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Immigrati a Lampedusa

 

Per anni Maroni ha evocato, strumentalmente, un’invasione inesistente, producendo non solo le peggiori leggi sull’immigrazione – per questo ci avevano già pensato in maniera bipartisan tutti i governi che si sono succeduti – ma spingendo su accordi bilaterali con governi impresentabili: dalla Tunisia all’Egitto fino alla Libia dell’”amico” Gheddafi.

Le rivolte in Maghreb, con la loro spinta verso la libertà e l’autodeterminazione, stanno scardinando tutti gli equilibri che tutti i governi europei hanno cercato di mantenere in questi anni facendone pagare il prezzo alle popolazioni sottomesse a regimi. Ma questo sconvolgimento di equilibri nella riva sud del Mediterraneo, invece di essere letto come occasione imperdibile di nuove esperienze democratiche da supportare sta scatenando soltanto un grande delirio rispetto all’arrivo di “profughi”.

Da gennaio gli arrivi improvvisi, ma non per questo imprevedibili, di barche dalla Tunisia hanno dato di nuovo al governo italiano la possibilità di agitare lo spauracchio dell’invasione, dell’”esodo biblico”, dei terroristi infiltrati; una modalità d’azione unicamente orientata ad utilizzare i migranti come pericoli incombenti e ingestibili, mandando messaggi di terrore e panico, per poi poter giustificare la messa in atto di misure repressive e soprattutto di muovere ingenti somme di denaro pubblico in nome dell’emergenza.

Lampedusa è un’isola che negli ultimi dieci anni è stata interessata da migliaia di sbarchi, diminuiti solo a causa dei respingimenti in mare nel maggio 2009 a seguito del trattato di “amicizia e partenariato” con la Libia.

I primi tunisini arrivati in febbraio, sono stati lasciati buttati a terra al molo Favarolo pur di non “riaprire” il luogo simbolo della presunta vittoria della politica securitaria di Maroni: il CSPA che, però, in realtà non è mai stato chiuso e ha continuato a ricevere soldi in nome di una convenzione che prevede – tra l’altro – che anche con un solo “ospite” presente lo Stato eroghi una quota pari al 50% del totale ricettivo della struttura che può accogliere fino a 804 persone.

Il Centro è sempre rimasto aperto anche quando lo stillicidio degli arrivi di piccolissimi gruppi non è salito alla ribalta mediatica e i migranti venivano prontamente rinchiusi nei Centri di Identificazione ed Espulsione (CIE) della penisola senza passare dal CSPA.

Questo ha permesso rapporti ufficiali nei quali risultassero zero arrivi e una passerella mediatica sulla quale Maroni e tutta la Lega si sono giocati la faccia con il proprio elettorato.

Ma l’arrivo consistente di migranti dalla Tunisia, a causa della “smilitarizzazione” della frontiera dovuta alla cacciata di Ben Ali’, ha costretto il governo ad un cambio di strategia.

Il CSPA di Lampedusa è stato ufficialmente riaperto e immediatamente riempito oltre la capienza massima, come già più volte successo in passato e tutta l’isola è diventata un enorme carcere a cielo aperto, con il rischio d’ innescare una guerra tra migranti e abitanti dell’isola, questi ultimi costretti, per la prima volta, a mettere in campo proteste e rivolte per le condizioni di invivibilità alle quali sono sottoposti entrambi.

D’altra parte la macchina dei trasferimenti da Lampedusa non ha alcuna intenzione di essere messa in moto mentre l’applicazione dell’art. 20 del Testo Unico sull’immigrazione, che prevede il rilascio dei permessi temporanei vista la situazione straordinaria, non viene neanche presa in considerazione e il governo segue volutamente la via dell’innalzamento della tensione in modo che si possa pensare

davvero di essere di fronte ad un”esodo biblico” mentre parliamo di numeri assolutamente gestibili e, del resto, già gestiti in passato.

Intanto si procede nell’odiosa e demagogica distinzione tra “profughi” e “clandestini” che prelude alla volontà del governo di procedere a rimpatri collettivi forzati e illegittimi e si preparano tendopoli – Manduria, Trapani, Pisa – in luoghi isolati e spersi nelle campagne che si apprestano a diventare dei veri e propri ghetti di cui non si conosce la natura giuridica.

In Sicilia alcuni migranti sono stati trasferiti a Pozzallo in un capannone dentro la zona portuale, altri a Rosolini in una tensostruttura gestita da volontari della CRI, altri a Porto Empedocle; altri sono stati dislocati nei CIE (già strapieni e in rivolta) prevalentemente del Sud Italia e molti lasciati liberi dopo la notifica di un decreto di espulsione.

Nel frattempo la Procura di Agrigento ha dovuto iscrivere i quindicimila tunisini sbarcati sul registro degli indagati per il reato di clandestinità, dovendo applicare una legge dello stato.

E ora incominciano ad arrivare i primi migranti dalla Libia – in prevalenza del Corno d’Africa – ai quali il governo sembrerebbe voler concedere lo status di “rifugiati” poiché provenienti dalla Libia in guerra – peccato che molti di loro siano già stati respinti illegalmente dall’Italia e costretti alla detenzione in condizioni disumane nei centri libici dove sono stati sottoposti ad ogni genere di violenze.

Ma è con il “villaggio della solidarietà” di Mineo nel catanese – dove l’accoglienza è affidata ai cordoni della polizia, carabinieri, esercito e filo spinato – che si mira a ridisegnare e stravolgere ulteriormente l’intero sistema di accoglienza nel nostro Paese.

Il trasferimento forzato di migliaia di migranti dai CARA ma anche da Lampedusa – in barba alle rassicurazioni date agli amministratori locali – oltre a distruggere le relazioni sociali dei migranti e cancellare le procedure avviate per la richiesta di asilo, fa presagire la conversione degli stessi CARA in altrettanti CIE.

In questo modo si stravolge completamente il sistema di accoglienza dei richiedenti asilo che faticosamente in questi anni si è costruito, anche attraverso i legami col territorio. Da un punto di vista procedurale assisteremo a un caos che rallenterà i tempi per le audizioni e i riconoscimenti delle protezioni. Non è stato ancora emanato nessun provvedimento che regoli il funzionamento delle commissioni, che fino ad oggi erano sparse per l’Italia mentre adesso non si sa se tutti i migranti saranno esaminati da un unica commissione a Siracusa, tornando in un baleno alla situazione del 2005, cancellando tutti i passi avanti che si erano fatti. Tutto questo avrà anche ripercussioni sui ricorsi da presentare al tribunale competente, e il tutto ovviamente e come al solito comporterà enormi sprechi di denaro pubblico.

Mineo è un campo di confinamento che non permetterà l’inizio di percorsi di integrazione come invece accade nei centri più piccoli, ma queste motivazioni non hanno peso rispetto agli appalti milionari che ne riguarderanno la gestione e il funzionamento.

Nel caos di questi giorni è praticamente passata in silenzio la notizia di un nuovo finanziamento alla “scandalosa” Protezione Civile italiana mentre la Croce Rossa si candida alla gestione milionaria di tutti i centri di detenzione per migranti (52 euro al giorno per 2000 presenze solo a Mineo!) nonostante continui a licenziare lavoratori precari e a chiudere servizi sanitari sul territorio.

Ancora una volta il collaudato “sistema dell’emergenza” serve a rimpinguare il sistema degli appalti sottraendoli ulteriormente a qualsiasi controllo pubblico, a sospendere i diritti per tutti, a derogare arbitrariamente a qualsiasi normativa.

Perché i Centri per i migranti in Italia – oltre alla funzione detentiva e repressiva per persone che non hanno commesso alcun reato – rappresentano sempre un gran bel giro d’affari.

Da quando è iniziata la rivolta in Libia, invece di preoccuparsi per cercare soluzioni politiche anziché bombe “umanitarie”, il governo italiano è stato occupato a sparare cifre su quanti profughi sarebbero arrivati sulle nostre coste. A ciò si aggiunge una certa ipocrisia quando ci si complimenta per le rivolte da una parte, mentre dall’altra si continua a criminalizzare i migranti. Già prima dell’inizio dei respingimenti la Libia non esercitava nessun controllo sulle partenze e la cifra massima di persone arrivate è stata 30.000 tra il 2008 e il 2009.

Maroni nella sua propaganda “razzista” continua ad asserire che grazie all’ignobile politica dei respingimenti ha azzerato l’immigrazione clandestina e sembra che nessuno sia in grado di ribattergli che in questi anni con gli sbarchi è arrivato appena il 15% dell’immigrazione irregolare. Con gli sbarchi sono arrivati per l’80% richiedenti asilo, gente in fuga da guerre e persecuzioni, somali, etiopi,eritrei, sudanesi, nigeriani; persone che quando arrivano hanno diritto a chiedere una protezione che nel 50 % dei casi gli viene riconosciuta.

La maggior parte dell’immigrazione nel nostro Paese arriva con un visto turistico dalle altre frontiere e poi rimane dopo la scadenza.

Intanto lavora in Italia irregolarmente, e poi quando esce il decreto flussi il datore di lavoro fa la richiesta per quel lavoratore che già lavora per lui, anche se non potrebbe, fingendo che il lavoratore sia nel suo Paese.

E per rimanere nell’ambito delle cifre, basti considerare che l’ultimo decreto flussi ha previsto l’ingresso di quasi 100.000 persone mentre le domande dei datori di lavoro sono state quasi 400.000.

Quindi parliamo di oltre 400.000 lavoratori, che una volta ottenuto il nulla osta ed (ri)entrati in Italia, rischiano di finire in un sistema collaudato di sfruttamento, lavoro nero, invisibilità, ricatti e violazione di qualsiasi diritto.

Si sta riscrivendo la storia del Mediterraneo non possiamo permettere che questo avvenga attraverso le bombe, la violazione dei diritti dei migranti e la continua militarizzazione del territorio.

Per questo invitiamo tutte e tutti a partecipare Domenica 3 aprile alle ore 9,30 presidio di fronte base militare di Sigonella, e alle ore 11,30 sit-in di fronte al Villaggio degli Aranci -Mineo. Alle ore 15,30 assemblea a Mineo

 

* rispettivamente avvocato ASGI, Coordinamento Nazionale PI USB, Coordinamento Nazionale USB Immigrazione

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