Menu

Abbiamo bisogno di produrre i nostri alimenti

Secondo la denuncia di un’organizzazione internazionale, quattro compagnie mondiali controllano il movimento della maggior parte degli alimenti in tutto il pianeta. Tre di queste: Archer Daniels Midland, Bunge International e la multinazionale Cargill gestiscono il 90 per cento del commercio mondiale del grano. La denuncia segnala che queste imprese fanno speculazioni con i prezzi.

Non può essere diversamente se teniamo conto che, l’anno scorso, c’è stato un deficit di offerta superiore a 45 milioni di tonnellate. Senza dubbio, i paesi arricchiti , come si può supporre, per mezzo di queste imprese, immagazzinavano 480 milioni di tonnellate, più di dieci volte il deficit dei raccolti. Non sappiamo a quanto ammonta il volume di questo immagazzinamento.

Questa organizzazione termina la sua denuncia dicendo che, nei prossimi decenni, più persone vivranno permanentemente affamate a meno che, ed è importante sottolinearlo, a meno che non cambino radicalmente le modalità di coltivazione e distribuzione degli alimenti.

Si calcola che, al 2030, la popolazione mondiale sarà aumentata di altri due milioni di persone. In questo modo, la carenza attuale, si sarà moltiplicata enormemente, se continueremo con lo stesso sistema di accaparramento della produzione da parte di alcune imprese e anche governi. Intanto la maggioranza della popolazione vive nella penuria e, più di mille milioni di persone, attualmente, si alzano e se ne vanno a dormire con la fame.

La FAO, Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura, ha chiesto all’inizio del 2011 che quei paesi che si preoccupano e occupano solo della propria crisi, aumentino le quote per lenire la fame di milioni di affamati. La sua richiesta non è stata ascoltata e neanche l’organizzazione ha insistito. Naturalmente, quando si tratta di fare una guerra, ci sarà sempre il denaro per supportarne i costi. Due giorni fa le monarchie arabe hanno stanziato più di 1.000 milioni di dollari affinchè continui il bombardamento contro la Libia.

Torniamo al tema dell’alimentazione. L’organizzazione che denuncia la situazione afferma che devono cambiare radicalmente la maniera di coltivare e la distribuzione alimentare. In che modo? Naturalmente, per questa organizzazione, risulta difficile dare soluzioni. Si è fermata lì; il resto è affare nostro, dei paesi impoveriti che siamo stati condizionati a vendere materie prime e comprare alimenti.

Una soluzione immediata sarebbe impossessarsi delle riserve che hanno le grandi imprese. Sappiamo che si trovano nei paesi arricchiti, ma sappiamo anche che lì è nato il movimento degli “indignati”. È gente del popolo, dei popoli, che sono rimasti senza casa, senza lavoro, semza giustizia e senza futuro. E questa sarebbe una soluzione momentanea. La soluzione stabile ha radici nel modo di coltivare, nel modo di fare la raccolta, nel modo di distribuire.

La stessa proposta ci sta suggerendo la via, la strada attraverso la quale dobbiamo transitare per giungere alla soluzione. Vediamo: le coltivazioni attuali, a livello mondiale, sono in mano alle grandi imprese che si sono impossessate delle sementi, tramutandole o, come si dice ora, convertendole in transgeniche. Ci deve essere un grosso errore d’informazione in alcuni dei nostri parlamentari perché propongano di dare il via libera al commercio delle sementi transgeniche. Quei padroni delle sementi non permettono che si usi la stessa semenza per un secondo raccolto; bisogna tornare a comprarle da loro, anche se ne abbiamo conservate una parte dal primo acquisto, perché hanno il brevetto internazionale.

Naturalmente, tali imprese si scoprono strettamente alleate con quelle altre che hanno il compito di gestire il mercato degli alimenti e, tra loro, gestiscono gli affari dalla coltivazione fino alla distribuzione. Abbiamo già visto che sono quattro le imprese multinazionali che gestiscono l’affare della vendita di alimenti in tutto il mondo. Per quanto riguarda quelle che vendono le sementi transgeniche, non sono più di tre. Siamo in mano a queste sette sorelle che agiscono come le sette sorelle del petrolio.

Perciò, la soluzione è una sola, non c’è alternativa. I paesi impoveriti, noi, dobbiamo chiudere le porte alle sementi transgeniche, anche se nel caso in cui queste siano sane e non fossero portatrici di geni deformati. Se, come deve star succedendo, già siamo intrappolati dalle sementi transgeniche, dobbiamo disfarcene. Essere categorici, bisogna espellere i loro rappresentanti imponendo l’indipendenza nazionale.

Dal lato positivo, dobbiamo lavorare seriamente nel portare a buon fine la promessa che, a dicembre 2005, avevamo fatto al popolo boliviano: l’indipendenza nazionale. Dobbiamo farlo ora stesso, l’unica forma per resistere all’aumento del prezzo degli alimenti è che ci produciamo quello che vogliamo e, inoltre, che lo produciamo con i nostri mezzi. Non possiamo entrare nel circuito delle grandi imprese che finirebbero con l’impossessarsi delle nostre coltivazioni.

Infine, la distribuzione deve essere in mano al popolo. Qualsiasi impresa, che piccola che fosse, finirebbe per essere dipendente dalle grandi multinazionali. Lo stesso Stato, affrontando questo compito, non tarderebbe a giungere ad accordi con gli imprenditori nazionali, che sono sottomessi al commercio internazionale. L’organizzazione sociale, vale a dire il popolo organizzato, deve farsi carico di questo compito. Compito che inizia con la coltivazione e finisce con la distribuzione.

 

*la storia del giornalista boliviano Antonio Peredo Leigue, il maggiore di cinque fratelli tra i quali ci sono Roberto(Coco) e Guido (Inti), due leggendari combattenti “elenos” (ramo cileno dell’esercito di liberazione nazionale ELN creato dal Che in Bolivia. N.d.t.) che hanno lottato insieme a Che Guevara in Bolivia, e Osvaldo (Chato), il minore, che ha realizzato un ultimo tentativo guerrigliero a Teoponte nel 1969, è un esempio chiaro di quell’”uomo nuovo” che ci ha fatto intravedere il Che.Il profondo dolore che ha significato la morte di Coco e Inti, non hanno piegato quest’uomo, che attualmente è deputato e capogruppo parlamentare – 27 deputati e 8 senatori . del Movimento al Socialismo (MAS), che rappresenta la seconda forza politica della Bolivia e una delle esperienze più interessanti dell’America Latina.

(Traduzione di  Rosa Maria Coppolino)

- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO

Ultima modifica: stampa

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *