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La lunga mano del referendum elettorale

Oltre un milione di firme, 1.210.406 per l’esattezza.Un risultato senza precedenti che certamente testimonia l’insofferenza dei cittadini di fronte ad una legge elettorale che, in maniera palese, li ha espropriati del diritto di scegliere i propri rappresentanti e che, a leggere testualmente dal sito dell’IDV, “regala un premio di maggioranza a chi la maggioranza non ce l’ha”.
Motivazioni più che condivisibili rispetto alle quali il Palazzo dovrebbe interrogarsi ed intervenire per rimuovere le cause di tanto malcontento.
E questo è quanto sembrerebbe stia per avvenire, con grande soddisfazione di chi ha firmato i quesiti Morrone-Parisi; ma proprio per questo è interessante interrogarsi, anche, su quale piega stia prendendo il dibattito politico che si è avviato.

In primo luogo c’è già da registrare una prima ipoteca sulla “volontà sostanziale” espressa dai firmatari, così come l’ha spiegata chiaramente il Sen. del PD Ceccanti, costituzionalista ed illustre rappresentante del Comitato Promotore.
Laddove, sostiene Ceccanti, il Parlamento non legiferasse nel senso di reintrodurre i collegi uninominali, il referendum, per intervento della Cassazione, si dovrebbe tenere lo stesso in quanto la nuova legge non avrebbe per l’appunto recepito il contenuto dei “quesiti referendari che chiedono di rivoluzionare la legge col collegio uninominale maggioritario”.
In altre parole, la logica conseguenza di questo ragionamento è che il Parlamento non avrebbe alcuna possibilità di scegliere fra più soluzioni, ma dovrebbe limitarsi a raccogliere il contenuto dei quesiti referendari.
Si tratta di una conclusione ovviamente inaccettabile, in quanto non sta scritto da nessuna parte che il Mattarellum sia gradito alla maggioranza dei cittadini. Se referendum deve essere, che referendum sia: che senso ha essere costretti ad anticipare, attraverso l’intervento del Parlamento, un risultato che non è per nulla scontato?
Il Parlamento ha quindi l’obbligo di valutare tutte le strade percorribili e, se la Cassazione dovesse decidere di trasferire il quesito sulla nuova disciplina, saranno i cittadini a decidere se vogliono tornare o no al Mattarellum o, per dirla con il Prof. Ceccanti, al “collegio uninominale maggioritario”.
Insomma, che la volontà dei cittadini valga per tutte le situazioni e non a seconda dei desiderata della politica e dei processi che questa mette in moto proprio per condizionare le scelte da intraprendere.
Ma soprattutto, che nessuno si appropri di questa “volontà popolare” in forza di un milione e duecentomila firme raccolte.
Tanto più che, proprio in riferimento agli elementi che accomunano Porcellum e Mattarellum, sappiamo tutti bene che con il Mattarellum (75% di collegi uninominali) o con le soglie di sbarramento al 4% (Porcellum e Mattarellum), un milione e mezzo di voti rischiano di non portare a casa neanche un parlamentare.
Con i collegi uninominali, poi, vi è l’ulteriore anomalia che cinque milioni di voti, distribuiti su tutto il territorio nazionale, possono contare zero, mentre un milione di voti leghisti, territorialmente concentrati, sono in grado di vincere un buon numero di collegi del nord.
È quindi quanto mai curioso che, dagli stessi che rifiutano di approfondire questi aspetti da allarme democratico, perché guai a mettere in discussione la vocazione maggioritaria, poi arrivino indicazioni per il Parlamento, scomuniche e richieste di dimissioni (si veda Parisi contro l’unico segretario di partito, Bersani, nominato dalle primarie), perché così chiedono un milione e duecentomila firme che, sia con il Porcellum che con il tanto auspicato Mattarellum, potrebbero non contare nulla.
Tornando allora a riflettere dal lato degli interessi degli elettori, si pone l’esigenza di stoppare sul nascere queste forme improprie di condizionamento del dibattito politico sulla legge elettorale, perché ciò di cui oggi vi è sicuramente bisogno è che gli elettori possano selezionare la classe politica chiamata a rappresentarli, senza trucchi e alchimie matematiche in grado di falsare e/o condizionare l’esercizio del diritto di voto.

* coordinatore di www.riforme.info

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