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Al ballottaggio

Domenica, specialmente a Milano, si gioca in effetti una grossa partita. Altrimenti non si spiegherebbe lo straordinario sforzo del premier e dei suoi alleati per cercare di riportare a galla l’asfittica Moratti, che da sindaco non ha brillato, così come non aveva brillato come ministro della pubblica istruzione – valutazione degli allievi ogni due anni per la promozione e la bocciatura, reintroduzione obbligatoria del crocefisso nelle aule, predilezione per la scuola privata con irrorazione di fondi pubblici. A Milano non ha fatto che replicare la sua incapacità politica. Del resto gliel’ha rinfacciato di recente anche Bossi. Una città nella quale servizi pubblici, controllo della pavimentazione, inquinamento, sono problemi gravissimi. Da aggiungere: la situazione pessima del patrimonio di edilizia pubblica, le prebende facili che uscivano dal comune per collaborazioni diverse agli amici degli amici, il pasticcio dell’assessorato alla cultura. Insomma ce n’è per tutti i gusti.

Una città che vede sempre la pervicacia del vice sindaco vicario De Corato verso ogni forma di disordine – leggi rom, extracomunitari, islamici, centri sociali. Certo, problemi ma la risoluzione potrà essere sempre e solo nella repressione? Operata dai vigili di zona, che fra l’altro non sono mai stati una presenza costante nei quartieri a rischio? Non si può chiedere a menti umane pensanti – sino a prova contraria anche gli uomini e le donne della destra dovrebbero possederne una – di inventarsi qualcosa di diverso dalla solita tolleranza zero?

Ecco perché il segnale dei voti in vantaggio a Pisapia, esponente di un centro sinistra che più delicato non si può immaginare, è comunque un segnale forte. Non tanto per il suo programma, che è moderato anch’esso, ma forse, in ogni caso, la maggioranza dei milanesi ne ha abbastanza di idiozie – ed era ora, anche se sempre in ritardo – quali quelle che Lega e PDL sciorinano ora, ancora in maggior numero che alla vigilia del primo turno. Il capo del governo si sta sbracciando, ripetendo come litania frasi di un anticomunismo più ridicolo che mai. La Lega lo segue e/o lo anticipa, a secondo – addirittura scomodata al Qaeda che starebbe tifando per Pisapia, parola di Bossi.

Si capisce che non siamo solo alla frutta, ma oltre. La compagine di destra, non avendo argomenti né idee, e volendo solo tenere stretta una città che avrà nell’Expo del 2015 un significativo momento per fare arricchire ancora i soliti già ricchi, ancora di più, si vede sfuggire di mano, in prospettiva, la gallina dalle uova d’oro. E non se lo può permettere: questo è il motivo per cui in queste due settimane tra il voto e il ballottaggio sta promettendo di tutto. Tutto quello che non ha fatto in cinque anni – non fare pagare multe, anche se non si capisce bene quali e come; abolire l’ecopass, cioè il pedaggio a pagamento per le auto che vogliono transitare in centro in città; attenzione alle case popolari per i milanesi; posti di lavoro. Insomma ogni promessa, pensano, dovrebbe portare voti ed allora forza con impegni assurdi. Manca la promessa di doni personalizzati per Natale firmati Dolce e Gabbana, magari con sottofondo musicale di Ornella Vanoni, che correva in una lista pro Moratti – una cinquantina di preferenze.

Pisapia d’altro canto invece di approfondire il solco con l’avversaria, così come il voto ha espresso, ci tiene ad apparire moderato e gentile. Ed ancora non ha capito che solo stando fermo potrebbe correre il serio rischio di prendere Milano. Non deve avvicinarsi però in nessun modo alla Moratti e compagni. Quelli mordono. Ma sembra non averlo capito. Insomma la città sarà giocata sul filo di pochi voti.

Milano è troppo importante per Lega e PDL. Qui hanno il loro cuore operante ed i loro affari pesanti. Senza Milan la compagine di destra è asfittica. Per quello i due partiti vanni giù duri. Per completare il quadro: se non prendessero Napoli che le giunte Bassolino e Jervolino hanno maciullato, ed altre situazioni, ad esempio Cagliari, il contesto sarebbe così sconfortante che si aprirebbero i giochi politici nazionali. E tutti gli uomini di buona volontà hanno bisogno che si riapra il quadro. Hanno bisogno che se ne vada questo branco di lupi ululanti, che altro non sanno che gridare al rosso ed all’Islam, salvo poi continuare a fare gli affari loro ed a giocare con il paese, che non se la passa per niente bene e continuamente affonda nel pantano dell’ignavia dei suoi governanti.

Basterebbe rileggersi uno degli ultimi scritti di Josè Saramago sulla considerazione che quel grande scrittore, premio Nobel per la letteratura, aveva di Berlusconi. Considerazione tanto negativa che Einaudi, editore storico di Saramago, non pubblicò il Quaderno dello stesso, che lo fece uscire per la Bollati Boringhieri.

Un voto politico quindi, senza illusioni sulle capacità miracolose del centro sinistra, ma un voto che potrebbe fare scricchiolare, sfaldare distruggere la destra. Poi si vedrà. Poi ci sarà tempo per fare ancora meglio. Altre considerazioni ora sarebbero solo di pancia e di purezza, tutte cose che da Machiavelli in poi poco hanno a che fare con un comportamento politico che tende all’utile, del singolo e delle società.

 

* Resistenze.org

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