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Da “dio, patria e famiglia” a “polizia, magistratura e impresa”

Non è tempo perso tornare sulla fiction della Rai – “Gli anni spezzati” – che viene trasmessa in prima serata in queste settimane, nello sforzo palese di creare una neolingua orwelliana sulla storia, i conflitti e la violenza politica degli anni Settanta nel nostro paese. Pensando soprattutto al presente e al futuro, come si conviene a un’operazione “culturale”, per quanto di profilo infimo come questa.

Qualche notizia in più aiuta a capire l’l’impronta dell’operazione in corso.

La trilogia in sei puntate, dedicate ad un Commissario di polizia (Calabresi) a un magistrato (Sossi) e ad un dirigente Fiat (Venturi), ha il patrocinio dell’Associazione nazionale della Polizia di Stato e dell’Associazione Italiana vittime del terrorismo. Due soggetti quasi “parasindacali”, vocati a rappresentare interessi particolari, per farli “pesare” sia nel discorso pubblico che nelle iniziative legislative e finanziarie.

Secondo il produttore-sceneggiatore, un comitato di consulenti storici – composto da Adalberto Baldoni, Sandro Provvisionato e Luciano Garibaldi – avrebbe dovuto garantire l’”equilibrio delle fonti”. Compito delicato, in una materia simile, e che avrebbe richiesto alte competenze storiografiche. Insomma, degli storici di professione, con cattedre universitarie improtanti e magari pubblicazioni scientifiche alle spalle, meglio se universalmente riconosiute come valide.

Chi sono invece questi “consulenti storici”?

Adalberto Baldoni, ha lavorato dal 1972 al 1980 ne Il Secolo d’Italia, organo del Msi (partito nato in continuità diretta con il partito fascista, in barba al dettato costituzionale). Componente del Comitato centrale del Msi (1965-1995). Dirigente nazionale del settore “Immagine e Propaganda” nel biennio 1989-1991. Dopo la svolta di Fiuggi, nel 1995, diventa dirigente nazionale di Alleanza Nazionale, nelle cui liste è stato eletto cinque volte al consiglio comunale di Roma, concludendo l’esperienza nel 2001.

Luciano Garibaldi è autore di diversi libri che provano a riscrivere la Storia dal punto di vista del fascismo, nonché dei due testi da cui ha tratto spunto la fiction Rai. Uno dedicato al giudice Sossi, l’altro al commissario Calabresi. Ha lavorato in tutta la stampa di destra: Il Tempo, Il Giornale, L’Indipendente, Gente.

Infine Sandro Provvisionato, che sembra ricoprire il ruolo di certificatore bipartisan delle consulenze “storiografiche”. Proviene dai gruppi della sinistra, è stato tra i fondatori di Radio Città Futura, poi passato all’Ansa. Ha già ricoperto un ruolo simile nel programma “Terra”, di Canale 5, in cui doveva “riequilibrare” le vere e proprie crociate del suo partner, Toni Capuozzo. Gestisce da anni il sito Misteri d’Italia, nel quale convivono documenti e inchieste interessanti, ma anche veri e propri monumenti di dietrologia e depistaggio politico di marca ex-Pci.

Insomma, tre personaggi senza spessore “scientifico” e soprattutto nessuna possibilità di essere considerati al di “sopra delle parti”. Solo un volgare compromesso tra esigenze di riscrittura della Storia da posizioni solo presuntamente opposte.

Eppure non basta questo vizio d’origine a spiegare la capziosità di questa produzione televisiva di massa. La scelta di una fiction a puntate presuppone una decisione politica importante, che giustifica un investimento anche economico rilevante, e punta su uno strumento molto più efficace di un film destinato al circuito cinematografico. Nella serie può scattare infatti la “fidelizzazione” dello spettatore, la prima serata Rai assicura un’audience di milioni di persone, agisce con più forza l’empatia con i protagonisti. Molti ricorderanno le polemiche sui “rischi” connaturati alle serie tv esplose in occasione della fiction sulla Banda della Magliana.

In questo caso i protagonisti e le vittime sono i “buoni” per definizione: il commissario Calabresi (che il testimone Pasquale Valitutti conferma esser stato presente nella stanza della Questura dalla quale venne gettato Giuseppe Pinelli), il giudice Sossi (un’icona delle “toghe nere”, assai poco amato da lavoratori e movimenti, da lui perseguitati nella Genova degli anni Sessanta e Settanta), il dirigente della Fiat Venturi (uno degli organizzatori della “Marcia dei quadri” contro lo sciopero del 1980, che segnò la sconfitta del movimento operaio in Italia).

Gli eroi civili diventano quindi: polizia, magistratura e la maggiore multinazionale italiana. Una “santissima trinità” che sembra voler sostituire quella tradizionale delle forze reazionarie: dio, patria e famiglia. C’è una modernità inquietante in questa sostituzione, in varia misura “necessaria”.

Nel XXI secolo, infatti, nè dio, né la patria né la famiglia sembrano più avere quel potere valoriale stabilizzante sul quale costruire un “senso comune”, un ordine pre-politico. Il “dio denaro” – come scrive Marx – ha assunto maggiore capacità di persuasione e conversione rispetto a quello extraterreno; la patria è stata molto relativizzata dalla dimensione sovranazionale europea, che ormai determina scelte, orizzonti e confini fattuali dei poteri decisionali; la famiglia è stata investita come un tornado dalla modifica degli stili di vita, diventando una delle tante “venerande istituzioni” spazzate via dal carattere “rivoluzionario” del capitalismo.

Il tentativo “culturale” sottostante è dunque quello di cominciare a delineare un “nuovo senso comune” fondato sulla trinità tra disciplina, legalità e mercato. Una trinità di scorta, ben più misera e “terra terra” di quella morente, ma decisiva in una fase dove l’aumento delle disuguaglianze sociali, l’impoverimento massiccio di quote di popolazione e la dominante invisibilità delle oligarchie stanno facendo saltare ogni civilizzazione condivisa e ogni compromesso sociale.

Non per caso. L’attuale è una fase in cui tutte le ragioni del conflitto di classe degli anni Settanta – criminalizzate e deformate da fiction come “Gli anni spezzati” – avrebbero molte più ragioni di allora per prendere corpo e manifestarsi come prospettiva progressiva della società.

Se le vecchie forme della “democrazia rappresentativa” vengono ormai liquidate come inservibili ai fini della governance, la nuova trinità chiamata a “conformare” ogni aspetto della vita politica, sociale e culturale del paese deve soprattutto “dissuadere” ogni tentazione di cambiamento in una direzione “progressiva”. Dunque:

– le imprese (la Fiat del “modello Pomigliano”) assumono il valore di nuovo potere legislativo che obbedisce a priorità “non generali”;

– gli apparati di polizia assumono il valore di potere esecutivo prevalente (esente dal rispetto della legge, come emerge dalla protervia con cui non accettano di esser giudicati per le uccisioni che avvengono nelle questure o per le torture di Bolzaneto);

– la sola magistratura “legittima” è solo quella che non interferisce con la legalità decisa dalle imprese, rivolgendo invece tutta la propria fantasia repressiva contro l’opposizione sociale e/o politica (il “modello Caselli” contro i No Tav, dunque, non certo il Nino Di Matteo che indaga sulla “trattativa Stato-mafia”).

Ma questi tre istituti del “nuovo senso comune” non godono davvero di buona fama tra “la gente”. Per questo diventano necessarie operazioni mediatiche come “Gli anni spezzati”; probabilmente altre ne seguiranno. Strumenti per veicolare la “rivoluzione passiva” nella società e creare una nuova scala di valori e riferimenti, posti di traverso a qualsiasi istanza di liberazione, ribellione, “rovesciamento del tavolo”.

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1 Commento


  • Sandro Provvisionato

    Tanto per puntualizzare.
    Evidentemente Cararo non sa che ruolo abbia in una fiction il consulente storico. Fermo restando che la consulenza è stata mia e di Baldoni (Garibaldi non l’ho mai visto), essa si è svolta sulla rivisitazione di ben 33 soggetti, di volta in volta “storicamente” aggiustati, mai sulla sceneggiature, mai direttamente sulle location dove il film è stato girato.
    E’ bene sapere che un soggetto contiene un racconto, ma è in fase di sceneggiatura che si creano i personaggi che quel racconto interpretano. Per fare un esempio: nel soggetto, Valitutti, l’anarchico che si trova fuori dalla porta della stanza in cui Pinelli viene interrogato, ascolta e vede tutto e poi riferisce che secondo lui Calabresi era nella stanza. Se in fase di sceneggiatura e poi di realizzazione, Valitutti viene soltanto redarguito da un brigadiere che colpa ne hanno i consulenti storici. E gli esempi potrebbero essere centinaia.
    Il consulente storico agisce solo in prima battuta su un soggetto. Ma la fiction viene costruita definitivamente sulla sceneggiatura prima e nella realizzazione poi.
    E questo solo per precisazione.

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