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Grosseto. Assemblea pubblica “Il filo nero”

“La gestione del conflitto dal PD al governo M5S/LEGA – Autoritarismo, precarietà, razzismo nell’Italia della crisi”Con la manifestazione dell’8 Settembre abbiamo dichiarato di volerci riprendere tutto.

E cominciamo così, riprendendo la parola su quei temi che riteniamo fondamentali per la lotta antifascista nella fase attuale.

Sappiamo bene di essere in un momento di grave crisi. Quello che stiamo vivendo è un periodo difficile per tutte le realtà che si propongono la trasformazione dell’esistente come obiettivo strategico, ed è proprio perché ci riteniamo parte di chi lotta per questo fine che vogliamo interrogarci a partire da come il conflitto di classe si sia strutturato e si strutturi tutt’ora all’interno della nostra società.

Lo abbiamo scritto e lo abbiamo sostenuto in piazza: l’antifascismo che proponiamo e che riteniamo necessario portare avanti deve focalizzarsi sulla ricomposizione di tutte quelle persone che, soprattutto negli ultimi 10 anni di crisi, sono state precarizzate, sfruttate e marginalizzate.

È per questo che vediamo come punto primario di una riflessione collettiva la necessità di focalizzarsi sul filo conduttore che mette in continuità l’impostazione dominante di tutti coloro che fino ad ora hanno avuto un ruolo centrale nella gestione del potere e della crisi, e di come tale gestione abbia inciso su chi vogliamo organizzare, al fine di ribaltare i rapporti di forza nello scontro di classe attuale.

Consci del fatto di essere di fronte ad uno stato di enorme parcellizzazione e smarrimento dei soggetti che hanno da sempre subito le politiche neoliberiste, vogliamo cominciare a fissare dei punti di analisi nel dibattito su come l’antifascismo possa e debba tornare ad essere un perno della ricomposizione.

Con l’intento di voler uscire da un ragionamento prettamente localistico, cercheremo da parte nostra di approntare una riflessione cominciando dall’esperienza delle nostre pratiche quotidiane sul territorio, per elevarci su livelli più ampi di analisi, nell’intento di individuare le logiche attinenti la gestione del conflitto sul piano locale, nazionale ed internazionale.
Per dirla in termini estremamente semplici: l’antifascismo deve tornare ad essere materia di riflessione collettiva.

Per quanto riguarda le classi lavoratrici ci troviamo di fronte al momento più difficile che abbiano vissuto negli ultimi trentanni: dagli anni ’90 ad oggi la logica della flessibilità ha portato ad avere sistematicamente tassi di disoccupazione a due cifre, in Italia come in tutti i paesi dell’Europa meridionale.

Questo tipo di dinamica, unita al tendenziale smantellamento completo dello stato sociale, ha condotto le fasce popolari in una condizione di precarietà ed insicurezza estremamente diffusa.

La mancanza di una possibile stabilità nella propria vita ha condotto dritti a quella paura generalizzata che, ben cavalcata dalle forze reazionarie, si sta trasformando negli ultimi anni in un vero e proprio senso comune razzista e xenofobo.

Al conflitto nel mondo del lavoro si unisce un’impostazione del governo del territorio sempre più votata al profitto e alla privazione delle classi popolari dal controllo dello stesso.

In tale logica emerge una volontà politica ben determinata da parte delle classi dominanti: l’esclusione sociale e l’emarginazione di chi oramai porta avanti la propria sopravvivenza vedendo il domani come un orizzonte incerto, indecifrabile.

È sempre più evidente la costruzione di un modello in cui si alimenta il conflitto tra centro e periferia, come nelle città così nelle province: dormitori, ghetti e zone rosse sono sempre più diffusi e diffuse nel nostro territorio, ed è proprio muovendo da qui che la propaganda neofascista prende campo.

Che la propaganda della destra si scagli contro gli ultimi è un dato di fatto storico, ma mai come oggi pone nel centro del proprio mirino chi scappa da guerre, devastazioni ambientali e socioeconomiche, cercando di fare leva, soprattutto nei centri urbani più piccoli, sui disagi ed i malumori dei locali nell’ottica di una guerra tra poveri ed allo stesso tempo ai poveri, che solo i ricchi e gli sfruttatori possono vincere.

È da tutto ciò che vogliamo cominciare a riflettere, mettendo in linea un processo che sembra ben definito: un filo nero che unisce la reazione liberista targata PD e quella fascista e razzista del governo M5S/Lega. Poiché la barbarie di decreti sfacciatamente xenofobi e autoritari come quello a firma Salvini, che tra gli altri orrori elimina la possibilità per i migranti di richiedere protezione per motivi umanitari, stanzia ulteriori fondi per il rimpatrio, estende i daspo urbani ed esclude i richiedenti asilo dal registro anagrafico, sono diretta conseguenza delle politiche disastrose portate avanti dai governi PD che han preceduto l’attuale “governo del cambiamento-in-peggio”.

La strada per l’aggravarsi della situazione in senso securitario e repressivo è stata infatti spianata dal decreto Minniti nell’aprile dello scorso anno: un osceno campionario di “disposizioni urgenti in materia di sicurezza delle città”; disposizioni inerenti gran parte dell’impianto repressivo a livello locale, concedendo maggiori poteri ai sindaci in materia di ordinanze “a tutela della sicurezza e del decoro urbano”, incentivando i privati a dotarsi di strumenti di sorveglianza, inasprendo le misure contro lo spaccio di stupefacenti e iniziando a delineare la linea dura sugli sgomberi, ennesima palla presa al balzo dall’attuale governo.

Ma il vero capolavoro d’inumanità partorito dal PD è senza dubbio il decreto Minniti-Orlando, che in un sol colpo abolisce il secondo grado di giudizio in caso di ricorso da parte di un richiedente asilo contro un diniego, estende la rete dei centri di detenzione e introduce il lavoro volontario per i migranti. Il decreto, che è di per sé uno schiaffo alla solidarietà, risulta in realtà solo un antipasto: perché il governo PD sa fare di peggio, e arriva persino a finanziare i libici nel tentativo di contenere gli sbarchi, divenendo così responsabile della costruzione di veri e propri lager sulle coste libiche.

Queste politiche umanamente indifendibili stanno invece pacificamente sotto la cupola di un’UE che da sempre ha rappresentato e guidato le politiche neoliberiste della classe padronale, e che adesso deve necessariamente riassestarsi per procedere nella propria funzione antipopolare e neoimperialista.

Un unico fronte contro cui combattere, un unico nemico contro cui organizzare la Resistenza delle classi popolari, nell’ottica di una lotta antifascista che si ponga come fine strategico la trasformazione dell’esistente.

A SEGUIRE APERITIVO POPOLARE!

L’ASSEMBLEA SI TERRÀ PRESSO LA SALA PENTAGONALE DI GORARELLA IN PIAZZA A. DE GASPERI.

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