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Un governo perimetrato

Alla fine la crisi estiva aperta con una certa dose di autolesionismo da Salvini, ha prodotto esattamente il governo che doveva essere.

Un governo che è piaciuto ai mercati finanziari e alla Borsa, a Trump e alle istituzioni europee, che rassicura l’elettorato moderato inquieto per il clima di scontro scatenato dalla destra e che appaga l’elettorato di sinistra ormai allenato ad accontentarsi sempre del meno peggio.

Con le nomine dei ministri, la “cifra” del nuovo esecutivo emerge ancora più chiara. Dieci ministri al M5S, nove più uno ad una sorta di Pd “allargato” che ha reimbarcato Leu e un “tecnico”, ossia una prefetta di ferro, per riparare i danni fatti da Salvini nella gestione dello strategico Ministero degli Interni.

I ventisei punti del programma sono coerenti con lo spirito di questo esecutivo. Alcuni temi apprezzabili ma tante indicazioni concrete che annunciano continuità con i governi subalterni ai vincoli esterni e di bilancio che hanno penalizzato i settori popolari di questo paese.

Il nodo, alla fine, rimane sempre questo. Negli ultimi venticinque anni, si sono accumulati danni sociali che hanno portato gran parte della società alla regressione su ogni indicatore.

Anni e anni di precarietà nel lavoro, di disoccupazione ed emigrazione per i giovani, di bassi e bassissimi salari e licenziamenti facilitati, di rinuncia ad ogni piano di edilizia popolare, di sanità ridotta al collasso e smantellamento del welfare, hanno accumulato profonde disuguaglianze sociali e aspettative disattese.

Un po’ di pannicelli caldi sul cuneo fiscale e qualche gioco a somma zero sul welfare non invertiranno una situazione diventata insopportabile, tanto meno con una autonomia differenziata in “salsa emiliana” piuttosto che leghista.

Questa contraddizione tra la gente in carne ed ossa, negli ultimi anni ha cercato di darsi una rappresentanza politica tramite “nuove” espressioni come il M5S e, nella sua torsione più reazionaria, la Lega. Ma alla prova dei fatti entrambe si sono piegate ai vincoli esterni uscendone con le ossa rotte.

I vincoli esterni sono sia gli automatismi che tengono comunque il paese dentro la Nato e il traballante asse euroatlantico (per cui le spese militari sono sempre nel capitolo delle spese indifferibili) e sono i vincoli di bilancio europei “costituzionalizzati” arbitrariamente dall’art.81 votato da tutti durante il governo Monti.

Dentro questo perimetro non sono consentite dissonanze, né al M5S né alla Lega né al Pd. Ma se quest’ultimo ha scelto strategicamente e consapevolmente tale perimetro, il M5S ha via via accettato questa normalizzazione, tanto da vedere affidato a Di Maio un ministero strategico come gli Esteri.

Questo governo è dunque atteso alla prova delle scelte concrete e qui, come si dice, cadrà l’asino.

Per paradosso però avrà l’occasione di muoversi in una situazione facilitata e difficile allo stesso tempo.

Facilitata perché la recessione sta colpendo anche i primus inter pares dell’Unione Europea (Germania e Francia) e quindi la Bce continuerà la politica di quantitative easing degli anni scorsi e ci potrebbe essere maggiore flessibilità sui conti pubblici da parte della Commissione Europea.

Difficile perché nel mondo le contraddizioni e le tensioni si vanno accumulando e scatenando spesso in modo veloce e imprevisto. Le guerre commerciali e il ricorso alle sanzioni come arma di guerra da parte degli Usa contro tutti i loro competitori, bolle finanziarie e monetarie che rischiano di rompersi, la ripresa della corsa al riarmo nucleare, conflitti e tensioni regionali in Medio Oriente e Asia che riverberano sul complesso delle relazioni internazionali.

Entrambi i fattori rimandano al vincolo esterno: politico/economico nel primo caso, politico/militare nel secondo. Un governo subalterno ad entrambi fa sì che il paese si troverà coinvolto in crisi e cadute ancora prima che il Parlamento e l’opinione pubblica se ne accorgano.

Il nuovo esecutivo è nato già perimetrato, è nato per esserlo. Non sarà il meno peggio, ci vorrà solo un po’ più di tempo per comprenderlo.

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