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Dopo il corteo del 12 aprile si impongono parecchie domande

All’indomani della manifestazione nazionale del 12 aprile e dei suoi esiti, qualche valutazione merita di essere avanzata e di essere sottoposta a dibattito, anche sulle pagine del nostro giornale.

I numeri della partecipazione e i contenuti ci dicono che il corteo di sabato ha definitivamente affossato le giornate di mobilitazione del 18 e 19 ottobre, che avevano portato in piazza ben altri numeri e obiettivi “leggibili” non solo per vie interne e non solo da addetti ai lavori.

Non ci interessa, qui ed ora, dedicarci al tema che pure appassiona di più il dopo manifestazione ossia la gestione della piazza e del corteo. Certo era visibile come questa volta fosse il corteo ad essere assediato da un imponente schieramento militare di polizia che lo ha chiuso dentro un corridoio blindato. La “tonnara” che abbiamo visto con le cariche fino all’inizio di via del Tritone poteva avere esiti ancora più drammatici. Ma è illusorio, da parte dell’Unione Europea e del governo Renzi, pensare che un intero pezzo di società si faccia massacrare dalla disoccupazione, dalle privatizzazioni e dall’immiserimento senza reagire.

Ci interessa però aprire il dibattito politico sulle prospettive che questa manifestazione apre o chiude.

La prima domanda da farsi è: perchè la partecipazione è crollata rispetto a solo sei mesi fa?

Nei fatti si è rivelata una manifestazione per la casa – un obiettivo legittimo e popolare, certamente – ma la declinazione del problema specifico e la sua declinazione generale si sono persi in una evocazione generica che non ha dato nè priorità né indicazioni da socializzare agli altri settori sociali (dai lavoratori alle famiglie proletarie ai disoccupati) che pure dovrebbero essere parte del conflitto di classe più generale. L’aver occultato il fattore antagonista oggi principale, l’Unione Europea e i suoi diktat, rende sempre più evanescente il nemico e la prospettiva generale di cambiamento che dà forza e respiro alle singole lotte.

La seconda domanda da farsi è: gli obiettivi specifici, da soli, hanno la forza per diventare mobilitazione generale?

Unire le forze non è un esercizio di egemonia, è un processo nel quale ognuno porta quello che è e mette a disposizione quella che ha su un piano di convergenza comune e condiviso fin nei dettagli. L’alleanza del 18 e 19 ottobre indicava questa possibilità ma è stata volutamente affondata e i risultati si sono visti sabato 12 aprile in piazza.

La terza domanda da farsi è: è possibile o necessaria una alleanza politica e sociale che veda dentro tutti i settori sociali aggrediti dalla crisi e dalle misure antipopolari per ingaggiare la sfida con un avversario di classe strutturato e integrato a livello dell’Unione Europea oppure si procede ognuno per conto suo?

Dalla volontà e capacità di rispondere a queste domande dipenderà se il movimento antagonista e di classe in questo paese vuole proseguire su quello che abbiamo visto nel corteo del 12 aprile o sulle possibilità che abbiamo visto materializzarsi il 18 e 19 ottobre.

Vogliamo aprire la discussione su questo. Contropiano è a disposizione del dibattito.

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5 Commenti


  • Barracuda

    Ieri quali e quanti politici si sono schierati con i cittadini in corteo.
    Oggi qualsiasi commento da parte loro é tardivo e privo di senso.
    Ad Ottobre c’era aria di accordi, poi più o meno saltati.
    Ieri l’Italia era da sola.


  • Franco Astengo

    REPRESSIONE, MARGINALIZZAZIONE DEL DISSENSO, OPPOSIZIONE POLITICA: IN ESITO ALLA MANIFESTAZIONE DEL 12 APRILE A ROMA di Franco Astengo dal blog: http://sinistrainparlamento.blogspot.it
    Da qualche tempo si scrive di “svolta autoritaria” in atto: una valutazione che è stato formulato guardando anche oltre a quanto sta accadendo sul terreno della proposta di nuova legge elettorale e di riforme costituzionali e istituzionali che puntano a stravolgere l’impianto parlamentare della Repubblica così come disegnato dalla Costituzione.
    In questa “svolta autoritaria” si ravvede qualcosa di più profondo nella- pur grave – progressiva riduzione del rapporto tra politica e società realizzato al fine di “tagliare” il più possibile dell’insieme dei bisogni sociali.
    La modernità viene affermata dalle classi dominanti attraverso l’intreccio tra l’inasprimento delle condizioni nelle quali il capitale afferma la propria egemonia e l’emergere di nuove contraddizioni post-materialiste (pensiamo al conflitto ambiente/lavoro) agite allo scopo di “sfarinare” l’identità sociale, dividere e preparare un’altra fase di dominio di un capitalismo feroce, negatore dei diritti basilari.
    Un capitalismo che punta alla sopraffazione dei singoli e del collettivo, e non appena compare il dissenso, lo marginalizza e lo criminalizza.
    E’ sempre accaduto, intendiamoci, in una forma più o meno accentuata ma adesso in Italia questa “filosofia politica” del capitale sta assumendo, anche per via di questioni specifiche legate alla realtà del quadro politico e dei soggetti intermedi, una vera e propria veste di autoritarismo populista.
    L’atteggiamento dei “media”, dell’insieme del quadro politico, delle “autorità costituite” nei confronti della “manifestazione antagonista” svoltasi ieri 12 Aprile a Roma, è stato assolutamente in linea con quanto fin qui descritto: si tratta di un giudizio che abbiamo l’obbligo di esprimere senza remore, al di là della valutazione che è stata data circa la qualità di espressione di dissenso emersa complessivamente dalla manifestazione.
    Sono emerse e non vanno taciute difficoltà a costruire una piattaforma unificante al di là di generiche parole d’ordine.
    Si è ravveduto un limite nel non aver centrato , da parte di molti dei soggetti partecipanti, il “target” dell’Unione Europa da rompere.
    Si è corso il rischio di assuumere nella sostanza una dimensione di tipo provincialistico e un’identità di tipo massimalista – rivendicativo con qualche tratto di neo-corporativismo.
    Quest’analisi critica però deve passare in secondo piano nel momento in cui si registra un attacco così duro, di carattere veramente repressivo.
    Un attacco rivolto verso ogni espressione di dissenso organizzato e condotto assieme dal Governo, dalla Polizia, dai partiti parlamentari, dal sistema della comunicazione di massa.
    Il tema di fondo, però, non può che essere affrontato se non impostando un discorso di natura eminentemente politica.
    Il Manifesto di oggi, 13 Aprile, rende bene nella sua cronaca (non ci sono commenti) la necessità di affrontare, da parte nostra, il terreno della politica.
    Si parla, infatti, oltre che delle cariche della polizia (con gli agenti ringraziati dal Sindaco, Marino) di movimenti di lotta per la casa e di contestazione al “job act” preparato dal governo, senza porre minimante in connessione le diverse espressioni di lotta all’interno di un possibile progetto di opposizione complessiva, come sarebbe invece necessario fare.
    A rischio di apparire inguaribilmente “retrò” è invece proprio il punto dell’opposizione politica quello da sollevare ancora una volta con grandissima urgenza.
    Occorre sviluppare un’analisi che parta da due punti che debbono essere sollevati senza discussione: al meccanismo della repressione, in questo caso esercitata con grande prontezza dalle preposte “forze del disordine” si affianca un processo di marginalizzazione del dissenso.
    Una marginalizzazione che deriva dall’assenza di prospettiva nel riuscire a fornire al fortissimo disagio sociale un’effettiva capacità politica di espressione dell’opposizione.
    Sono diverse sotto quest’aspetto le ipotesi in campo: c’è chi ha proposto un “controsemestre europeo” (con una manifestazione a Torino l’11 Luglio in occasione del vertice UE sulla disoccupazione) sostenuto da una “alleanza” tra l’insieme dei soggetti sindacali, politici, di movimento dell’antagonismo mentre Paolo Di Vetta, dei Blocchi Precari Metropolitani, proprio in un’intervista rilasciata al Manifesto si pone il problema di “una riflessione su come andare avanti, trovare un linguaggio comune per l’opposizione alle politiche sociali e del lavoro del governo”.
    Il tema è dunque lanciato ben al di là delle esitazioni e dei ritardi di soggetti come Ross@ che avrebbero dovuto porsi in essere da tempo in questa direzione svolgendo una funzione prettamente “politica” di sintesi e di costruzione di questo reclamato “linguaggio comune”, mentre è parsa evidente la strumentalizzazione tentata, anche in quest’occasione, da Rifondazione Comunista che ha cercato di portare a spasso per le vie di Roma i suoi candidati alle Europee .
    E’ bene ricordare che i candidati di Rifondazione Comunista stanno in una Lista come quella Tsipras che appare del tutto interna al gioco di quel quadro politico che procede verso la marginalizzazione del dissenso ben oltre l’attacco alla rappresentanza politica contenuta – come à già stato ricordato – nel progetto di legge elettorale.
    Occorre capire che è in ballo l’essenza stessa di un fatto democratico fondamentale per il funzionamento di un sistema politico: quello dell’opposizione.
    Un’opposizione che non può e non deve risultare interna al quadro dato.
    Un ‘opposizione che sappia connettere diverse soggettività ed espressioni del dissenso sociale, riuscendo a rappresentare e a progettare un’alternativa di sistema.
    Un lavoro non breve, né facile, per il quale esistono forze e disponibilità.
    Nell’immediato post 18-19 Ottobre l’occasione fu sicuramente perduta.
    Oggi tra l’esito della manifestazione di ieri, quella prevista per l’11 Luglio a Torino e la proposta di alleanza per il “controsemestre europeo” occorre mettere in mezzo un qualcosa di più, facendo approdare a concretezza l’ipotesi di una nuova soggettività politica dell’anticapitalismo e dell’opposizione per l’alternativa.
    Il conflitto sociale, anche in forme tumultuose, è indispensabile ma eguale valenza possiede la capacità di sintesi e di progettualità politica: è da questo intreccio, dalla capacità del “pensare” e del “fare” di una soggettività nella quale ricercare anche forme originali di aggregazione e di organizzazione, che possiamo trovare alimento nel disegnare un futuro nel quale possa essere possibile respingere questo tentativo in atto di repressione e marginalizzazione del dissenso.
    Si tratta, infine, di far compiere un salto di qualità proprio al dissenso trasformandolo in opposizione politica.


  • alessandro

    Contropiano, a forza di dividere e fare distinguo, è arrivato il giorno in cui vi siete ritrovati in quattro gatti. Non è questo lo spirito con cui affrontare le questioni.


  • Buranello

    Solo sulle “gambe” logistiche di USB hanno avuto esito positivo (relativamente alla congiuntura..) le iniziative di Ottobre passato e del No Monti Day di 2 anni fà (150mila!). USB è, resta e sarà l’unica realtà organizzata sulla quale poter unificare una marcia unitaria dai Territori alla Casa sino alla lotta alla Troika.


  • Luca Massimo Climati

    Manca il Partito espressione indipendente della Classe

    Le cariche di sabato scorso ,tra l’altro paradossalmente “limitate” rispetto
    Napoli o Genova 2001,sono un fenomeno laterale di riflessione,rispetto gli interrogativi che ci dobbiamo porre.
    Le domande principali riguardano “l’essenza” dello scontro in atto oggi.
    Nel tentativo atttualmente egempone da parte dellle forze capitaliste e delle consumate plutocrazie-oligarchie,di pilotare la crisi da sovraproduzione in una occasione durevole per riportare a proprio vantaggio in dietro le lancette della storia, sul piano della civilta’ e delle conquiste planetarie del Movimento Operaio, della Cultura , essenzialmente per garantire il proprio caviale e le proprie puttane,mettendo a rischio la sopravvivenza dell’ambiente planetario stesso ( H. H. Holtz 1994 sui destini del socialismo ed il compito dei Comunisti), ha senso la rappresentazione “vetusta” del conflitto rispetto la “vera costruzione di questo”?
    Ha senso puntare solo sule componenti marginali e lumpen-proletarie del movimento della casa?
    la storia di tale movimento insegna ai meno distratti, che glim occupanti una volta occupato, blindano la porta ai “furti” ed a chi ha organizzato il movimento.
    Dobbiamo o no riflettere sulla grande piccolo-borghesizzazione del proletariato, tra gli anni 70 ad oggi,come qualche intellettuale profetico teorizzava ? ( lettere luterane PPPasolini)
    Dobbiamo riflettere o meno sulla straordinaria vittoria culturale del capitale,che dopo l’autocritica sull’uso televisivo dell’aggressione al Viet-Nam, ha ricomposto le fila e partorito il piu’ fenomenale apparato post-moderno di disintegrazione logica e antagonistica e critica?
    Tre generazioni di giovani almeno ne e’ caduta vittima e i giovani oggi,tranne le mosche bianche in piazza sabato,non hanno gli strumenti per la critica e la minima non ribellione, ma speranza !
    Abbiamo mai riflettuto sulla degenerazione burocratica nel movimento operaio e dopo la fallita rivoluzione in Europa e in Germania dopo el 1919-20, deninciata prima da Lenin?
    Senza la costruzione di un Fronte allargato anti-europa, indipendente dalla “contenzione sel -cascami del prc-pdci”,funzionale al partito-stato PD ( partito Europa), e la guerra alle vaste ancora camarille legate, succhianti “l’ultimo grasso”, no riusciremo a costruire il
    NECESSARIO “SFONDAMENTO”

    Alfredo Bullone 15-4-2015

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