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Avviso di garanzia

La forte giornata di mobilitazione nelle città italiane ed europee è il segno della dilagante rabbia e della crescente ribellione contro i diktat della troika Bce-Ue-Fmi e dei governi che ne applicano le misure antipopolari.

Una giornata caratterizzata negli altri paesi europei soprattutto dalla mobilitazione massiccia della classe lavoratrice anche oltre le indicazioni e i recinti dei sindacati concertativi aderenti alla CES. Ed in Italia – differenza da non trascurare – più che altro dalla scesa in campo di una generazione di adolescenti e studenti che ha relegato in secondo piano uno sciopero poco più che simbolico e arrendevole nella forma delle rituali passeggiate in centro e del tutti a casa prima di pranzo.
Da Torino a Palermo centinaia di migliaia di persone, soprattutto giovani e studenti, oltre a lavoratori, insegnanti, precari, hanno lottato strada per strada per portare alla luce il messaggio che così non deve andare e non può andare più. Lo stesso è accaduto a Lisbona come a Madrid, a Barcellona come ad Atene.
In Italia sono ormai in tanti ad aver verificato che la cura imposta dal governo Monti per conto della troika è assai peggiore della malattia che affermano di voler curare. Tant’è che i suoi ministri devono scappare dalla Sardegna in elicottero, fare vertici a Napoli mentre intorno infuriano gli scontri, essere contestati appena mettono il naso fuori da Palazzo Chigi.
Ma a Roma, la durezza delle cariche poliziesche contro i ragazzi e la blindatura del centro storico, che ha minacciosamente militarizzato anche manifestazioni autorizzate come quella a Montecitorio, avevano una regola di ingaggio in più rispetto alle altre città del paese. Come per mandare un ‘avviso di garanzia’ a chi protesta.

Lo si è visto dalla lunghezza e dalla durezza delle cariche. Per le strade della Capitale non abbiamo visto cariche di “alleggerimento” miranti a disperdere i manifestanti, ma incursioni ripetute e massicce con l’obiettivo di catturare il numero maggiore di manifestanti possibile. Un procedimento che vuole funzionare da deterrente nei confronti dei giovani e dei giovanissimi, molti dei quali alle loro prima manifestazioni.
All’enorme corteo che ha sfilato nel centro di Roma è che è stato orientato dai cordoni di Polizia verso Lungotevere, chi ha gestito l’ordine pubblico ha teso una vera e propria trappola. Per impedire a qualsiasi costo che i manifestanti arrivassero nei pressi dell’Hotel De Russie di Roma (zona piazza del Popolo), dove da ieri è in corso la riservatissima riunione del Gruppo di Bilderberg, il club dei potenti di cui è membro anche il premier italiano Mario Monti.
Il vero “cuore nero” del potere è in ambiti come questo, dove finanzieri, amministratori delegati, alti funzionari pubblici si riuniscono lontano dai riflettori e progettano con cinismo estremo le sorti di interi paesi come la Grecia, i tagli della spesa sanitaria e ai disabili gravi “perchè insostenibili”, il peggioramento dei trattamenti pensionistici perché le risorse pubbliche servono per altri capitoli di spesa come quella militare o la 
brutale selezione sociale nell’accesso all’istruzione affinché non sia più consentito che “l’operaio abbia il figlio dottore”.
Nel giorno in cui a Roma, Milano, Torino, Napoli, Palermo, Brescia, Padova una nuova generazione ribelle è scesa in piazza, i giornali annunciavano che le maggiori banche italiane, nonostante la crisi, hanno fatto utili crescenti, hanno distribuito dividendi ai loro azionisti senza neanche perdere un centesimo rispetto all’anno precedente.
E poi ci si stupisce che in tanti comincino a dire basta. Che a farlo siano stati migliaia e migliaia di ragazzi e ragazze è un segnale incoraggiante. Al fianco dei quali c’è bisogno che scendano – fisicamente e politicamente – le organizzazioni sindacali e politiche conflittuali.
Le prese di posizione equidistanti o peggio quelle di condanna della ‘violenza dei manifestanti’, provenienti da ambiti sindacali e politici della sinistra, evocano già oggi la complicità di domani con le nefandezze che il prossimo governo sarà costretto a fare in nome dei vincoli europei e dei diktat della troika.
Adesso basta, il tavolo va rovesciato!

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1 Commento


  • Giuseppe Aragno

    Sono pienamente d’accordo. E’ ora di dire basta.

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