’HDP è oramai un trend permanente nella vita politica della Turchia. E il suo essere di sinistra è stato ancora più evidente in queste elezioni. L’HDP è stato il punto di riferimento per il movimento nazionale Kurdo e della resistenza democratica nell’Ovest del Paese. L’HDP ha preso i voti dei settori più poveri della società e dei democratici appartenenti al ceto medio. Molti elettori del CHP hanno votato per l’HDP nelle elezioni parlamentari per spingere il nostro partito a superare la soglia del 10%. L’HDP è l’ispirazione per tutte le masse dell’opposizione. Tenete presente che questo partito è sotto un sistematico stato di terrore dal 2015. Tre anni di vile repressione non hanno indebolito il partito, anzi, l’HDP ha superato questo periodo ed aumentato ulteriormente i propri voti e parlamentari. L’HDP, con la partecipazione di molti partiti ed organizzazioni di sinistra e Kurde, ha rinforzato il suo carattere di blocco democratico e, utilizzando un concetto del compagno Gramsci, sta provando ad ergersi come “blocco storico” degli oppressi. Questo è un fenomeno molto raro nella storia politica della Turchia, dal momento che sono sempre emersi due blocchi di classe dominante sempre sulla falsariga della dicotomia tra chi è fedele ad una visione laica-occidentale e chi propende per un approccio islamico-orientale. L’HDP rappresenta un qualcosa di storico in cui i popoli e le classi oppresse si uniscono in un tutt’uno. L’HDP ha superato ancora una volta la soglia del 10% e in queste condizioni è davvero una vittoria democratica di tutte le classi e popoli oppressi del mondo.

  1. Che tipo di riflessione state portando avanti? È tempo di resistere o anche di ampliare la coalizione e lottare per stabilire le radici tra le masse popolari? Per riassumere: quale sarà il futuro dell’HDP e su quali questioni vi concentrerete? Presterete grande attenzione alla situazione economica, al mercato del lavoro, alla disoccupazione e alla povertà crescente? Quali questioni saranno al centro del vostro lavoro politico, a parte “il problema Kurdo” e la lotta per “la libertà e i diritti democratici”?

La Turchia sta vivendo una crisi finanziaria che probabilmente si trasformerà in una crisi economica. L’economia è sull’orlo della bancarotta e probabilmente, sottotraccia si lavora per un nuovo accordo di stand-by con il FMI. Questo vorrebbe dire l’ennesimo piacere ai capitalisti e nuove leggi di austerity per i lavoratori e i poveri. L’HDP, quindi, condurrà la lotta contro le politiche neoliberali capitaliste del governo di Erdoğan. Lotteremo, inoltre, per la liberazione dei prigionieri politici, la revoca dello Stato d’emergenza e il raggiungimento della democrazia e dell’uguaglianza.

4: L’UE non avrà problemi ad accettare la vittoria di Erdoğan, soprattutto per l’importanza che la Turchia sta giocando nella gestione dei flussi migratori dalla Siria verso l’Europa. Quale pensi che dovrebbe essere il ruolo delle organizzazioni anticapitaliste, antifasciste e antisessiste in tutta Europa per sostenere l’HDP e la lotta del popolo turco? E per opporsi alla crescita dei partiti e organizzazioni di destra in diversi paesi europei?

Il capitalismo è in una crisi globale. Non è solo economica o finanziaria ma anche ecologica, politica, diplomatica etc. etc. Preferiamo, per questo, parlare di “le crisi” e non “la crisi”. Questa è una crisi esistenziale del capitalismo. Il capitalismo “ sta mangiando” le conquiste democratiche e sociali del passato per superare questo momento di crisi. E questo favorisce la crescista della destra populista, reazionaria e fascista. Un’ascesa che, parallelamente, chiama la Sinistra e il movimento comunista alla responsabilità e al proprio dovere. I comunisti, infatti, hanno il dovere di politicizzare e far crescere la classe operaia e creare partiti operai sempre più grandi ed importanti. Ma questo compito dovrebbe andare di pari passo con una larga alleanza con tutti i popoli e le classi oppresse del mondo. Per questo il nostro motto è “Lavoratori e oppressi di tutto il mondo unitevi!”. Per quel che riguarda l’Europa e il suo carattere non abbiamo alcuna illusione. Noi conduciamo e continueremo a condurre una lotta diplomatica all’interno dell’UE e della Commissione Europea per limitare le politiche fasciste del governo dell’AKP. Ogni volta abbiamo la riprova che l’UE è guidata dagli interessi capitalisti dei grandi gruppi industriali e non dai cosiddetti “valori democratici” ed Erdoğan lo sa molto bene. Per questo il nostro vero alleato è la sinistra anticapitalista europea che lotta contro l’Europa dei capitalisti. Saluti a tutti i compagni e compagne in Italia, un paese di immensa importanza politica per la sinistra. Voi avete una grande storia di resistenza antifascista e di lotte operaie. L’Italia è la terra di Gramsci. Speriamo che i movimenti comunisti e socialisti crescano fortemente in Italia e contrastino la crescita della destra reazionaria. Per quanto riguarda la solidarietà, dovremmo portarla ad uno step successivo, in un fronte anticapitalista e antifascista internazionale, mirando alla liberazione di tutti i popoli d’Europa. La nostra lotta, in sostanza, è internazionale!

* da Potere al Popolo!

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